Finora soltanto sforzi inutili
Il divario tra obiettivi e realtà, in termini di impatto ambientale, sta aumentando. E raggiungere i parametri di riduzione delle emissioni non sarà semplice
di Emanuele Bompan
3' di lettura
«Ambizione, ambizione, ambizione, ambizione!». Durante la fallimentare conferenza sul clima di dicembre, Cop25, il segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, ha ribadito infinite volte la necessità di aumentare la sfida per ridurre le emissioni di CO2 per mantenere l'aumento medio delle temperature ben al di sotto dei 2 °C. «Sono deluso, la comunità internazionale ha perso un'importante opportunità per mostrare una maggiore ambizione. Ma non ci dobbiamo arrendere, io non mi voglio arrendere», ha commentato alla fine dei lavori.
La politica non ha abbastanza spinta dal basso per agire e tutti gli sforzi profusi non sono serviti a nulla. Secondo l'Onu, il divario tra dove dovremmo essere per ridurre il nostro impatto e la realtà sta aumentando. E l'Italia c'è dentro fino al collo: il Climate Risk Index 2020 dimostra che siamo sesti nella classifica mondiale per morti correlate agli effetti perniciosi del cambiamento climatico, dalle inondazioni alle ondate di calore. E ci sta costando una fortuna: 14 miliardi persi nel settore agricolo nel 2018, e due punti di Pil bruciati dal 1999.
Che fare? Nel 2020, tutti i Paesi firmatari dell'Accordo di Parigi sul clima dovranno presentare nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni e di adattamento al clima da raggiungere entro il 2025. L'Accordo, infatti, chiede ogni 5 anni di fissare obiettivi più ambiziosi. Ora è tempo di agire. Più si agisce tardi, più costerà rimediare. Serve rivedere il nostro budget della CO2 generata da 1.200 soggetti ad alte emissioni (operatori aerei, impianti termoelettrici industriali, manifatture e impianti di produzione, stoccaggio e trasporto) e dai consumi dei cittadini e imprese. Come Italia, abbiamo attualmente un obiettivo di riduzione emissioni del 33 per cento al 2030 (con riferimento al 2005 come base), negoziato a livello europeo attraverso una condivisione degli sforzi per raggiungere collettivamente una riduzione del 40 per cento. La Commissione, varando il “Green Deal”, dovrà fissare un nuovo obiettivo comunitario di riduzione di gas serra del 55 per cento al 2030. Un target non semplice per l'Italia. «I vecchi obiettivi ci agevolavano e la crisi del 2008 ha contribuito al raggiungimento dei goal. Dal 2020, però, si deve cambiare marcia», spiega Stefano Caserini, professore del Politecnico di Milano e membro di Italian Climate Network. «Non è più il momento di procrastinare. Serve davvero un Decreto Clima omnicomprensivo».
Dalla Cop25 non arrivano nemmeno i meccanismi della finanza climatica, che avrebbero permesso di acquistare quote di emissioni, aiutando così chi fa più fatica a ridurre le emissioni industriali. Bisogna investire nel settore energetico. «Una delle strategie centrali per l'Italia è il taglio dei sussidi alle fonti fossili», che in Italia pesano per 18,8 miliardi di euro, spiega Annalisa Corrado, di Kyoto Club. Soldi che servono a sovvenzionare carburanti inquinanti. «Ovviamente i tagli devono essere realizzati in maniera progressiva, tutelando posti di lavoro. Ma non possono essere rimandati». Si spinge anche per una carbon tax, sotto forma di dazi per i prodotti importati da Paesi che non stanno facendo nulla per il clima, come il Brasile, favorendo così i prodotti “Made green in Italy”.
C'è poi il mondo delle rinnovabili, in Italia fermo dal 2014. Secondo Sergio Ferraris, direttore di QualeEnegia, dati i nuovi obiettivi servirà mettere mano al PNIEC, il Piano nazionale integrato energia e clima. «Timido e insufficiente per i nuovi target. Bisogna puntare su un piano di politica industriale che faccia perno sulle rinnovabili». Nel piano attuale, il fotovoltaico passerà da 19 a 50 gigawatt installati e l'eolico da 9 a oltre 18 gigawatt. Bisogna fare molto di più. Però manca un quadro autorizzativo che sostenga eolico&solare, l'attuale è vecchio di 10 anni. Un grande aiuto arriverà dall'agricoltura e dai mari. «Rigenerare il suolo ha il duplice effetto di assorbire la CO2 e di rendere il suolo più resiliente e più fertile», spiega Massimo Centemero, direttore del Consorzio Italiano Compostatori.
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