Finale Champions, liste nere e sponsor: il mondo dello sport fa i conti con la guerra
Dopo lo spostamento della finale Champions a Parigi, per la Uefa resta il nodo dello sponsor Gazprom, mentre dal basket al volley si moltiplicano i settori dello sport travolti dal conflitto
di Marco Bellinazzo
5' di lettura
L’invasione dell’Ucraina e la minaccia della Russia alla stabilità europea e mondiale tengono sotto scacco anche il mondo dello sport. E non poteva essere altrimenti, considerati gli intrecci oggi più che mai inestricabili tra la geopolitica, economica e Sport Industry. Calcio, basket, volley, Formula 1, grandi eventi, tutto rischia di essere travolto dalla tempesta bellica scatenata da Mosca. Le istituzioni calcistiche internazionali sono chiamate ad assumere decisioni delicatissime.
Fifa e Uefa
La Fifa è stata chiamata in causa dalla Federcalcio ucraina che ha chiesto di vietare alla Russia qualsiasi competizione internazionale e dalla Polonia che il 24 marzo dovrebbe giocare a Mosca contro la Russia la semifinale dei playoff mondiali. La Federcalcio di Varsavia ha chiesto a Infantino di poter disputare il match in campo neutro. Lo stesso hanno fatto del resto per Svezia e Repubblica ceca. Una delle due potrebbe dover sfidare la nazionale russa in una eventuale finale per conquistare il pass per il Qatar. Più complicata è la posizione della Uefa che aveva programmato la finale della Champions League 2022 proprio a San Pietroburgo alla Gazprom Arena il 28 maggio. Nyon nella riunione straordinaria convocata il 25 febbraio si è trovata così nell'imbarazzo di cambiare in corsa la sede della partita (spostata a Parigi allo Stade de France), scontentando uno tra i suoi principali sponsor, la Gazprom, che versa nella casse della Confederazione europea una cifra fra i 30 e i 40 milioni annui da un decennio per associare il suo brand a tutte le competizioni Uefa per club e per nazionali, con un contratto valido fino a Euro 2024. Il quartier generale del colosso energetico russo, controllato di fatto dallo Stato, è proprio in un grattacielo dell'ex capitale dell'impero zarista. In ballo resta la Supercoppa Uefa del 2023 per quale è stata selezionata la Ak Bars Arena di Kazan. La Uefa ha anche annunciato che i club e le nazionali russe e ucraine che gareggiano in competizioni internazionali devono disputare le partite casalinghe in sedi neutrali “fino a nuovo ordine”.
Gazprom
Il vero tallone d’Achille per il presidente Alexander Ceferin è proprio il contratto con Gazprom. Va detto che dall'inizio degli anni Duemila, le politiche di espansione energetica di Gazprom hanno fatto leva in maniera scientifica anche sul soft power calcistico. Dopo essere divenuto proprietario dello Zenit San Pietroburgo, infatti, il gruppo che detiene le maggiori riserve di gas naturale del mondo pari a una quota globale del 16%, è diventato main sponsor dello Schalke 04 e della Stella Rossa (oltre ad esserlo stato per diversi anni del Chelsea di Roman Abramovich). Il munifico sodalizio con il club di Gelsenkirchen, città cruciale nello scacchiere energetico europeo, è cominciato in vista della realizzazione nel 2011 del Nord Stream 1, il gasdotto da oltre 1.200 chilometri posato sul fondo del Mar Baltico (completato nel settembre del 2021) per trasportare direttamente il gas russo in Europa occidentale, attraverso la Germania. Quello con il team di Belgrado è stato firmato intorno al 2010. Qualche anno dopo, in una fase in cui sempre, nell’ottica di bypassare l'Ucraina, Gazprom ambiva a far arrivare un secondo gasdotto in Serbia attraverso il Mar Nero, era trapelata perfino l’ipotesi che Gazprom acquistasse la Stella Rossa.
Il dietrofront dello Schalke 04
Alla vigilia dell’invasione russa, a Berlino il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato la sospensione dell’autorizzazione al Nord Stream 2 (vale a dire il progetto aggiuntivo completato nel settembre del 2021 per raddoppiare la capacità annua di trasporto del gas fino a 110 miliardi di metri cubi) di cui Gazprom - fatturato annuo da 150 miliardi di dollari - è sempre l’azionista di maggioranza. Lo Schalke 04 ha scelto di dare un segnale forte di solidarietà al popolo ucraino sotto attacco, obbligando alle dimissioni dal proprio consiglio di sorveglianza, dove sedeva dal 2019, il ceo di Nord Stream 2, Matthias Warnig (finito peraltro nella lista nera degli Usa) e soprattutto oscurando la scritta Gazprom sulle proprie maglie e di fatto rinunciando ai soldi assicurati fino al 2025 (nove milioni all'anno in seconda divisione e 15 milioni a stagione più tre milioni di bonus nell'eventualità di una promozione). Una scelta il mondo politico occidentale vorrebbe replicata dalla Uefa.
