“Piscina infinita”, il body horror di Brandon Cronenberg
Il figlio del grande regista canadese ha diretto il suo terzo lungometraggio, appena arrivato sulle piattaforme. Tra le novità in sala “Fratello e sorella” di Arnaud Desplechin
di Andrea Chimento
3' di lettura
Il body horror, di padre in figlio: Brandon Cronenberg ha scelto di seguire la strada del suo celebre genitore David, regista di capolavori del genere come “Videodrome”, “La mosca” e “Crash”.
Se già con “Antiviral” e “Possession”, Brandon Cronenberg aveva dimostrato grande interesse per le tematiche principali della filmografia del padre, con il suo terzo lungometraggio “Piscina infinita” conferma pienamente questa sua passione e ossessione verso gli argomenti che pongono il corpo umano e le sue mutazioni in primo piano.
Da poco arrivato su diverse piattaforme, “Piscina infinita” è ambientato all'interno di un resort esclusivo, dove si muovono diversi personaggi che si stanno godendo vacanze da sogno.
Alcuni di loro, però, usciranno da quel luogo incantato e, in seguito a un incidente, finiranno in una sorta di mondo parallelo, fatto di violenza e orrori di ogni sorta.
Presentato all'ultimo Festival di Berlino nella sezione Berlinale Special, “Piscina infinita” è un film di cui non si può raccontare troppo della trama per non rischiare di svelare qualche colpo di scena importante nello sviluppo narrativo.
Rispetto ai suoi due lungometraggi precedenti, Cronenberg alza l'asticella dell'ambizione, proponendo diversi argomenti non semplici da trattare – dall'edonismo alla clonazione – e rischiando di mettere troppa carne al fuoco.
Il ritmo generale è discreto e il film si segue volentieri, ma la visione è vittima di troppi eccessi che non vengono gestiti in maniera adeguata dal regista classe 1980.
Metafore poco interessanti
Seppur il copione presenti inizialmente delle scelte narrative capaci di scuotere, a lungo andare la sceneggiatura diventa sempre meno sorprendente, anche a causa di una serie di metafore piuttosto deboli per essere ricordate al termine della visione.Arrivato al suo terzo film e con due pellicole quantomeno interessanti alle spalle, Brandon Cronenberg era chiamato alla prova della sua maturità, ma ha finito per dare vita a un lungometraggio confuso e troppo supponente per poter appassionare come avrebbe dovuto e voluto.Il talento al regista non manca, ma deve ancora capire come gestire al meglio i tanti (troppi?) ingredienti che inserisce nei suoi lavori.Da segnalare nel cast la presenza di diversi volti noti, come Alexander Skarsgård, ma la scena la ruba ancora una volta Mia Goth che, dopo “Suspiria” di Luca Guadagnino e “X – A Sexy Horror Story” di Ti West, si conferma una delle interpreti del cinema horror più convincenti del cinema contemporaneo.
Fratello e sorella
Al cinema è invece arrivato “Fratello e sorella”, il nuovo film di Arnaud Desplechin.Al centro della narrazione ci sono Louis e Alice, fratello e sorella, entrambi prossimi ai cinquant’anni. Lei è un’attrice, mentre lui un poeta che lavorava come insegnante: i due non hanno un rapporto amorevole, anzi non si vedono e si evitano l’un l’altra da oltre vent'anni. Quando i loro genitori rimangono coinvolti in un incidente, i due sono però finalmente costretti a rincontrarsi.
Arnaud Desplechin è uno dei più importanti autori del cinema transalpino degli ultimi anni, soprattutto per la sua capacità di entrare nella psicologia dei suoi personaggi e, in particolare, dei rapporti famigliari: lo ha dimostrato in opere bellissime come “I re e la regina” del 2004 o “Racconto di Natale” del 2008.Anche negli ultimi anni il regista ha confermato una capacità di scrittura notevolissima (si pensi a “Roubaix, une lumière” e “Tromperie”), ma in questo caso la sceneggiatura è carica di banalità e passaggi poco convincenti, anche a causa di un andamento complessivo verboso e sterile allo stesso tempo.Buona prova dei due protagonisti Melvil Poupaud e Marion Cotillard ma non basta: da Desplechin ci aspettiamo davvero molto di più.
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