Fiat-Chrysler, l’incertezza del mercato è sull’appeal speculativo
di Alessandro Plateroti
2' di lettura
Come era prevedibile, l’uscita di Marchionne e la rivoluzione al vertice del gruppo Fiat Chrysler hanno lasciato il segno (negativo) sui titoli della galassia Agnelli.
Definirlo un crollo sarebbe eccessivo - negli ultimi anni le azioni del gruppo torinese hanno subito ribassi giornalieri ben superiori a quello di ieri - ma anche sottovalutarlo sarebbe un errore: come lo stesso Marchionne sapeva molto bene, dietro la straordinaria esplosione di valore delle azioni di Fca (e per altre ragioni dei titoli Ferrari) c’è un complesso di fattori che vanno ben oltre i risultati di bilancio del gruppo, l’aumento delle vendite di auto, la crescita dell’utile o il taglio del debito.
Il vero, grande, catalizzatore degli acquisti sul titolo Fiat Chrysler è stato uno in particolare: il suo fortissimo appeal speculativo, specialmente tra i gestori di hedge fund e tra i grandi specialisti del rischio. Se il valore dell’azienda automobilistica italo-americana è decuplicato in pochi anni, in altre parole, è soprattutto per la determinazione con cui Marchionne, per ben 14 anni, è riuscito a convincere il mercato finanziario che la Fiat sarebbe stata al centro di qualunque progetto di fusione internazionale nell’industria automobilistica, o come soggetto aggegante o come impresa aggregata da un competitor più grande.
Non che Marchionne non ci abbia provato sul serio - basti ricordare le avances alla General Motors - ma resta il fatto che nessuna delle diverse ipotesi di accordo internazionale fatte circolare dal 2004 a oggi si è mai concretizzata. Ma la percezione, soprattutto in Borsa, conta più della realtà: basti pensare che solo la settimana scorsa, quando della gravità della malattia di Marchionne non si sapeva nulla e parlava invece di possibile fusione con la Hyundai, sono stati registrati a Wall Street oltre 60 hedge funds internazionali che hanno comprato pacchetti di azioni Fca per la prima volta. Ma non è tutto oro quel che luccica: se da un lato il prezzo delle azioni Fiat è salito del 100% in poco tempo, dall’altro la sua valutazione (rapporto tra prezzo e utile futuro) è la più bassa tra le grandi aziende concorrenti.
Il motivo è chiaro: l’appeal speculativo da fusioni spinge il prezzo, ma a deprimere la valutazione di Borsa è ancora la mancanza di visibilità sul futuro industriale del gruppo, la mancanza di nuovi modelli per le prossime generazioni sia a marchio Fiat che Chrysler e la cronica crisi delle attività italiane. Marchionne era riuscito a convincere i mercati che prima o poi avrebbe trovato un grande partner per la Fiat e la Chrysler: se vuole evitare una brusca retromarcia dei fondi, Manley dovrà ricominciare da qui.
loading...