Fidene-Roma: il viaggio breve del «treno dei rifiuti» si ferma al Tmb Salario
di Manuela Perrone
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Era rimasto fermo da due mesi sui binari della stazione Roma Smistamento, a Fidene, periferia della zona Nord della città. A bordo 700 tonnellate di rifiuti indifferenziati, rimasti bloccati a causa della scadenza dell’accordo con la Germania. Ieri il Campidoglio ha confermato la destinazione del «treno della vergogna», come lo ha ribattezzato Legambiente Lazio, la prima a denunciare lo stop del convoglio: da domani l’immondizia comincerà a essere trasferita per essere trattata. Dove? Al Tmb Salario, 50 metri più in là.
Non è una buona notizia per gli abitanti del quartiere, che da anni chiedono la chiusura dell’impianto di trattamento meccanico biologico e che oggi manifesteranno con il presidente del municipio Giovanni Caudo (centrosinistra) davanti al Tmb, già al collasso: soltanto qualche giorno fa i camion dell’Ama, nonostante il calo fisiologico della produzione dei rifiuti in agosto, sono stati costretti a scaricare temporaneamente all’esterno della struttura. Ma la società capitolina dei rifiuti ha rassicurato: «La ripresa in carico dei rifiuti presenti sul convoglio non aumenterà le quantità di materiali in ingresso all’impianto Tmb di via Salaria. Ama ha infatti concordato che altrettanti quantitativi di rifiuti saranno inviati a trattamento presso l’impianto Tmb di proprietà Colari, in aggiunta a quelli previsti settimanalmente dal contratto vigente».
È l’ennesima soluzione tampone adottata dalla Giunta Raggi per risolvere le cicliche emergenze dei rifiuti nella Capitale, afflitta da una cronica carenza di impianti (esplosa dopo la chiusura della discarica di Malagrotta nel 2013) e da una raccolta differenziata che stenta a decollare: a giugno 2018 era ancora ferma al 44,8%, due punti in più rispetto al 2016 ma ben lontana dall’obiettivo del 70% entro il 2021 fissato dal piano rifiuti del Campidoglio. L’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari, commentando la vicenda del treno, ha spiegato che la Germania ha comunicato a Regione e Ama l’impossibilità di ricevere i rifiuti dopo che il convoglio era già pronto per la partenza. E che le risposte sono state «tempestive».
Montanari insiste nell’elogiare «il nuovo modello di raccolta differenziata» introdotto nei municipi VI e X («Abbiamo raggiunto oltre 83mila abitanti») e assicura che il Comune è impegnato «a collaborare con la Regione Lazio per ridefinire la pianificazione degli impianti». Ma gli unici realmente in cantiere, per i quali sono stati inviati alla Pisana gli studi di impatto ambientale, sono due impianti di compostaggio, destinati cioè a trattare la frazione umida. Mentre è l’indifferenziata, ovvero 2.600 tonnellate su 4.600 tonnellate di rifiuti prodotti dai romani ogni giorno, quella che genera le maggiori difficoltà. Costringendo il Campidoglio, che sul territorio può contare solo sui due Tmb dell’Ama a Salario e Rocca Cencia e sugli altri due di Colari a Malagrotta, a inviare grandi quantità fuori città o fuori regione. Quando non all’estero, come era avvenuto fino a giugno verso Austria e Germania.
È sempre Legambiente, «sbigottita», a sottolineare che la vicenda del treno dimostra che «a Roma un ciclo dei rifiuti non c’è». E a criticare la richiesta, da parte di Ama, di riaccendere l’inceneritore di Colleferro, a 50 chilometri dalla città, per smaltire l’immondizia romana. Uno smacco per un’amministrazione targata M5S, che di nuovi inceneritori e termovalorizzatori non vuole sentir parlare. Ma che continua a dipendere da terzi. Lo scorso 9 luglio l’Ama ha bandito una gara da 188 milioni di euro per la gestione per due anni di tutti i rifiuti solidi eccedenti le quantità trattate dagli impianti Ama. Un modo per fare a meno anche dei due Tmb del Colari, il consorzio colpito da interdittiva antimafia di proprietà del ras dei rifiuti Manlio Cerroni, al centro di una nuova maxi-indagine per traffico illecito di rifiuti.
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