Ferrari, Lamborghini, Maserati: a Modena l’università forma restauratori di auto d’epoca
di Antonio Larizza
3' di lettura
Una scuola per formare restauratori di auto d’epoca nel cuore della Motor Valley, dove le aule si fanno officine e gli studenti, guidati da artigiani con esperienza e passione decennali, mettono le mani su mostri sacri come la Ferrari 275 GTB o la Lamborghini Miura, per farli nascere una seconda volta. Proprio lì – in quel fazzoletto di terra disteso tra Reggio Emilia, Modena e Bologna – dove quei bolidi oggi senza età percorsero i primi metri in direzione del mito.
L’Università di Modena e Reggio Emilia, Cni-Ecipar e Cna Modena hanno annunciato la nascita di due corsi per il restauro di auto d’epoca, che vedranno la collaborazione delle più importanti imprese artigiane specializzate nel recupero di auto d’epoca dei marchi storici del territorio modenese e del Made In Italy.
«L’ateneo – spiega Francesco Leali, docente ordinario di disegno e metodi dell’ingegneria presso Unimore e coordinatore del progetto Automotive Academy – avrà il ruolo di coordinamento e certificazione della didattica, che però sarà in mano agli esperti del settore». Veri “artisti” del restauro provenienti dalle cinque aziende a oggi coinvolte: Autocarrozzeria Frignani di Casalgrande (Reggio Emilia), Bacchelli&Villa / Mattioli Automotive Group di Bastiglia (Modena), Brandoli di Montale Rangone (Modena), Cremonini Classic di Lesignana (Modena) e GA Restauri di Modena. I restauratori forniranno sia tecnici e maestranze per le docenze che la disponibilità a realizzare laboratori applicativi direttamente nelle officine.
L’Unimore conta di lanciare il bando per il corso annuale professionalizzante entro la primavera del 2019, per avviare le lezioni nel secondo semestre del prossimo anno. Si tratterà di percorsi annuali di 800 ore di lavoro, con almeno 300 ore di stage all’interno delle aziende. Anche la parte teorica sarà in parte condotta all’interno delle carrozzerie che hanno aderito al progetto.
Il numero di studenti sarà limitato: si prevedono tra 10 e 15 iscritti all’anno. «Faremo selezioni e prove di ingresso per capire sia la preparazione che la motivazione dei candidati», spiega Leali.
Il percorso si rivolge in primis a chi esce dalla scuola secondaria superiore, o ai giovani che hanno fatto alcuni anni di lavoro nel settore e che desiderano consolidare le proprie conoscenze.
«In un anno non si forma un restauratore – ammette Leali –. Per costruire un restauratore servono, secondo i maestri di quella che possiamo definire un’arte, almeno dieci anni. Con questo corso puntiamo quindi a dare una qualifica certificata, con cui i nostri studenti potranno proporsi al mercato. Un percorso solido che possa aprire loro la prospettiva di essere attivi nel settore del restauro dell’auto d’epoca di alto livello».
In parallelo è già stato istituito un corso breve di “Introduzione al restauro della carrozzeria”, composto da quattro moduli da 16 ore ciascuno, aperto a tutti: diplomati, laureati, appassionati di qualunque età - per iscrizioni e informazioni è possibile contattare le due persone che insieme a Leali hanno permesso la nascita del corso: Francesco Gherardini, ricercatore di Disegno e Metodi dell’Ingegneria Industriale, afferente sempre al Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” e all’Automotive Academy Unimore (fgherardini@unimore.it) e Valeria Bellesia, responsabile della progettazione degli interventi formativi Per CNI-Ecipar (vbellesia@mo.cna.it).
L’iniziativa non è unica nel suo genere. A Padova, per esempio, è attiva l’Accademia del restauro veicoli storici, nata in collaborazione con la Cna Veneta. Mentre Quattroruote organizza un master professionalizzante con simili finalità. «Il nostro corso – spiega Leali – ha però qualcosa in più. Può contare sulla valorizzazione delle radici: nessuno sarà mai in grado di offrire così tanta storia dell’auto concentrata in 40 chilometri quadrati. Oggi ci sono collezionisti che spediscono dalla California le loro Ferrari perché siano restaurate a Modena. Perché un restauro fatto qui è un restauro di maggior valore».
Il percorso sarà un mix tra la conoscenza della storia dei veicoli e uno sguardo sulle nuove tecnologie del futuro. «Per esempio – spiega Leali – utilizzeremo la manifattura additiva sia per ricostruire singoli componenti che per realizzare le attrezzature necessarie al restauro. Oppure tecniche avanzate di virtualizzazione e reverse engineering per creare modelli digitali di scocche e parti di carrozzeria di cui non esistono disegni tecnici». Oggi i maestri restauratori lavorano interpretando quote e misure partendo spesso da materiale fotografico. «Uno degli sforzi che vorremmo compiere, insieme alle carrozzerie storiche, è quello di creare archivi digitali delle conoscenze artigianali accumulate in decenni di attività, affinché possano essere trasferite alle prossime generazioni di restauratori».
L’iniziativa ha suscitato molto interesse tra gli studenti dell’università: oltre 270 persone hanno seguito il seminario di presentazione dei due corsi organizzato a Modena presso il Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari.
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