Club nella lista nera
Intanto le sanzioni degli Usa colpiscono direttamente pure il mondo del calcio. Nella lista nera di Washington è finito il Cska Mosca. Sei volte vincitore della Prem'er Liga, nonché primo club russo a vincere una competizione europea dopo la dissoluzione dell’Urss (la Coppa Uefa del 2004), il Cska è controllato dalla banca d'affari Vnesheconombank (VEB), finita nel mirino del Department of the Treasury's Office of Foreign Assets Control (Ofac). L'acquisizione delle quote di maggioranza del Cska Mosca da parte della banca VEB risalgono alla fine del 2019, quando le ha rilevate dalla società Bluecastle Enterprises Ltd. Già da tre anni, il club giocava le partite casalinghe nel nuovo stadio, ribattezzato VEB Arena nel 2017 a seguito della cessione dei naming rights alla banca che ne aveva finanziato la costruzione. Il 22 aprile 2020, la stessa VEB ha annunciato di aver concluso l’acquisizione del 77,63% delle quote del Cska Mosca come parte della conversione del debito nel capitale del club, rimanendone tutt'oggi come principale azionista. Un'operazione necessaria «per risolvere la questione sul debito del club», come dichiarato all'epoca dal presidente di VEB, Igor Shuvalov. Va detto che il sistema sportivo russo è basato prevalemente sulla proprietà dei club (quindi anche non calcistici) da parte di corporation legate a enti pubblici, parastatali e dunque sotto il controllo della politica. A parte lo Zenit San Pietroburgo della Gazprom, lo Spartak Mosca appartiene alla Lukoil, il principale produttore petrolifero del paese. Intrecci su cui oggi il mondo dello sport, Fifa, Uefa e Cio non possono non interrogarsi.
Gli oligarchi
L’uso del calcio europeo come lavatrice di immagine, “sportwashing” è stato promosso da molti oligarchi russi, a partire dal più noto Roman Abramovich, il proprietario, fra tante cose, dal 2003 de Chelsea Football Club, ripetutamente nel mirino dei politici inglesi che oggi tornano a chiederne l’estromissione dalla Premier League. Anche un altro oligarca russo possiede un club nel Regno Unito il Bournemouth controllato da Maksim Demin, magnate del settore petrolifero e bancario. Dmitrij Rybolovlev, un altro oligarca russo, invece, è il proprietatio del Monaco, che ha fatto fortuna vendendo fertilizzante al potassio, portato a vincere il titolo di campione di Francia nella stagione 2016/17.
Eventi e sport a rischio
Il calendario dell’Eurolega di basket è stato stravolto con la sospensione delle partite che coinvolgono le tre squadre russe (Bayern-Cska, Baskonia-Kazan e Zenit San Pietroburgo-Barcellona). Il problema potrebbe diventare però strutturale viste le minacce ai paesi baltici. I lituani dello Zalgiris di Kaunas hanno annunciato che non giocherà le partite contro le squadre russe fino a fine stagione e chiederanno che lo stesso facciano tutti gli altri club di Eurolega. L’Olimpia Milano martedì 1 marzo dovrebbe giocare ad Assago contro i russi del Kazan. Intanto La squadra estone di Kalev si è ritirato dalla dalla Vtb League, la lega transnazionale che raggruppa team russi, bielorussi, kazaki, lettoni ed estoni. Problemi analoghi si pongono nel mondo per le competizioni europee ddi volley, con i club che devono giocare in trasferta in Russia (come Monza e Perugia) che hanno chiesto di poter giocare in n campo neutro. Per di più il Mondiale maschile è in programma ad agosto in Russia. Sul GP di F1 a Sochi è in programma il 25 settembre si sono espressi diversi piloti. Sebastian Vettel è stato chiaro: «Penso sia orribile quello che sta accadendo, mi dispiace per gli innocenti che perdono la vita per motivi stupidi. La mia decisione l'ho già presa: penso che non dovremmo andare lì a correre, anzi di sicuro non ci andrò». Situazione tutta da decifrare quella della Haas, scuderia americana che corre coi capitali russi dell’Uralkali di Dmitry Mazepin, padre del pilota Nikita.
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