L’analisi

Finanza sostenibile, occhio alle date (e ai contenuti)

di Vitaliano D'Angerio

(REUTERS)

2' di lettura

C’è molto lavoro in questi giorni per gli uffici di compliance dei grandi gruppi di risparmio gestito. Il regolamento sulla trasparenza della finanza sostenibile (Sfdr) è una specie di Moloch che tutti, prima o poi, dovranno affrontare.

Il 10 marzo è una data importante, un po’ depotenziata (e ora spiegheremo il perché): vedrà l’entrata in vigore di uno dei due “corpi” normativi che modelleranno i prodotti di risparmio green. Il regolamento Sfdr appunto. L’altro sistema di norme è relativo alla tassonomia, la classificazione verde delle attività economiche: in questo caso però c’è tempo fino al termine del 2021.

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In realtà c’è ancora un po’ di margine anche per il regolamento Sfdr. La normativa di secondo livello, i cosiddetti standard tecnici regolamentari (Rts), sono stati messi a punto soltanto giovedì scorso dalle tre authority europee Eiopa (assicurazioni), Eba (banche), Esma (mercati). Sono 194 pagine fitte di spiegazioni, regole e qualche dubbio interpretativo che alla fine dovrà sciogliere la Commissione Von der Leyen. Entro tre mesi l’organo esecutivo di Bruxelles dovrà approvare il documento delle authority che, a loro volta, hanno suggerito di rimandare l’entrata in vigore degli Rts a inizio 2022, in contemporanea con la tassonomia.

Il 10 marzo, dunque, i soggetti destinatari del regolamento trasparenza (banche, assicurazioni, Sgr, consulenti, fondi pensione e altri) dovranno inserire nei propri siti web e nell’informativa precontrattuale, come intendono integrare i rischi di sostenibilità nelle politiche di investimento. Toccherà al risk manager della società spiegare come intende gestire i potenziali rischi di eventi avversi all’ambiente, al sociale e alla governance (Esg). Situazioni che possono impattare sui rendimenti dei prodotti in gestione o offerti in consulenza.

Questo il primo ineludibile passaggio di primavera. Poi la Commissione Ue, preso atto dei ritardi causati dalla pandemia, dovrà stabilire quando andranno a regime gli altri due elementi chiave: spiegare come le attività e i prodotti (di Sgr, banche, assicurazioni etc.) potranno impattare in modo negativo sui fattori di sostenibilità. Che sono sempre gli stessi: ambiente, sociale e governance. Infine c’è l’ultimo livello di trasparenza relativo ai singoli prodotti che perseguono obiettivi di sostenibilità (articolo 9) o che semplicemente li promuovono (articolo 8). Anche qui fioccano gli interrogativi a cui le authority hanno tentato di rispondere nel tomo da 194 pagine.

Tanto basta per dedurre che la finanza sostenibile non è una passeggiata e non si ridurrà a un paio di etichette (Esg, Sri, Ecolabel) da spiegare al cliente investitore. È molto di più. Ecco la necesstià di un percorso di formazione che alcuni stanno già realizzando. È il caso di Efpa Italia che ha chiuso la prima sessione di certificazione per Esg Advisor con i risultati confortanti; l’esame è stato superato dall’87% dei partecipanti. C’è da studiare dunque ma l’obiettivo è di quelli importanti: un pianeta migliore e una clientela soddisfatta.

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