CINEMA

Festival di Berlino: malinconico e raffinato «Grass» di Hong Sang-soo

di Andrea Chimento

2' di lettura

Esattamente un anno dopo la partecipazione in concorso con «On the Beach at Night Alone», il regista sudcoreano Hong Sang-soo torna al Festival di Berlino con «Grass», un'opera perfettamente coerente con la sua poetica minimalista e raffinata.
Presentato nella sezione Forum della kermesse tedesca, il film ha come protagonista Kim Min-hee, compagna del regista e interprete di quasi tutti i suoi film più recenti, nei panni di una cliente abituale di un piccolo caffè di Seoul, che passa le sue ore nel locale scrivendo sul suo computer.

Si ispira a ciò che le accade intorno, raccoglie i fili del dialogo degli altri clienti, li rielabora e a volte interviene anche attivamente nelle conversazioni. Che sia forse lei l'autrice dei piccoli drammi relazionali che si trova davanti, i cui temi si rispecchiano l'uno nell'altro?

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Il prolifico Hong Sang-soo (nel 2017, oltre a «On the Beach at Night Alone», ha firmato anche «Claire's Camera» e «The Day After», entrambi presentati al Festival di Cannes) torna nuovamente a trattare le relazioni sentimentali, studiandone possibili fini e nuovi inizi.

L'incontro tra uomini e donne, da sempre tema centrale della sua filmografia, è qui sviscerato giocando sul sottile confine tra realtà e finzione e sul consueto approfondimento psicologico sui personaggi. Decisamente curioso che il proprietario di questo piccolo caffè in cui è ambientata la vicenda non si veda mai, ma Hong ce lo fa “conoscere” facendoci ascoltare i suoi gusti musicali: da Schubert a Wagner, passando per Offenbach, la musica classica ha un ruolo importante in «Grass» e contribuisce all'eleganza generale del lungometraggio.

Come in «The Day After» o in «The Day He Arrives» del 2011, l'autore sudcoreano punta su un suggestive bianco e nero, anche se sono le parole a contare più delle immagini: i dialoghi riflettono con spessore sulle relazioni sentimentali, ma anche sulla vita in generale.

I toni sono malinconici e il tocco del regista è delicato, anche se la messinscena può apparire semplicistica e il ritmo funziona a fasi alterne.
Non tutti gli spunti proposti sono particolarmente originali, ma «Grass» resta un prodotto curioso e capace di andare controcorrente rispetto alle tendenze del cinema contemporaneo: un film che si prende i suoi tempi per dare maggiore peso alle riflessioni esistenziali che propone, forte anche di un finale incisivo al punto giusto.

Piccola curiosità: «Grass» dura solo 66 minuti, ma Hong Sang-soo non è nuovo a (brevi) lunghezze di questo tipo, dato che anche «Claire's Camera», film con Isabelle Huppert, durava poco più di un'ora.

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