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Fisco d’autunno, tre gli obiettivi da centrare

Tra un mese, il 20 settembre, gli esperti dovranno consegnare le prime proposte di intervento

di Marco Mobili e Salvatore Padula

Fisco, dal taglio Irpef ai controlli cosa cambia (e per chi) con la riforma

5' di lettura

Che fisco porterà l’autunno? Che fisco porterà il nuovo anno? Domande scontate, si dirà. Con il disegno di legge delega per la riforma tributaria fresco di approvazione definitiva e di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è evidente che la priorità, non solo dei prossimi mesi ma persino dei prossimi due anni, sarà la completa attuazione del riordino. E il fisco sarà chiamato alle acrobazie per far convivere tre diverse esigenze, tra loro fortemente intrecciate:
1) l’attuazione della delega, appunto, con il varo dei primi decreti delegati, inizialmente almeno per le parti che non richiedono risorse aggiuntive;
2) la manovra di bilancio che servirà (anche) per finanziare l’attuazione di quelle parti di delega che richiedono coperture finanziarie;
3) l’adeguamento a impegni internazionali, con riguardo sia all’Ocse/Ue sia al Pnrr, in parte pure “aggregati” alla delega.

Il percorso della delega

Sull’attuazione della legge 111/23 (che entrerà in vigore il 29 agosto) sono già al lavoro le 13 commissioni volute e nominate dal viceministro del Mef, Maurizio Leo. Ed esattamente tra un mese - il 20 settembre - gli esperti dovranno consegnare le prime proposte di intervento.

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La legge annuncia importanti riduzioni di imposte, invero non quantificate, ma il provvedimento è certamente ricco di misure la cui attuazione non richiede ulteriori risorse. Ci sono i testi unici (per altro, con tempi piuttosto stretti perché la delega concede 12 mesi per il varo dei decreti e non i 24 mesi previsti per tutte le altre norme). Ci sono poi le semplificazioni e, più in generale, le norme che riguardano i procedimenti: quelli relativi all’amministrazione, agli adempimenti, all’accertamento, alla riscossione, ai rimborsi e al contenzioso. È plausibile pensare che proprio da qui il governo voglia partire.

Quando arriveranno i primi testi unici

I primi testi unici potrebbero arrivare verso fine anno o entro la prima parte del 2024. Qualcosa si potrà rapidamente fare, a esempio, per il riordino del calendario degli adempimenti, affollato di oltre 1.500 scadenze. Si parla anche di rateizzazione degli acconti di novembre entro il tetto di 500mila euro. Ma certamente il governo cercherà di far decollare già per il prossimo anno il concordato preventivo e l’adempimento collaborativo (con il sistema della certificazione del rischio fiscale) nella convinzione - come più volte ha ribadito il vice ministro Maurizio Leo - che «l’evasione va intercettata prima che si realizzi».

Ci sarà una fase sperimentale?

Non sappiamo ancora se si opterà per una fase sperimentale. Di certo, in particolare, per il concordato biennale sarà indispensabile un super impegno della macchina amministrativa: l’agenzia delle Entrate, in primo luogo, che dovrà inviare milioni di proposte di concordato e poi gestire centinaia di migliaia (milioni?) di “contraddittori semplificati” con i contribuenti. Ma anche Sogei e Sose, le strutture che dovranno predisporre le procedure informatiche che - insieme agli Isa - serviranno per generare le proposte da sottoporre ai contribuenti.

A meno che, ovviamente, il concordato preventivo biennale (ovvero l’accordo tra amministrazione e contribuenti per definire per un biennio la base imponibile e le imposte da pagare) non si riveli semplicemente un invito a “prendere o lasciare”, una specie di anticipazione del sistema degli Isa all’inizio dell’anno - anzi del biennio -– fiscale. Sarebbe però un esito che finirebbe per rafforzare le perplessità di chi critica questo sistema, accusandolo di non contrastare l’evasione: ad accettare il concordato biennale sarebbero solo coloro i quali ne avrebbero un evidente risparmio di tasse e verrebbero compromessi i (pur minimi) progressi fatti in termini di riduzione dell’evasione, progressi puntualmente quantificati nelle ultime relazioni governative su evasione e sommerso.

