Emozioni forti con «Tre piani» e «Drive My Car»
Weekend ricchissimo con i nuovi film di Nanni Moretti e Ryusuke Hamaguchi, senza dimenticare «Il buco» di Michelangelo Frammartino
di Andrea Chimento
3' di lettura
Un weekend ricco di film notevoli: da «Tre piani» di Nanni Moretti a «Il buco» di Michelangelo Frammartino, passando per «Drive My Car» di Ryusuke Hamaguchi, questa settimana le novità in sala sono davvero di ottimo livello.
Partiamo da Nanni Moretti, che per la prima volta in carriera ha realizzato un lungometraggio di finzione che non è tratto da un suo soggetto originale: alla base c'è l'importante, omonimo romanzo di Eshkol Nievo, che il regista italiano ha trasposto riuscendo a renderlo del tutto affine al suo stile e alla sua poetica.
Protagoniste sono tre famiglie, che abitano in un edificio borghese, dove la quiete regna sovrana, almeno in apparenza. Dietro a quelle porte, infatti, la vita dei condomini non è di certo tranquilla: in ogni appartamento sono parecchi i problemi familiari e le esistenze dei vari inquilini finiranno inevitabilmente per scontrarsi.
Presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes, dove Moretti ha avuto meno successo del solito come accoglienza critica, «Tre piani» è un film profondo, duro e doloroso, capace di parlare con grande forza dei rapporti umani, a partire dalle relazioni tra genitori e figli.
Il versante psicanalitico
Come nel romanzo di partenza, i “tre piani” a cui fa riferimento il titolo si possono interpretare come i tre livelli nei quali Freud ha diviso l’apparato psichico di ogni persona: l’Es, l’Io e il Super Io. Il versante psicanalitico, spesso presente nel cinema di Moretti, è trattato con grande spessore e con una maturità stilistica sempre più evidente: semplice e stratificato allo stesso tempo, il film cade soltanto in alcuni momenti eccessivamente superficiali, ma il disegno d'insieme regge fino in fondo e c'è spazio per diverse sequenze emozionanti e perfino commoventi.
Nel cast, oltre allo stesso Moretti, ci sono, tra gli altri, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini e Margherita Buy.
Drive My Car
Sempre da Cannes arriva anche uno dei film più importanti dell'anno: «Drive My Car» del giapponese Ryusuke Hamaguchi, che sulla Croisette ha ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura.Tratto da un racconto di Haruki Murakami, il film ha come protagonista un attore e direttore teatrale, la cui moglie muore improvvisamente portando con sé un segreto: alcuni anni dopo, durante un viaggio di lavoro, l’uomo, non ancora ripresosi dalla perdita, si troverà a confrontarsi con una ragazza sul mistero attorno a quella scomparsa.
Poche settimane fa era uscito nelle nostre sale il precedente lavoro di Hamaguchi, «Il gioco del destino e della fantasia», presentato all'ultimo Festival di Berlino: è però con «Drive My Car» che il talento dell'autore nipponico è esploso in maniera significativa.La scrittura è di alto livello, capace di (farci) riflettere su come ogni parola possa influenzare le nostre esistenze, ma è soprattutto la regia a colpire, fin da una bellissima, prima inquadratura che svela già molto sul futuro andamento della pellicola.
Essenziale nella messinscena e attento a ogni dettaglio, Hamaguchi ha firmato un'opera davvero imperdibile, capace di toccare corde emotive profondissime e di colpire per il suo grande rigore formale. Uno dei migliori film visti sul grande schermo negli ultimi tempi.
Il buco
Dall'ultima Mostra di Venezia, dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria, arriva invece «Il buco» di Michelangelo Frammartino.Negli anni Sessanta, nel Nord Italia viene costruito l’edificio più alto d’Europa. All’altra estremità del paese, un gruppo di giovani speleologi esplora la grotta più profonda d’Europa nell’incontaminato entroterra calabrese. L’avventura dei forestieri passa inosservata agli abitanti di un piccolo paese vicino, ma non al vecchio pastore dell’altopiano del Pollino, la cui vita solitaria comincia a intrecciarsi con il viaggio del gruppo.
Frutto di una lavorazione di diversi anni, «il buco » accosta alto e basso, Nord e Sud, grattacieli che puntano verso il cielo e grotte che puntano al centro della Terra: il boom economico visto al contrario, con un gruppo di esploratori che raggiungono per la prima volta il fondo dell'abisso del Bifurto, a quasi 700 metri di profondità.
Le riflessioni proposte da Frammartino sono fin troppo didascaliche, ma il collegamento tra i giovani speleologi e il pastore che li osserva, taciturno, scrutando ciò che sta succedendo in quello spazio quasi incontaminato, è molto efficace e coinvolgente.Il vero punto di forza dell'operazione è però la potenza fotografica di questo lungometraggio, con giochi di luce e ombre tanto suggestivi quanto credibili. Non è un film per tutti, ma chi conosce e apprezza già il cinema di Frammartino (il suo lavoro precedente era il bellissimo «Le quattro volte») non rimarrà deluso.
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