«La cordigliera dei sogni», documentario simbolico e suggestivo
Nelle sale il nuovo lavoro di Patricio Guzmán, registra cileno tra i documentaristi più importanti del cinema contemporaneo. Tra le novità anche «Comedians» di Gabriele Salvatores
di Andrea Chimento
I punti chiave
3' di lettura
Un documentario ricco di fascino e di riflessioni storico-politiche: «La cordigliera dei sogni» di Patricio Guzmán è una delle novità più interessanti della settimana.
Presentato al Festival di Cannes 2019, il film è un'ipotetica chiusura della trilogia di lungometraggi firmata da Guzmán e dedicata al Cile e alla sua storia: dopo «Nostalgia della luce» e «La memoria dell'acqua», il regista sudamericano torna a raccontare l'ambiente naturale del suo paese natale per poi sviluppare una riflessione molto più ampia attorno alla storia cilena e ai suoi abitanti.
Cile
Guzmán era riuscito a fuggire dal Cile dopo il golpe militare, ma da quel momento in avanti, nonostante vivesse all'estero, ha spesso ripercorso quel periodo nelle sue opere: basti ricordare, tra gli altri, «Il caso Pinochet» del 2001 oppure «Salvador Allende» del 2004.
Ne «La cordigliera dei sogni» l'esplorazione del territorio montano del paese si trasforma presto in un'esplorazione della storia stessa del Cile, nel tentativo di scavare in profondità nella memoria del suo popolo.
Un ritorno al passato
Per Guzmán questo viaggio è un ritorno al passato, alla sua infanzia, dove l'attenzione va innanzitutto a mostrare la bellezza dei paesaggi, del cielo e delle montagne, con uno sguardo poetico carico di malinconia. Al fascino naturalistico, però, si contrappongono gli orrori della dittatura, raccontati attraverso le testimonianze dei connazionali del regista: le voci degli esseri umani arrivano a fondersi con quelle silenziose delle rocce della Cordigliera in un dialogo profondamente simbolico tra l'ambiente e le persone che abitano in quelle zone.
Rispetto a buona parte dei suoi prodotti precedenti, però, l'autore non si limita a riflettere sul passato e su come questo risuoni ancora nel presente, ma arriva anche a mettere in scena un grido di speranza rivolto prevalentemente al futuro e alle nuove generazioni.In alcuni momenti ci sono passaggi troppo didascalici ed espliciti, ma nel complesso è un altro significativo tassello della filmografia di un regista sempre capace di interessare.
Comedians
Tra le novità della settimana, in sala arriva anche il nuovo lavoro di Gabriele Salvatores, «Comedians».Tratto dall'omonima e importantissima opera teatrale di Trevor Griffiths, messa in scena per la prima volta nel 1975, il film segue le vicende di un piccolo gruppo di personaggi che aspirano a diventare dei comici. Dopo essersi preparati al meglio delle loro possibilità sulla stand-up comedy, devono affrontare la prova finale: salire sul palco. Tra gli spettatori, però, c'è anche un esaminatore, incaricato di scegliere soltanto uno tra loro, il migliore, per inserirlo in un programma TV. È un film sulle seconde possibilità che possono capitare nella vita «Comedians», opera capace di far sorridere con un tocco profondamente malinconico e che risulta una delle pellicole più riuscite tra quelle firmate negli ultimi anni da Salvatores.
Non mancano purtroppo momenti di stanca e l'andamento è a tratti ridondante, ma si arriva alla fine del film comunque soddisfatti per aver assistito a un lavoro più profondo di quello che potesse sembrare, con personaggi ben scritti e ben interpretati: nel cast ci sono Natalino Balasso, Ale e Franz, ma soprattutto un Christian De Sica perfettamente in parte.
Old Boy
Una menzione finale non può che andare al ritorno in sala di «Old Boy», straordinario film coreano del 2003 che è stato restaurato in 4K e rilanciato sui grandi schermi.Gli appassionati del cinema asiatico lo conoscono già molto bene, ma l'occasione di rivedere al cinema questo cult di Park Chan-wook è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.La trama è incentrata su un uomo che viene rinchiuso in un piccolo appartamento per tantissimi anni: non sa il motivo e non sa neanche perché un giorno, improvvisamente, viene liberato.Non si può aggiungere altro nella descrizione di una sceneggiatura ricca di colpi di scena e incentrata sulla vendetta: non a caso è il secondo capitolo della “Trilogia della Vendetta” di Park Chan-wook, dopo «Mr. Vendetta» e prima di «Lady Vendetta».
In costante crescita col passare dei minuti, ha uno dei finali più potenti del cinema contemporaneo, anche grazie all'elegantissima regia dell'autore coreano e all'uso notevole della colonna sonora.
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