Festival di Cannes: la delicatezza di Hong Sang-soo, la furbizia di Naomi Kawase
di Andrea Chimento
2' di lettura
Il cinema asiatico è protagonista a Cannes: all'interno della competizione principale sono stati presentati «The Day After» del sudcoreano Hong Sang-soo e «Radiance» della giapponese Naomi Kawase.
Il primo racconta la vita di un uomo di mezza età che tradisce la moglie con una ragazza più giovane. Quando la consorte scopre il tutto, crede erroneamente che l'amante sia la nuova dipendente del marito e inizia a prendersela con lei.
Dopo aver portato fuori concorso nei giorni scorsi «Claire's Camera», Hong Sang-soo presenta il suo secondo lungometraggio sulla Croisette mantenendo lo stile personale che lo rende riconoscibile da diversi anni.
Il più “francese dei registi asiatici”, come spesso viene definito, firma una pellicola dove le parole contano più delle immagini: i dialoghi riflettono con spessore sulla vita, il passare del tempo, i rapporti sentimentali e professionali.
Il tocco dell'autore coreano è delicato come sempre, a tratti la sua messinscena risulta fin troppo grossolana e semplicistica ma è un'idea di cinema che va controcorrente, rigorosa e pensata per dare più peso alla riflessioni esistenziali che all'estetica.
Non tutti gli spunti sono originalissimi, ma il regista riesce comunque a risultare incisivo e opta per un intenso bianco e nero che contribuisce al fascino dell'operazione.
Autore tra i più prolifici del cinema contemporaneo, Hong Sang-soo era anche in concorso tre mesi fa al Festival di Berlino con «On the Beach at Night Alone».
In «Radiance» della giapponese Naomi Kawase, invece, la protagonista è Misako, una ragazza che, durante una proiezione, si imbatte in un celebre fotografo che sta lentamente perdendo la vista. I due svilupperanno un rapporto sempre più intenso, mentre le fotografie dell'uomo riporteranno Misako su un sentiero di ricordi e memorie.
Naomi Kawase torna al Festival di Cannes (tutti i suoi lavori più recenti sono stati presentati sulla Croisette) con un film che è soprattutto un omaggio al cinema, al potere della vista e della luce.
Quella che doveva essere una toccante riflessione dai tratti metacinematografici, si trasforma molto presto in un'operazione retorica, raffinata solo in superficie ma in realtà vuota e inconsistente.
Da segnalare negativamente, in particolare, l'uso banale della voce narrante e quello ruffiano di una colonna sonora che tenta di coinvolgere lo spettatore a tutti i costi.
Un film talmente furbo che potrebbe tranquillamente prendersi un posto di prestigio all'interno del palmarès finale.
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