“Anatomia di una caduta”, in sala una Palma d’oro ad alta tensione
Nelle sale arriva il film che ha vinto il più importante premio del Festival di Cannes di quest’anno, un thriller giudiziario che coinvolge dall’inizio alla fine
di Andrea Chimento
3' di lettura
La Palma d’oro brilla al cinema: è arrivato questa settimana nelle nostre sale “Anatomia di una caduta”, il film che ha vinto il premio più prestigioso del Festival di Cannes di quest’anno.
Alla regia c’è Justine Triet, autrice francese che aveva dimostrato buona mano con “La bataille de Solférino” del 2013, prima di perdersi un po’ con “Tutti gli uomini di Victoria” del 2016 e “Sibyl” del 2019.
Con questa nuova pellicola la regista torna ai suoi livelli migliori, a partire da un soggetto già di per sé molto interessante: ambientato in una zona remota delle Alpi francesi, il film vede protagonista Sandra, una scrittrice tedesca che vive in uno chalet di montagna con il marito Samuel e il figlio undicenne Daniel.Un giorno Samuel viene trovato morto, immerso nella neve davanti a casa sua. Gli inquirenti sospettano che possa non trattarsi di suicidio e decidono di indagare, finendo per incriminare la moglie dell’uomo. Durante il processo, quando la donna viene interrogata sulla sua relazione con il marito, viene a galla il ritratto di un rapporto difficile e tormentato: Sandra mostra una personalità a tratti disturbata e il figlio, costretto ad assistere, vive un profondo conflitto interiore.
Aperto da un incipit di rara potenza, che si conclude con una serie di fotografie che accompagnano i titoli di testa, “Anatomia di una caduta” è un film che viaggia a ritmi altissimi, efficace nel mantenere costante la tensione dall’inizio alla fine, nonostante la lunga durata (circa 150 minuti).Benché non sia un prodotto particolarmente originale nel suo sviluppo, è un lungometraggio comunque valido e incisivo, grazie soprattutto a una serie di dialoghi di grande spessore.
Realtà e finzione
Non è un caso che in questo film, che ragiona molto sul rapporto tra realtà e finzione, entrambi i coniugi siano degli scrittori, vittime di un trauma che li ha resi sempre più distanti e che tornerà più volte alla luce durante il processo: alcuni anni prima, il figlio Daniel ha subito un incidente che l’ha privato della vista e che ha portato la coppia a una crisi perdurata poi nel tempo.Seppur alcuni passaggi del processo possano apparire piuttosto convenzionali, la messinscena è sempre notevole e non mancano sequenze da pelle d’oca: tra queste, c’è un potentissimo flashback che avviene oltre la prima metà della pellicola, dove scopriamo il volto del marito e assistiamo a una loro feroce discussione, che nell’aula di tribunale stanno sentendo tramite una registrazione.Ricco di spunti su cui ragionare e di colpi di scena, “Anatomia di una caduta” è ulteriormente valorizzato dalla straordinaria prova di Sandra Hüller: l’attrice tedesca aveva già dato prova del suo talento in passato (pensiamo a “Requiem”, oppure a “Vi presento Toni Erdmann”), ma qui si supera regalando l’interpretazione più convincente di tutta la sua carriera. La sua performance è in assoluto una delle più intense dell’intera stagione cinematografica.
Petites
Tra le novità della settimana si segnala anche l’esordio dietro la macchina da presa di Julie Lerat-Gersant, intitolato “Petites”.Al centro della storia c’è Camille, una sedicenne che un giorno scopre di essere incinta. La ragazza viene separata dalla madre, una donna affettuosa ma tossica, e mandata dal giudice minorile in un centro accoglienza. Qui si trovano altre giovani gestanti come lei e l’incontro con queste persone sconvolgerà ancora di più la vita della futura madre.È un film sul senso di responsabilità e su quanto la vita possa scuotere tutte le nostre certezze da un giorno all’altro: “Petites” parla in maniera efficace di tematiche non semplici e lo stile della regista esordiente è fresco e preciso nelle sue scelte artistiche.Il ritmo funziona a fasi alterne e non tutti i personaggi sono scritti con la giusta cura, ma è un’opera che risulta credibile per tutta la sua durata e si percepisce quanto sia un film sentito e nato sotto la stella della sincerità narrativa.
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