«Ema», seduzione e distruzione in un film incendiario
Arriva nelle sale l'ultimo, potentissimo lungometraggio del grande regista cileno Pablo Larraín. Tra le novità anche «La candidata ideale» e «La vacanza»
di Andrea Chimento
3' di lettura
Non lascia mai indifferenti Pablo Larraín, grande regista cileno che ha sempre toccato corde profondissime con tutte le sue opere: basti citare come esempi «Il Club» o «Neruda» per cogliere il talento dell'autore sudamericano.Non fa certo eccezione «Ema», film allo stesso tempo diverso da tutti i precedenti, ma ugualmente coerente con la poetica della filmografia di Larraín.
Come già avvenuto in passato (si pensi, oltre a «Neruda», a «Tony Manero» e «Jackie»), Larraín sceglie un titolo che è anche il nome del personaggio principale, così da sottolineare come il film ne rappresenti la vera e propria natura.Ema è una ragazza di Valparaiso, amante del ballo e in particolare del reggaeton, che ha scelto di adottare un bambino colombiano insieme al suo compagno, coreografo della compagnia. Quando i due sono costretti a “restituirlo” ai servizi sociali, Ema non si dà pace e pensa a un piano per ottenere ciò che vuole.
Fin dalla prima inquadratura (un semaforo che brucia) si capisce che il film di Larraín è un prodotto che non vuole seguire le regole, giocando poi spesso con uno stile da videoclip e con colori accesissimi che riempiono la totalità dello schermo.Il fuoco con cui si apre il lungometraggio è il simbolo di ciò che rappresentano il personaggio e la pellicola stessa: un film che attrae e respinge, affascina e spaventa, seduce e distrugge.
Una narrazione anticonvenzionale
Film che ha confini astratti e una narrazione complessa e anticonvenzionale, «Ema» interrompe spesso il suo flusso drammaturgico per lasciare spazio a sequenze di danza e ai numerosi rapporti sessuali che scandiscono la pellicola.Larraín lavora sul corpo (il ballo come sfogo vero e proprio di tantissime pulsioni) dando vita a una riflessione sul nucleo familiare di grande modernità e audacia, che sicuramente dividerà, ma non lascerà indifferenti: un film che può venire in mente, per alcuni aspetti, è «Teorema» di Pasolini, che forse non a caso possiede proprio la parola “ema” nel titolo.Il risultato non è un semplice film, ma una vera e propria esperienza audiovisiva, dotata di immagini e suoni di grandissima presa emotiva ed estetica.Notevole prova della giovane protagonista Mariana Di Girolamo.
La candidata ideale
Tra le novità della settimana si segnala anche «La candidata ideale» della regista araba Haifaa Al-Mansour.Protagonista è Maryam, un'ambiziosa dottoressa che fatica, in quanto donna, a farsi rispettare dai colleghi uomini. Per sovvertire i rigidi dettami patriarcali della società in cui è immersa, decide di candidarsi in politica.Diventata famosa con «La bicicletta verde», Haifaa Al-Mansour mantiene l'impegno e la forza sociale del suo film migliore, ma in questo suo nuovo lavoro manca il brio narrativo dell'opera precedente.Le premesse e le tematiche sono importanti, mentre la messinscena presenta un'eccessiva staticità e anche la sceneggiatura risulta troppo scolastica per poter appassionare fino in fondo.Da sottolineare positivamente, oltre alla forza politica dell'operazione, diverse sequenze delicate e ben accompagnate dalla musica, oltre alla buona prova della protagonista Mila Al Zahrani.
La vacanza
Infine, va segnalato anche un interessante film italiano: «La vacanza» di Enrico Iannaccone.Protagonisti sono Valerio, un trentenne tormentato dal suo passato, che sembra in grado di vivere soltanto provando a distruggere la sua stessa esistenza, e Carla (Catherine Spaak), un'ex magistrato che inizia a manifestare i primi sintomi dell'Alzheimer. Tra i due nascerà un'improvvisa amicizia.Come aveva già dimostrato nel suo esordio «La buona uscita», Enrico Iannaccone è un regista a cui non mancano talento, ambizione e coraggio.Anche in quest'opera seconda il giovane autore italiano punta su una vicenda non semplice, tanto per la sua struttura narrativa, quanto per la descrizione dei personaggi in scena.Ed è proprio quest'ultimo punto il pregio principale di un lungometraggio che ha nell'approfondimento psicologico dei suoi protagonisti il massimo punto di forza.Qualcosa scricchiola nella parte centrale in termini di ritmo e di una struttura narrativa audace ma un po' troppo macchinosa negli andirivieni temporali, ma resta un prodotto sicuramente da vedere e un'ennesima conferma di un talento che merita di sbocciare presto.
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