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Finanze aziendali, è l’ora di intelligenza artificiale e machine learning

I top manager danno sempre più fiducia alla tecnologia e nel 73% dei casi affermano di fidarsi dell’intelligenza artificiale più di sé stessi

di Gianni Rusconi

4' di lettura

È “giusto”, per un manager, fidarsi più degli strumenti di intelligenza artificiale (AI) che non della propria capacità ed esperienza per gestire le finanze aziendali? Giusto o meno, le indicazioni che emergono da uno studio condotto da Oracle (Money and Machines: 2021 Global Study) su un campione di 9mila fra uomini d’impresa e privati cittadini di 14 diversi Paesi ci dicono che la pandemia da Covid-19 ha sensibilmente aumentato la preoccupazione delle persone rispetto ai temi finanziari e ha portato a rimodellare il ruolo e le priorità di professionisti e consulenti finanziari in ambito aziendale.

Ciò che emerge dalla ricerca, in altre parole, è la percezione di un elevato livello di positività verso il potenziale della tecnologia per gestire le scelte finanziarie e la conseguente necessità, per chi opera all’interno di un’organizzazione, di abbracciare maggiormente l’uso di strumenti innovativi (bot, applicazioni, sistemi alimentati da algoritmi e machine learning) per restare rilevanti.

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La pandemia, come detto, ha da parte propria contribuito in modo sostanziale al cambiamento di scenario. Fra i manager aziendali, fattori come ”ansia finanziaria” e stress sono infatti aumentati del 186%, la negatività del 116%; il 90% si dice inoltre preoccupato per l’impatto della Covid-19 sulla propria azienda per ragioni che vanno dalla possibilità di una ripresa economica più lenta alla chiusura dell’attività passando per i tagli di budget.

In questo quadro di incertezza (finanziaria), molti responsabili aziendali ammettono quindi di voler dare sempre più fiducia alla tecnologia e nel 73% dei casi affermano di fidarsi di un agente di intelligenza artificiale più di sé stessi. E ancora. Il 77% di loro conferma di volersi affidare a questo tipo di strumenti preferendoli ai collaboratori del team finance, mentre l'89% li vede come soluzione ideale per migliorare alcuni specifici processi, come la rilevazione di eventuali frodi, la gestione delle fatture e l’elaborazione di analisi costi/benefici.

Il 56% dei manager intervistati, infine, ritiene che i robot-software sostituiranno i professionisti del finance in azienda nell’arco dei prossimi cinque anni, l’85% auspica un supporto tecnologico per attività quali il budgeting, il reporting e la gestione del rischio e il 40% è dell'idea che gli addetti “umani” debbano focalizzarsi su processi come la comunicazione con i clienti, la negoziazione di sconti o l’approvazione di transazioni.

Il ruolo dei professionisti e dei consulenti finanziari, questo l’assunto a cui è giunto lo studio, non sarà dunque più lo stesso e per adattarsi alla crescente importanza della tecnologia queste stesse figure sono chiamate a sviluppare nuove competenze. Circa la metà delle organizzazioni oggetto di indagine, del resto, ricorre già all’intelligenza artificiale per gestire i processi finanziari e la quasi totalità dei manager del finance è convinto che le aziende andranno in contro a rischi quali la perdita di competitività, una reportistica non accurata e una ridotta produttività dei lavoratori, se non dovessero ripensare in tempi brevi i modelli operativi di loro competenza.

A detta di Luisella Giani, Emea Industry Strategy Director Artificial Intelligence di Oracle, ci sono diversi aspetti da considerare per inquadrare il fenomeno. Uno dei più importanti è di carattere semantico, legato al fatto che in discussione vi sono algoritmi già utilizzati in modo pervasivo a supporto della pianificazione finanziaria, della definizione di scenari “what if” e dell’analisi di grandi quantità di dati per ottimizzare il processo decisionale ed elaborare modelli complessi.

Un secondo aspetto riguarda la fortissima accelerazione della digitalizzazione, spinta da un consumatore già digitale e indotto ad esserlo sempre di più. Un terzo elemento di riflessione è invece culturale. “Si parla spesso del timore dei manager nei confronti dell’intelligenza artificiale e del machine learning - spiega in proposito Giani - e si crede che questi strumenti siano sostitutivi della figura umana, ma è una considerazione impropria.

La preoccupazione emerge soprattutto quando l’algoritmo entra in campo per svolgere attività ripetitive e standard e quindi occorre fare un salto in avanti culturale, perché l’utilizzo della tecnologia, a differenza del passato, è oggi più semplice e l’AI è integrata nel software gestionale che controlla i planning”. La percezione che solo grazie agli algoritmi si possano svolgere determinate attività e processi è non a caso sempre più diffusa e alcuni Paesi, Regno Unito in testa, sono probabilmente più avanti rispetto all’Italia in questo processo di comprensione.

Il top management delle imprese della Penisola, come conferma la manager di Oracle, ha però capito che l’adozione delle nuove tecnologie è necessaria per adattare l’organizzazione e guidare gli eventi in questo periodo di discontinuità, cogliendo le nuove opportunità che si sono generate.

“Lo step finale per considerare l’intelligenza artificiale uno strumento di uso quotidiano per un Chief financial officer - ha concluso Giani - è la consapevolezza che questo diventi concretamente un supporto per la sua attività, anche tramite lo smartphone. Siamo solo all’inizio, ma presto entreremo in modo naturale in una fase di bilanciamento fra risorse umane e algoritmi, a cui delegheremo sempre più attività”.

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