ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùContrattazione aziendale

Fiom, a Bologna prime intese sul lavoro 4.0

Dalla flessibilità al lavoro digitale allo smart working: firmati accordi apripista in Ima a larghissima maggioranza su formazione, inquadramento professionale, orari. Accordo anche in Gd-Coesia sullo smart working

4' di lettura

Nonostante il dimezzamento delle previsioni di crescita economica, la guerra russo-ucraina, la minaccia di un'imminente stagflazione, in Emilia-Romagna è in atto da mesi un febbrile lavoro di rinnovi contrattuali di secondo livello nelle aziende metalmeccaniche, «un segnale che leggiamo come ottimismo sul futuro da parte delle medie e grandi imprese, che dopo due anni di stasi per l'emergenza Covid stanno tornando a scrivere accordi apripista in Italia su temi chiave per l'Industria 4.0 quali l'assistenza tecnica da remoto, lo smart working volontario e i permessi a maglie larghe per conciliare vita e lavoro», premette Michele Bulgarelli, segretario generale Fiom Cgil di Bologna, il sindacato che ha l’85% della rappresentanza nelle Rsu nel capoluogo con una media dell'80% lungo tutta la via Emilia.

Qui, contratti come quelli da poco siglati in Ima sui servizi digitali in remoto o quello sulla flessibilità in Gd Coesia (i due giganti mondiali nel settore macchine packaging), ma anche l'accordo sulla formazione trasversale in Bonfiglioli (motoriduttori) con corsi sulla crisi climatica e le diversità sono destinati a diventare un riferimento per il Paese, così come negli scorsi anni lo sono diventate le 7 ore di lavoro pagate 8 per i turnisti o sistemi di calcolo di integrativi e premi di risultato che fino all'emergenza Covid permettevano ai metalmeccanici bolognesi di guadagnare in media 6mila euro in più l'anno rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale. Con l'ulteriore beneficio che la contrattazione segue la filiera produttiva e si sta allargando anche a piccole realtà, come la Grb di Castel Maggiore.«Il progetto Ima Digital, per la trasformazione digitale del gruppo, è partito prima del Covid di fronte alla crescente complementarietà tra lavoro tradizionale e strumenti digitali innovativi nel manufacturing, ma è stata la pandemia ad accelerare i processi, ora anche la guerra. Basti pensare che se prima del Covid avevamo qualche decina di lavoratori su oltre 6mila che ricorreva allo smart working, dal 2020 ci siamo ritrovati con 1.500 dipendenti collegati da remoto ogni mese», è la premessa che fa Massimo Ferioli, direttore Organizzazione di Ima Group, per spiegare il contesto in cui è partita la trattiva con lavoratori e sindacati per istituzionalizzare nella packaging valley l’assistenza da remoto, al posto delle trasferte via aereo, un tema strategico per chi costruisce impianti di automazione ad altissima complessità installati e manutenuti in tutto il mondo (in Ima su 1,7 miliardi di fatturato l'87% è export). L'accordo firmato tre mesi fa in Ima a larghissima maggioranza regolamenta formazione, inquadramento professionale, orari di lavoro, sicurezza e reperibilità dei montatori meccanici che non usano più le loro “mani d'oro” ma guidano le mani di un collega lontano (con relativo riconoscimento economico e di riposi compensativi ben oltre i livelli del Ccnl e sempre su base volontaria).

Loading...

«Non abbiamo avuto modelli cui ispirarci – fa notare Ferioli – e proprio perché consideriamo sperimentali, sia per noi sia per il sindacato, queste attività di servizio da remoto e i relativi accordi, nella contrattazione lasciamo le porte sempre aperte. Battaglie continue e accese con la controparte sindacale non minano la consapevolezza di entrambi che lavoriamo per lo stesso obiettivo e che l'aspetto più importante è misurare e condividere i risultati». Un accordo non semplice quello sull'assistenza da remoto, con telecamere presso il cliente e occhiali e strumenti di realtà aumentata in Ima, dove è dovuto passare il concetto che non c'era un cambio di mansione discriminante per i montatori meccanici e che non diventavano un'appendice della macchina, bensì la possibilità per loro di operare in modo nuovo, dove alla sensibilità delle mani si sostituisce quando serve la conoscenza linguistica, con un upgrade di competenze «tanto da aver previsto formazione per tutti e un inquadramento minimo di 5° livello super», precisa Ferioli.

«In Gd- Coesia invece – aggiunge il segretario Fiom – abbiamo siglato un contratto apripista sullo smart working e la flessibilità, all'interno del capitolo della conciliazione, costruendo un nuovo modello, totalmente su base volontaria, con fino a 8 giorni al mese di lavoro agile, il riconoscimento del buono pasto, il diritto alla disconnessione, la flessibilità di luogo e orario allargando i permessi per visite mediche anche a familiari e conviventi».

«Bologna ha una cultura nella contrattazione aziendale con cui è in grado di anticipare, promuovere e sostenere istanze che entreranno solo in un secondo momento a far parte della strategia sindacale a livello nazionale», si legge nello studio appena pubblicato dal Mulino «Il lavoro operaio digitalizzato. Inchiesta nell’industria metalmeccanica bolognese». Non a caso la contrattazione di secondo livello raggiunge il 60% delle aziende nel Bolognese (con punte dell'80% nelle imprese con più di 100 addetti) contro il 20-30% di media nazionale, con trattative che ai ricchi aspetti economici affiancano testi apripista sul versante normativo. «Oltre agli accordi che “fanno opinione” – conclude Bulgarelli – stiamo firmando decine di accordi sullo smart working, i primi contratti di secondo livello in piccole realtà della filiera e rilanciando accordi in aziende storiche uscite da situazione di crisi, come la Motori Minarelli e le ex Sampingranaggi e Samp Machine Tools dopo il fallimento Maccaferri».

Riproduzione riservata ©

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti