«The Batman», i tormenti dell’eroe di Gotham in un film riuscito e coinvolgente
Nelle sale è arrivato il nuovo lungometraggio con protagonista l'Uomo Pipistrello, interpretato da Robert Pattinson. Tra le novità anche «Red Rocket»»
di Andrea Chimento
3' di lettura
Il bravo regista Matt Reeves, che ha firmato uno dei più importanti lungometraggi relativi al post-11 settembre («Cloverfield») e dimostrato grande talento visivo con gli ultimi due capitoli della trilogia reboot de «Il pianeta delle scimmie», ha creato un nuovo universo con protagonista l'Uomo Pipistrello, completamente distaccato dai precedenti lavori per il grande schermo dedicati all'eroe di Gotham City.
Bruce Wayne, che qui ha il volto di Robert Pattinson, è diventato Batman da un paio d'anni quando una nuova, terribile minaccia sembra colpire le figure più potenti della sua città: l'Enigmista porta alla luce segreti inconfessabili, che riguardano sia la corruzione imperante a Gotham City sia il passato del tormentato eroe mascherato.Si apre con una soggettiva dal forte sapore voyeuristico un film che giocherà molte delle sue carte sui giochi di sguardo tra i personaggi in scena (Batman vedrà attraverso gli occhi di Selina Kyle, per esempio): è proprio nelle prime battute che «The Batman» riesce a sorprendere con una magnifica rappresentazione del protagonista, profondo al punto giusto e ben interpretato da Pattinson, capace di donare spessore psicologico al personaggio e anche abile nel distaccarsi dalla recitazione dei suoi celebri colleghi che l'hanno interpretato in passato (da Michael Keaton a Christian Bale).
Alto ritmo e ottime scelte di montaggio
Reeves si conferma un regista tecnicamente preparatissimo, efficace nel gestire al meglio i tempi di montaggio che riescono a mantenere alto il ritmo e l'attenzione dello spettatore per le quasi tre ore di durata.La sceneggiatura diventa più debole nella seconda parte, anche a causa di qualche sequenza eccessivamente didascalica (soprattutto con l'approssimarsi della conclusione), ma nel complesso la pellicola regge in toto e il risultato è una sorta di neo-noir coinvolgente al punto giusto. I meriti sono da ricercare inoltre nella grande adesione allo spirito del fumetto della DC, nel forte realismo, così come nella coerenza tra una narrazione cupa e capace di scandagliare gli abissi dell'animo umano, accompagnata da una messinscena perennemente notturna, che, oltre a ricordare la trilogia di Christopher Nolan, può far pensare addirittura al «Blade Runner» di Ridley Scott.
Buono il lavoro complessivo di un cast in cui, oltre al protagonista, si segnalano positivamente Zoë Kravitz, Paul Dano e Andy Serkis. Menzione a parte per un irriconoscibile Colin Farrell nei panni del Pinguino.
Red Rocket
Tra le novità in sala c'è anche «Red Rocket», nuovo lungometraggio del talentuoso Sean Baker, regista che si era messo in luce con «Tangerines» e «Un sogno chiamato Florida».Al centro della trama c'è un attore e produttore pornografico, che torna in Texas dopo aver cercato di fare fortuna a Hollywood. Rientrato a casa con la moglie e la suocera, sembra aver iniziato una nuova vita, ma quando incontra una ragazza molto più giovane di lui, che lavora come cassiera in un negozio di ciambelle, il richiamo del suo vecchio lavoro torna a farsi sentire.Come in buona parte dei suoi film precedenti, Baker cerca di dipingere le tante ombre e le poche luci della provincia americana e lo fa, anche in questo caso, con un film che mescola dramma e commedia: «Red Rocket» è una pellicola dolceamara, che prova a tratteggiare un piccolo gruppo di personaggi come rappresentativo degli Stati Uniti odierni.
Baker vuole dare vita a una panoramica dal sapore (anche) politico, vista la continua presenza in televisione di Donald Trump, che enuncia una serie di messaggi decisivi per rendere gli Stati Uniti quelli che vengono mostrati nella pellicola: peccato però che siano spunti e riflessioni che rimangono solo in superficie all’interno di una narrazione inconcludente a livelli colossali e che si limita a girare attorno a un paio di concetti per tutte le circa due ore di durata.In questo ennesimo lungometraggio sulla fine del sogno americano non è facile trovare elementi originali e davvero degni di nota, fatta eccezione per una discreta rappresentazione dei personaggi, che risultano credibili al punto giusto. Per il resto siamo di fronte a un lavoro ridondante e autocompiaciuto, che finisce per offrire ben poco allo spettatore.
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