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Coronavirus, feste con più di 6 invitati e mascherine in casa: cosa rischia chi non rispetta le regole

Dai matrimoni al calcetto: la violazione delle misure contenute nel Dpcm, in vigore da mercoledì 14 ottobre, può far scattare la responsabilità colposa o le sanzioni amministrative. Denunciare i comportamenti sbagliati è legittimo, ma gli agenti non entrano in casa

di Marisa Marraffino

Covid, nuovo dpcm: divieto di feste private e stretta sulla movida

4' di lettura

Inviti a cena e feste a numero fisso. Anche matrimoni o feste religiose. Mascherina in casa anche con i familiari non conviventi. Niente attività sportive di contatto. Dubbi sull'ingresso nelle sale giochi. Sono alcune delle misure contenute nel Dpcm in vigore da mercoledì 14 ottobre in funzione anti Coronavirus. Ma il valore giuridico delle nuove disposizioni non è sempre lo stesso. E così anche le conseguenze per chi cerca di “dribblarle” (i potenziali trasgressori) e per chi, invece cerca di farle rispettare (tutori dell'ordine o semplici cittadini interessati).

Cosa sono le regole cautelari di condotta

Partiamo dall'inizio. Quasi mai il legislatore «raccomanda», «consiglia» o «suggerisce» - come indicato a più riprese nel testo del nuovo decreto - senza ricadute pratiche. Semmai elabora le cosiddette norme cautelari di condotta.

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Il Dpcm, ad esempio, «raccomanda» di evitare le feste domestiche, di non ricevere più di sei persone in casa e di usare la mascherina quando si accolgono persone non conviventi. Quando le situazioni di pericolo aumentano, il diritto genera le cosiddette norme cautelari di condotta che hanno la funzione di contenere il rischio entro limiti socialmente accettabili. Queste regole, in generale, possono essere scritte e non scritte. Quelle non scritte si affidano alla diligenza e alla prudenza di ciascuno, quelle scritte possono essere contenute in leggi, regolamenti, decreti, ordini e discipline.

Nel diritto penale l'inosservanza delle cosiddette norme cautelari di condotta è un requisito oggettivo della colpa: la loro violazione può far scattare la responsabilità colposa appunto. Questa è la funzione dei decreti emergenziali che in periodo di pandemia si susseguono per cercare di prevenire il pericolo che le condotte umane possono generare. Dove le regole cautelari non scritte sembrano non bastare, interviene la mano del legislatore.

Quelle che sembrano mere raccomandazioni servono in concreto a delineare i confini della colpa. Molte violazioni, ad esempio, potrebbero portare alla contestazione del reato di epidemia colposa, previsto dall'articolo 452 del Codice penale. Difficile in concreto risalire alla catena causale dell'evento “contagio da Covid 19”, ma astrattamente il festino privato non protetto potrebbe essere la causa di un contagio che potrebbe far scattare il reato a titolo di colpa. La funzione della norma tecnicamente è quella di risolvere il conflitto tra due interessi contrapposti: quello alla libera circolazione delle persone e quello alla salute, segnando l'ambito e i limiti dell'autorizzazione. Si «raccomanda» di non superare il numero di sei persone perché un numero maggiore non garantirebbe il distanziamento, ma ogni caso può essere valutato a sé.

Se il vicino fa «la spia»

Diciamolo subito: vigili, forze dell'ordine e agenti accertatori in generale non possono effettuare ispezioni all'interno delle case. È intuibile e lo prevede espressamente l'articolo 13 della legge 689/81 (gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica).

Fare la “spia” è legittimo, il vicino può quindi segnalare situazioni che ritiene sospette, ma l’intervento degli agenti potrebbe essere molto limitato, visto che si dovrebbe soltanto richiamare il presunto trasgressore al rispetto delle raccomandazioni anti-contagio. Tuttavia se vengono segnalati assembramenti o festini e un agente bussa alla porta del “colpevole”, anche se non accede rimane traccia dell'intervento. E in caso di contestazione del reato di epidemia colposa questo potrebbe pesare, insieme alle eventuali testimonianze delle persone presenti. Siamo di nuovo nell'ambito della responsabilità colposa, oltre che del buon senso di ciascuno di noi.La funzione delle norme cautelari è infatti anche quella di orientare le regole sociali di condotta.

Hanno una funzione preventiva che dal giudice viene individuata sulla base di un giudizio preciso che si basa su tre considerazioni:1) la prevedibilità dell'evento. Il giudice risponde alla domanda: ricevendo più di sei persone era prevedibile che qualcuno contraesse il virus?; 2) il contagio era evitabile invitando meno persone?; 3) la norma è stata scritta secondo la miglior scienza ed esperienza di quel momento storico?Per questo ultimo motivo in genere i decreti emergenziali seguono sempre le indicazioni sanitarie del momento, dettate dal comitato tecnico-scientifico.

Gli illeciti amministrativi e i reati

Altre misure varate con il nuovo Dpcm, invece, sono veri e propri divieti e che come tali fanno scattare le sanzioni amministrative. Ad esempio il divieto di feste nei luoghi al chiuso e all'aperto, le cerimonie civili o religiose con più di 30 persone e le gare connesse agli sport di contatto. Altre misure ancora, come ad esempio le attività di sale da giochi, sale da scommesse e bingo rimettono alle Regioni e alle Province autonome la valutazione sulla compatibilità in relazione all'evoluzione della situazione epidemiologica. I divieti prevedono quasi sempre deroghe ed eccezioni sulla base del caso concreto. Così cinema e teatri possono avere anche più di 200 spettatori al chiuso e più di 1000 all'aperto se il luogo lo consente. Via libera anche alla messa all'aperto, se le dimensioni della chiesa non assicurano il distanziamento tra i fedeli. Norme di buon senso che si intrecciano a divieti veri e propri destinati a cambiare ancora se la situazione dovesse peggiorare. Da non dimenticare che per le violazioni più gravi restano i reati. Se la maggior parte dei divieti, come quello di non indossare la mascherina, viene punita con la sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro, continua a rischiare il processo penale chi viola il divieto assoluto di quarantena, sceso ora da 14 a 10 giorni, per chi è risultato positivo al virus. Il reato è punito con l'arresto da 3 a 18 mesi e con l'ammenda da 500 a 5.000 euro: la pena cumulativa non consente l'estinzione tramite il pagamento di una somma di denaro.


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