Opinioni

Fisco, dall’emergenza covid-19 alle riforme di tipo strutturale

di Guglielmo Maisto

3' di lettura

Il governo ha suddiviso la reazione normativa alla pandemia in quattro fasi, l’ultima delle quali dovrà coincidere con il ritorno alla normalità. Esiste un percorso a tappe anche per la fiscalità? E ancora. Si ipotizza che in ogni caso le nostre consuetudini di vita lavorativa e personale cambieranno forse anche radicalmente. Sarà così anche per il Fisco? Cosa ci suggerisce l’esperienza del Covid-19?

Tra gli interventi straordinari adottati dal governo per fronteggiare l’emergenza ci sono stati anche quelli fiscali, incentrati principalmente sulla sospensione dei termini di pagamento dei tributi. Si tratta di misure per lo più rivolte alla platea dei piccoli contribuenti e delle piccole imprese. Quali misure contingenti, hanno durata limitata e, pur non potendosi escludere ulteriori proroghe, non dovrebbero andare oltre pochi mesi.

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Con queste premesse c’è da domandarsi se possano essere considerate misure strutturali destinate a sopravvivere al superamento dello stato di crisi e che trovino nell’emergenza le ragioni o, meglio, l’opportunità per miglioramenti virtuosi e permanenti del sistema tributario. Interventi programmati oggi per le fasi successive sino alla quarta, ma anche oltre; posto che ragionevolmente il ritorno alla normalità per l’economia richiederà tempi più lunghi rispetto a quelli necessari per il superamento dell’emergenza sanitaria. In un ventaglio di proposte che possiamo immaginarci assai ampio a seconda del comparto economico e sociale nel quale si vuole intervenire, ne possiamo individuare tre, tutte incentrate sul mondo dell’impresa.

Una prima misura riguarda l’esigenza di spostare liquidità all’interno dei gruppi d’impresa per interventi mirati sulle società che, in ragione del comparto economico o della loro collocazione geografica, sono state più colpite dalla pandemia. Dovrebbero quindi essere eliminati gli ostacoli (ivi inclusa la tassazione) ai trasferimenti di riserve di utili pregressi all’interno dei gruppi, penalizzati anche dalle recenti norme che escludono dai finanziamenti a garanzia pubblica le società che effettuano distribuzioni (ovvero che fanno parte di gruppi nell’ambito dei quali talune società hanno deliberato distribuzioni di utili) anche quando queste non sottraggono risorse, restando all’interno del perimetro imprenditoriale. Un “ritorno a casa” premiale eventualmente limitato nel tempo.

Nella stessa direzione dovrebbe essere colta l’esigenza di patrimonializzazione delle imprese, da incoraggiare con un potenziamento dei benefici fiscali già esistenti (amplificando, ad esempio, la deduzione di interessi nozionali prevista dalle norme sull’«aiuto alla crescita economica»).

Per gli oneri finanziari invece si dovrebbero allentare le attuali restrizioni alla deducibilità parametrate al reddito operativo lordo, sfruttando le possibilità di deroga previste a livello europeo.

Una panoramica sulle mosse adottate nelle scorse settimane da altri Stati può poi suggerire altri interventi. Ci si riferisce alle perdite che numerose imprese realizzeranno nell’esercizio 2020. È tutt’altro che certo che possano essere recuperabili nell’anno immediatamente successivo e quindi la possibilità di monetizzarle subito, compensandole con utili di esercizi pregressi riaprendo le relative dichiarazioni fiscali, sarebbe particolarmente efficace perché le imprese potrebbero in tal modo generare crediti d’imposta spendibili subito. È la strada seguita dal Coronavirus aid, relief, and economic security act, negli Stati Uniti. In Italia se ne era parlato anni fa, ma poi lo spunto è rimasto lettera morta. Anche la temporanea eliminazione dell’attuale limite quantitativo alla deduzione delle perdite di esercizi precedenti sarebbe di ulteriore giovamento alle imprese.

Quanto al mutamento delle consuetudini di vita legate all’emergenza Covid, è evidente l’esigenza di un incentivo, anche fiscale, nei confronti del lavoro agile (favorendo il passaggio da quello remoto a quello smart che non è il mero lavoro da casa, ma quello sostenuto da dotazioni di mezzi informatici e tecnologia adeguati, come schermi, tastiere e connessioni veloci). È anch’esso un intervento urgente da approntare prima che si perda la consuetudine al lavoro a distanza, sforzandosi di non creare un’altra poco comprensibile giungla legislativa. Forse mai come in questa emergenza abbiamo avvertito un’esigenza di semplicità nella redazione delle norme.

E, scorrendo i decreti di recente emanazione, si avverte il peso delle procedure e l’esistenza di poche regole sovrastate da tante eccezioni, deroghe di ogni tipo permanenti o temporanee, soggettive, temporali o territoriali che, anche considerando l’emergenza, costituiscono un più generale spunto di riflessione. Sarebbe quindi opportuno anche insistere dove possibile e nel rispetto dei princìpi costituzionali nella delega ai ministeri interessati o nella interpretazione di norme già esistenti per adattarle alla situazione contingente, piuttosto che ricorrere sempre al legislatore. Si garantirebbero tempi di reazione più rapidi, interventi mirati e concreti e non soggetti all’altalena degli emendamenti. Senza trascurare l’esigenza di una robusta partecipazione al dibattito destinato ad alimentare i tavoli internazionali tra i quali figura il recente intervento del Segretario generale dell’Ocse José Ángel Gurria che auspica una revisione globale post pandemia del sistema economico (non solo fiscale) ispirata a un green recovery.

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