Fiere di Parma e Fiera Milano verso l’integrazione: ecco l’assetto dei grandi soci
In seguito all’aumento di capitale e all’ingresso di Milano nell’azionariato, le quote saranno redistribuite: Crédit Agricole resta primo socio, seguito da Fiera Milano. Comune e Provincia al 16%
di Giovanna Mancini
I punti chiave
3' di lettura
Settimana decisiva per l’operazione che prevede l’ingresso di Fiera Milano nell’azionariato di Fiere di Parma, in cambio della cessione a Parma, da parte di Milano, della sua manifestazione dedicata all’agroalimentare, Tuttofood, che resterà fisicamente negli spazi espositivi di Rho, ma sarà gestita da Parma, con il nome di «Tuttofood powered by Cibus».
Lunedì l’approvazione in Consiglio comunale, con ampia maggioranza (compresa una parte dell’opposizione), della delibera sulla nuova governance della società ha di fatto spianato la strada all’integrazione tra il gruppo fieristico emiliano e Fiera Milano, finalizzata alla creazione di una comune piattaforma fieristica italiana dedicata al settore agroalimentare, in grado di competere con le principali manifestazioni europee del settore, la tedesca Anuga e la francese Sial.
L’operazione
Oggi è atteso il sì dell’assemblea dei soci di Fiere di Parma ed entro la settimana, probabilmente già questo giovedì, l’ultimo passaggio, ovvero il via libera da parte del cda di Fiera Milano. Poi sarà cosa fatta: Fiera Milano entrerà nel capitale di Fiere di Parma attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale di quest’ultima, riservato al gruppo milanese. Fiera Milano riceverà un controvalore in azioni in cambio del conferimento di un ramo d’azienda, Tuttofood.
La nuova compagine societaria
L’esatta composizione della compagine societaria – con la redistribuzione delle quote in seguito all’ingresso di Fiera Milano – sarà resa nota nei prossimi giorni, contestualmente al conferimento del ramo d’azienda, ma le percentuali assegnate ai soci principali sono già state rese note durante il consiglio comunale di lunedì scorso. Primo azionista rimarrà Crédit Agricole che scenderà dall’attuale 32,42% al 26% circa, mentre proprio Fiera Milano sarà il secondo azionista, con il 18,5% delle quote (che corrispondono al valore di 16,5 milioni di euro attribuiti a Tuttofood dopo una serie di perizie). Comune e Provincia di Parma, che oggi detengono ciascuna il 19,58%, scenderanno invece attorno al 16%.
Proprio il peso dei soci pubblici è stato uno dei nodi principali affrontati nei mesi scorsi, per arrivare all’intesa, come spiega Michele Guerra, il sindaco di Parma che ha preso in mano il dossier lo scorso luglio, dopo l’insediamento della sua giunta eletta a giugno.
«Abbiamo sempre ritenuto questa partnership molto interessante dal punto di vista industriale – dice il sindaco –. È evidente che, nel contesto attuale, fiere della dimensione di Parma hanno bisogno di collaborare con realtà più grandi per poter restare competitive. Inoltre sono convinto che l’accordo apra prospettive interessanti anche per migliorare la connettività infrastrutturale del nostro territorio con Milano».
Le garanzie per i soci pubblici e territoriali
Tuttavia, quando a luglio scorso la nuova giunta comunale, appena insediatasi, ha preso in mano il dossier sull’operazione, i timori che l’integrazione con Fiera Milano potesse in prospettiva allontanare da Parma una delle sue fiere più importanti, erano diffusi tra i soci più legati al territorio. «Come amministrazione e socio pubblico, assieme alla Provincia, ma anche alla Regione Emilia Romagna e alla Camera di Commercio, volevamo assicurarci che il progetto avesse tutte le caratteristiche per mantenere sul territorio l’indotto che porta non solo in termini di turismo, ma anche di ricerca, innovazione e sviluppo», aggiunge Guerra.
Inoltre, dice ancora Guerra, «dato che il progetto comporta il fatto che i soci pubblici scenderanno in minoranza, era necessario fissare delle maggioranze qualificate che ci garantissero. Ci siamo riusciti attraverso l’inserimento nello statuto di alcuni elementi, che ci rendono soddisfatti dell’accordo raggiunto».
In particolare, l’intesa prevede che le liste per il cda siano solo due (soci pubblici e soci privati) e non tre come inizialmente proposto, per assicurare che il consiglio sia sempre composto da cinque consiglieri di nomina privata e quattro di nomina pubblica. Inoltre, la maggioranza qualificata per le decisioni significative è stata fissata a sei voti (su nove) per il cda e all’85% delle quote in Assemblea dei soci, in modo che, ad esempio, anche solo l’azionista Comune abbia un potere rilevante da spendere. Infine, il presidente sarà nominato dalla lista dei soci pubblici. «Per noi questo non ha solo un valore simbolico: è un elemento di garanzia fondamentale», conclude il sindaco.
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