“Elemental”, una storia d'inclusione con poca magia
Nelle sale il nuovo film Disney-Pixar, scelto come titolo di chiusura dell'ultimo Festival di Cannes. Tra le novità anche “Houria”
di Andrea Chimento
3' di lettura
La Pixar ha spento la luce? Sono purtroppo alcuni anni ormai che la celebre casa d'animazione americana fatica a ritrovare gli alti livelli raggiunti in passato, grazie a capolavori come “Wall-E” (2008), “Inside Out” (2015) o la saga di “Toy Story”, iniziata nel 1995 con il primo lungometraggio realizzato dalla compagnia che ha come logo una lampada saltellante.
Dopo i buonissimi risultati di “Soul” (2020), sono arrivati diversi prodotti minori come “Luca” (2021), “Red” (2022) e “Lightyear” (2022), ma sfortunatamente la tendenza non si è invertita con “Elemental”, il nuovo lavoro della Pixar Animation, protagonista del weekend in sala.
Ambientato in una città popolata da cittadini appartenenti ai quattro elementi essenziali (fuoco, acqua, aria e terra), il film racconta dell'improvvisa amicizia tra Ember, una ragazza tenace e impetuosa, e Wade, un ragazzo spiritoso e ipersensibile. Appartenendo a elementi diversi, il loro legame sembra impossibile, ma finiranno per scardinare le certezze e i punti di riferimento del mondo in cui vivono.
Inclusione, tolleranza, comprensione per chi sembra diverso: sono questi gli ingredienti di “Elemental”, film dalle tematiche importanti a cui manca però spesso il giusto brio per riuscire a intrattenere come vorrebbe.
Diretta da Peter Sohn, già regista de “Il viaggio di Arlo”, questa nuova pellicola difetta purtroppo della magia a cui spesso siamo abituati di fronte ai prodotti della Pixar (casa d'animazione acquistata dalla Disney nell'ormai lontano 2006).
Belle immagini in un copione prevedibile
L'apparato visivo è di alto livello, ma non basta a nascondere i limiti di un copione troppo prevedibile e scontato, oltreché vittima di numerosi passaggi poco coinvolgenti, soprattutto nella parte centrale.Il film parte bene, riuscendo ad appassionare, ma poi si spegne gradualmente a causa di un'eccessiva attenzione al messaggio di partenza che finisce per sminuire la possibile forza drammaturgica della storia.Il design dei personaggi è comunque vincente (non era certo semplice rendere al meglio le sagome dei vari elementi), così come la capacità della Pixar, sempre notevole, di dare vita a degli interessanti racconti di formazione, ricchi di metafore e di elementi simbolici relativi ai vari passaggi dell'esistenza.In questo caso, però, rimangono soltanto degli spunti positivi e riusciti all'interno di un disegno d'insieme che a un certo punto sembra accontentarsi di raggiungere a malapena la sufficienza senza voler rischiare troppo.
Houria
Tra le novità in sala si segnala “Houria”, film algerino di Mounia Meddour.Protagonista è una ragazza, grande appassionata di danza classica, che vive un’esperienza traumatica, dalla quale esce con gravi menomazioni fisiche. La giovane, però, si rialza, nonostante le ferite, grazie anche ad altre donne, che hanno vissuto situazioni simili alla sua.Dalla regista di “Non conosci Papicha”, un altro film al femminile che riesce a coniugare la storia individuale della protagonista con un ragionamento universale sull'Algeria: mentre nel paese proseguono le proteste, Houria trova una maniera per non abbandonare la sua passione, grazie anche a una forma di sorellanza resiliente che la aiuta molto in tal senso.Alcuni passaggi della narrazione sono eccessivamente didascalici e il ritmo è altalenante, ma “Houria” resta comunque un film da vedere per la sua sincerità e per la passione con cui la regista tratta una serie di temi delicati e tutt'altro che semplici da raccontare.Monia Meddour riesce a evitare le tante possibili trappole retoriche presenti lungo il percorso e, nonostante qualche momento superfluo, costruisce un prodotto interessante e forte di alcune sequenze che si ricordano a lungo al termine della visione.
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