«Don't Look Up», un cast stellare per una commedia “basata su fatti realmente possibili”
Il nuovo film di Adam McKay arriva nelle sale prima di sbarcare su Netflix a fine dicembre. Tra le novità anche «Sull'isola di Bergman»
di Andrea Chimento
3' di lettura
Prima al cinema e poi su Netflix: è il percorso di «Don't Look Up», il nuovo, attesissimo film di Adam McKay che è appena arrivato nelle nostre sale e approderà poi sulla celebre piattaforma dal 24 dicembre, seguendo un percorso distributivo piuttosto simile a quello di «È stata la mano di Dio» di Paolo Sorrentino.
Quello che colpisce subito di «Don't Look Up» è il cast stellare: da Leonardo DiCaprio a Jennifer Lawrence, da Meryl Streep a Jonah Hill, passando per Chris Evans, Cate Blanchett, Ariana Grande, Mark Rylance, Timothée Chalamet e tanti altri.Oltre al foltissimo gruppo di celebrità, anche il soggetto alla base della sceneggiatura incuriosisce immediatamente. Due scienziati si accorgono che una cometa si trova in rotta di collisione con la Terra: lanciano l'allarme, ma la notizia lascia tutti indifferenti. I due partiranno allora per un vero e proprio tour mediatico per sensibilizzare sull'argomento, ma l'iniziativa non sembra portare i risultati sperati.
Dopo «La grande scommessa», il sarcasmo del regista è ormai decisamente noto, così come la sua capacità di dirigere al meglio attori di alto calibro e di trattare bene tematiche tutt'altro che semplici. Se in quel film del 2015 si parlava della crisi economica del 2008, basandosi così su fatti realmente accaduti, e nel successivo «Vice» della vita e della carriera di Dick Cheny, il vice-presidente ai tempi dell'amministrazione Bush, in «Don't Look Up» non ci sono elementi di cronaca ma “fatti realmente possibili”, come sottolinea ironicamente la promozione italiana della pellicola.
Un film sui nostri tempi
«Don't Look Up» è un film perfetto per parlare dei tempi che stiamo vivendo, con la giusta brillantezza e una notevole dose di spunti di riflessione. Non è soltanto il tema apocalittico a interessare a McKay, ma il modo in cui i media ne vanno a parlare in un'era di fake news e in un momento in cui catturare l'attenzione del pubblico sembra un'impresa titanica: si potrebbe anche definire «Don't Look Up» una satira sul negazionismo, con tanti riferimenti al mondo di oggi.Lo stile del regista, però, è meno effervescente del solito e l'eccessiva lunghezza toglie un po' di ritmo a un film senza dubbio efficace, ma che poteva risultare più incisivo. A ogni modo, i pregi superano i difetti e, al termine della visione, rimane molto su cui pensare.
Sull'isola di Bergman
Tra le novità c'è anche il nuovo lavoro di Mia Hansen-Løve, «Sull'isola di Bergman».Protagonista una coppia di autori cinematografici in cerca di ispirazione per i loro prossimi film. Fiduciosi di trovarla in un posto speciale, la coppia si ritira per l'estate sull'isola tanto cara al grande regista del cinema svedese Ingmar Bergman. Giunti a Fårö, i due cercano di abbozzare qualche idea immersi nella natura selvaggia del posto. Parte da premesse altissime e molto ambiziose il film della regista francese, autrice di titoli intensi come «Un amore di gioventù», «Eden» e «Le cose che verranno». L’idea è proprio quella di rendere un importante omaggio a un nome come Bergman, sia nella gestione della situazione coniugale (l’autore svedese, con film come «Scene da un matrimonio», è stato tra i massimi registi a trattare le dinamiche di coppia), sia in alcune riflessioni sul rapporto tra realtà e finzione. Gli spunti sono molto interessanti, anche per alcuni elementi metacinematografici (che rimandano inoltre a Woody Allen), che restano però spesso relegati più alla teoria che alla pratica. Nella parte centrale si sente una certa ridondanza e mancano quei guizzi necessari a rendere davvero importante un lungometraggio che funziona invece a sprazzi, seppur ben supportato dalle prove di un cast capitanato da Tim Roth e Vicky Krieps.Da vedere, ma con qualche riserva.
Nowhere Special
Infine, una menzione positiva per il toccante «Nowhere Special» di Uberto Pasolini.Il regista si confronta ancora con la morte, dopo il riuscito «Still Life», raccontando la storia di un uomo che dedica la vita a crescere il figlio di quattro anni, con cui è rimasto da solo dopo che la madre del bambino li ha lasciati subito dopo la nascita. L'uomo ha però davanti a sé pochi mesi di vita e, non avendo una famiglia a cui rivolgersi, trascorrerà i giorni che gli restano a cercarne una nuova a cui dare in adozione Michael. Fin dalle premesse narrative si coglie facilmente la forza emotiva di questa pellicola che riesce a toccare corde profonde senza cadere nella retorica e mantenendo sempre uno sguardo delicato anche di fronte a un tema complesso come questo. Non tutti i passaggi sono incisivi al punto giusto, ma il disegno generale è emozionante e capace di lasciare più di uno stimolo di riflessione al termine della visione.
loading...