«Days», imperdibile film poetico, minimalista e malinconico
Nel weekend in sala spazio al nuovo lungometraggio di Tsai Ming-liang. In uscita anche «Ariaferma» di Leonardo Di Costanzo e «The Last Duel» di Ridley Scott
di Andrea Chimento
3' di lettura
Una settimana ricca di titoli firmati da autori importanti: i grandi registi sono protagonisti del weekend in sala, a partire da Tsai Ming-liang con il suo ultimo lungometraggio, «Days».
Tra i nomi più amati dai cinefili appassionati di cinema orientale, Tsai Ming-liang (nato in Malesia ma naturalizzato taiwanese) ha scelto di raccontare l'incontro tra due solitudini: due uomini che trascorrono qualche momento d’intimità in una camera d'albergo, prima di rituffarsi in un'esistenza vuota e fatta di gesti ripetitivi, giorno dopo giorno.
Sette anni dopo l'altrettanto potente e poetico «Stray Dogs», Tsai Ming-liang torna al lungometraggio (ma nel frattempo ha realizzato interessanti corti, mediometraggi e persino lavori in VR) con una pellicola sostanzialmente priva di dialoghi, coerente con la poetica di un regista che ha (quasi) sempre puntato più sulle immagini che sulle parole.
Si può ricordare in questo senso il notevole «Goodbye, Dragon Inn» del 2003 (una malinconica riflessione sulle sale cinematografiche) oppure il toccante finale di «Vive l'amour» del 1994, film con cui Tsai aveva vinto il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
Un bell'omaggio a Charlie Chaplin
Se «Days» si può considerare una sorta di “film muto” dei giorni nostri, non è di certo casuale che all'interno della narrazione ci sia un gran bell'omaggio musicale a Charlie Chaplin: non va mai dimenticato che quest'ultimo fu il più importante esempio di artista cinematografico che proseguì a girare film senza parole anche diversi anni dopo l'introduzione del parlato.
Oltre alla quasi totale assenza di dialoghi, va evidenziato come il film sia un prodotto non per tutti, anche per il suo approccio fortemente anti-narrativo e connotato da una staticità nel ritmo senza dubbio lontana dai canoni contemporanei: Tsai Ming-liang, da sempre, ama sperimentare ed è proprio nei silenzi e nelle immagini, appunto statiche, che emerge la bellezza di un lungometraggio dal forte impatto poetico, capace di raccontare e descrivere i sentimenti molto meglio della stragrande maggioranza dei film a cui siamo abituati. Basti notare, ad esempio, lo sguardo prolungato di uno dei protagonisti verso la conclusione, ma anche tutta l'attenzione che l'autore riserva agli esseri umani, ai loro turbamenti interiori e alle problematiche che devono affrontare.Ennesima, grande prova di Lee Kang-sheng, da sempre attore feticcio del cinema del regista.
Ariaferma
Tra le novità in sala si segnala inoltre molto positivamente l'italiano «Ariaferma» di Leonardo Di Costanzo, presentato all'ultima Mostra di Venezia.Al centro della storia c'è un vecchio carcere che sta per essere dismesso. Per problemi burocratici i trasferimenti si bloccano e una dozzina di detenuti rimane, con pochi agenti, in attesa di nuove destinazioni.
Dopo «L'intervallo» e «L'intrusa», Di Costanzo si conferma uno dei nomi più interessanti e sottovalutati del nostro cinema e tra i più abili nel raccontare il rapporto tra gli esseri umani e l'ambiente che li circonda.In un film in cui le definizioni di “ruolo” perdono la loro valenza principale e tra gli uomini si instaurano nuove forme di relazione, nascono riflessioni importanti e in grado di offrire allo spettatore più di uno spunto al termine della visione.
Nonostante il tema complicato, la messinscena si mantiene sempre essenziale e asciutta, senza mai incappare nelle possibili trappole retoriche presenti lungo il cammino: un grande aiuto in questo senso arriva anche dalle prove dei due protagonisti Toni Servillo e Silvio Orlando, impeccabili e capaci di trovare un'ottima intesa recitativa.
The Last Duel
Film molto atteso è anche «The Last Duel», il nuovo lungometraggio di Ridley Scott con Jodie Comer, Matt Damon, Ben Affleck e Adam Driver.Ambientato durante il XIV secolo, il film racconta la vera storia di quello che viene considerato “l'ultimo duello” legalizzato della storia di Francia. I contendenti sono due ex amici, Jean e Jacques, ora diventati acerrimi rivali: alla base dello scontro il fatto che Marguerite, la moglie del primo, abbia accusato il secondo di averla violentata mentre il marito era assente.
Tornando alle atmosfere medievali de «Le crociate», Ridley Scott riecheggia alcuni dei suoi lavori del passato, anche se il riferimento più evidente rimanda alla sua, importante opera prima: «I duellanti» del 1977.Il tutto è raccontato da diversi punti di vista e (nonostante non ci sia niente di troppo originale) la base narrativa può anche incuriosire, ma seppur la confezione sia più che discreta e gli sforzi della produzione di collegare questa vicenda alla contemporaneità siano a dir poco evidenti, il risultato è comunque altalenante, a causa di una ridondanza davvero eccessiva e di numerosi passaggi forzati che tolgono una certa credibilità al tutto. Non ci sono, inoltre, grandi sequenze da mandare a memoria, fatta forse eccezione per il duello finale che riesce a risultare intenso al punto giusto.
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