ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùI film del fine settimana

«Top Gun: Maverick», un sequel divertente e spettacolare

In sala il film con Tom Cruise è il protagonista del weekend. Da vedere anche «Alcarràs», vincitore dell'Orso d'oro a Berlino

di Andrea Chimento

«Top Gun: Maverick»

2' di lettura

Maverick è tornato a volare: Tom Cruise veste ancora i panni di uno dei suoi personaggi più celebri e si augura di sbancare il botteghino del weekend in sala.
Diretto da Joseph Kosinsky, «Top Gun: Maverick» riprende le vicende del noto collaudatore di aerei supersonici a più di trent'anni di distanza dal film diretto da Tony Scott nel 1986.
Pete “Maverick” Mitchell questa volta è in scena in veste di istruttore: non sarà facile per lui adattarsi alle ferree regole del Vice Ammiraglio Cyclone e, soprattutto, contenere il peso emotivo nel trovarsi davanti, tra i suoi allievi, il figlio del compianto Nick “Goose” Bradshaw.
Non è certo un'operazione semplice quella alla base di «Top Gun: Maverick», ma Kosinski gestisce bene tanto i momenti di azione pura quanto quelli a più alto tasso emotivo, in cui spesso sono le parole a contare rispetto alle immagini.

In crescita con il passare dei minuti, il film regala una spettacolare parte conclusiva in cui l'apparato visivo e sonoro della pellicola raggiunge nettamente il suo apice.

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«Top Gun: Maverick» e le altre novità della settimana

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Un omaggio al passato con uno sguardo contemporaneo

Se la parte centrale ha alcuni passaggi altalenanti ed è fin troppo convenzionale, il disegno d'insieme comunque funziona, non soltanto per un notevole inizio e per il già citato epilogo ma anche per l'equilibrio complessivo: Kosinski bilancia bene l'omaggio al passato e uno sguardo pienamente contemporaneo, interessante anche per le più giovani generazioni. Non si tratta quindi di un'operazione meramente crepuscolare, come altre produttivamente simili a questa, ma di una pellicola che riesce a essere moderna pur nel rispetto della tradizione.È inoltre un film sul dialogo tra diverse generazioni ed è forse proprio questo aspetto quello più sorprendente, in senso positivo, tra i risultati ottenuti.Probabilmente, ai punti, è persino un film migliore del cult originale, anche grazie al commovente cammeo di Val Kilmer e alla buona scrittura di tutti i personaggi messi in scena.

Alcarràs

Chi è in cerca di un cinema più introspettivo, invece, non può perdersi «Alcarràs», film della regista spagnola Carla Simón, premiato all'ultimo Festival di Berlino con l'Orso d'oro.Ambientato nel paesino di Alcarràs, in Catalogna, il film racconta la storia di una famiglia di coltivatori, i Solè, che lavorano da generazioni per dei ricchi proprietari terrieri che, durante gli anni della guerra civile, permisero loro di nascondersi. Quando il proprietario della grande tenuta per cui lavorano muore, l’erede decide di vendere il terreno a un’azienda energetica per installarvi pannelli solari.È un racconto toccante, intimo e politico allo stesso tempo, questo piccolo lungometraggio che parla, tra l'altro, dell'abbattimento di un frutteto che non minaccerebbe soltanto il lavoro dei Solè, ma anche il loro sostentamento. Quegli alberi diventano una metafora molto più ampia, capace di offrire interessanti spunti sul concetto della sostenibilità dell'economia agricola contemporanea: non essendo mai stato siglato alcun accordo ufficiale tra le due famiglie, i Solè perderebbero in un attimo tutto ciò che hanno.Seppur qualche passaggio sia troppo costruito a tavolino, il film riesce a risultare sincero al punto giusto ed efficace nel far riflettere su alcune tematiche senza dubbio urgenti.

Carla Simón è soltanto al suo secondo lungometraggio (il suo esordio era «Estate 1993» del 2017), ma ha già dimostrato di avere una buonissima mano.

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