La riduzione del peso fiscale

La delega, però, non è solo procedure e semplificazioni. La delega è anche la promessa elettorale, ora scritta nel testo di legge, di ridurre il peso del fisco: di alleggerire l’Irpef per arrivare alla flat tax, attraverso una prima riduzione del numero delle aliquote, con la tassazione leggera sulle tredicesime dei dipendenti e sui premi di produttività. È la promessa di superare l’Irap; di introdurre l’Iri, l’imposta opzionale al 24% per eliminare le differenze di tassazione tra società di persone e società di capitali; di ridurre il carico fiscale sulle società.

E qui si arriva alla seconda tessera del mosaico autunnale del fisco: la manovra finanziaria. O, se si preferisce, qui si arriva alla vera incognita che pesa su una parte importante della riforma: dove si trovano le risorse? Quante ne occorrono?

La legge di Bilancio

Il vice ministro Leo ha sempre affermato che la nota di aggiornamento al Def avrebbe indicato lo spazio finanziario da destinare alla delega. Ora quasi ci siamo. Non tutto deve essere fatto subito, questo è evidente. Ma qualcosa il governo vorrà avviare. Il primo modulo dell’Irpef (da quattro a tre aliquote), del quale molto si parla, potrebbe costare intorno ai 4 miliardi di euro. Risorse potrebbero certo arrivare dal riordino delle tax expenditures, pure previsto dalla delega. Ma le difficoltà di questi interventi sono arcinote, e rischierebbero di creare tensioni anche all’interno della stessa maggioranza.

Senza risorse aggiuntive, però, ogni intervento rischia di essere congelato. Il Sole 24 Ore ha stimato in almeno 30 miliardi di euro le spese da coprire per l’intera manovra finanziaria, incluse quelle per l’Irpef e inclusi alcuni interventi che rappresentano le priorità ancora di recente ribadite dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: cuneo fiscale da rinnovare (9-10 miliardi); premi e benefit detassati (1-2 miliardi); sostegni alle famiglie per l’energia (circa 1 miliardo). Poi un altro lungo elenco di spese, dalle pensioni alla sanità. Con soli circa 6 miliardi di risorse disponibili: il che porterebbe a 24-25 miliardi il gap da finanziare. Naturalmente, la questione risorse è anche centrale per capire se, al di là dell’attenzione per le persone fisiche, il governo riuscirà ad avviare una prima fase di riduzione delle imposte per le attività economiche. Ci sarà un’accelerazione per l’Iri? Si potrà fare il riordino degli incentivi alle imprese, come il settore chiede da tempo?

Gli impegni internazionali

Infine, la terza esigenza autunnale, che si intreccia con l’attuazione della delega e che deriva da impegni internazionali. Con il prossimo anno si applicherà la Global minimum tax, sulla quale il governo dovrà rapidamente predisporre e varare i provvedimenti di attuazione, che saranno presto messi in consultazione. Non sarà un passaggio semplice perché la trasposizione nel nostro sistema della direttiva europea, che recepisce le indicazioni dell’Ocse e fissa i paletti del nuovo sistema per la tassazione dei grandi gruppi multinazionali, presenta svariate criticità, già all’attenzione del viceministro Leo.

C’è poi il Pnrr. Un primo impegno, inderogabile, è quello di mandare a regime la riforma del contenzioso, integrando la legge 130/2022 con le linee fissate nella delega, per tagliare i tempi dei processi. Infine, c’è un’incognita su un ulteriore impegno previsto dal Pnrr: la riduzione del tax gap. È vero che tra le modifiche richieste dal governo a Bruxelles sul Pnrr c’è anche un rallentamento della riduzione del tax gap a favore di un maggior impegno sulla compliance. Ma ancora non è possibile sapere se Bruxelles accetterà la richiesta italiana. Il che può rappresentare un problema: perché se non si raggiungesse l’obiettivo della riduzione della “propensione all’evasione”, si metterebbe a rischio l’arrivo di (altri) fondi europei.

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