Fisco e sanità, meglio l’Emilia o il Veneto? La realtà oltre le fake news
Addizionale Irpef e qualità dei servizi sanitari: un confronto tra Emilia-Romagna e Veneto mettendo alla prova le dichiarazioni dei candidati
di Greta Ardito*
5' di lettura
*Articolo tratto da lavoce.info
Domenica 26 gennaio si terranno le elezioni regionali in Emilia-Romagna e i riflettori sono puntati sullo scontro tra il presidente della regione uscente Stefano Bonaccini (Partito democratico) e la candidata leghista per la coalizione di centro-destra Lucia Borgonzoni. È il giorno che potrebbe decretare il destino della legislatura, almeno secondo Matteo Salvini, che in caso di vittoria ha promesso di presentarsi a Palazzo Chigi con una lettera di sfratto per il premier Conte. Mentre l'ex ministro dell'Interno si affaccendava per dare alla campagna elettorale un'impronta nazionale, un breve dibattito sul merito delle elezioni si è invece consumato negli studi di DiMartedì (La7).
Protagonisti del confronto il presidente Stefano Bonaccini e il direttore del quotidiano Libero Pietro Senaldi: Bonaccini: «Questa mattina la mia avversaria ha detto in una tribuna elettorale che lei se vincerà cancellerà l'Irpef e l'Irap. Uno che dice una cosa così vuol dire che non ha idea di cosa sta parlando». Senaldi: «I veneti non pagano l'Irpef addizionale e hanno una sanità migliore dell'Emilia-Romagna».
Due sono i nodi da sciogliere: è vero che in Veneto i contribuenti non pagano l'addizionale regionale all'Irpef? Ed è altresì vero che il Veneto può vantare una sanità superiore a quella dell'Emilia-Romagna?
Fiscalità veneta ed emiliano-romagnola
Non c'è modo di dirimere la prima questione senza bagnarsi i piedi nel pantano della fiscalità regionale. L'addizionale regionale all'Irpef, come si può facilmente intuire, è una quota tributaria aggiuntiva all'Irpef e si applica al reddito complessivo determinato ai fini Irpef. Il suo gettito concorre al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Entro i limiti fissati dalla legge statale, ciascuna regione (o provincia autonoma) ha spazio di manovra per modificare l'aliquota di base dell'addizionale all'Irpef, ed è qui che casca l'asino. A partire dal 2012, l'aliquota di base è pari all'1,23 per cento e in tutte le regioni, incluso il Veneto, si paga almeno questa aliquota minima.
Ecco quindi la prima falla nella dichiarazione sotto esame: non è esatto affermare che i Veneti non pagano per nulla l'addizionale all'Irpef. E se la candidata della destra Borgonzoni volesse abolirla, come promesso in campagna elettorale, dovrebbe trovare in altra parte del bilancio (ossia riducendo delle spese o aumentando altre entrate) il finanziamento corrispondente per la sanità. Giova ricordare che l'aliquota base dell'addizionale regionale all'Irpef rappresenta la quota di gran lunga preponderante dell'intero gettito dell'addizionale.
L’addizionale in Veneto...
Dopodiché, le regioni ordinarie hanno facoltà di maggiorare l'aliquota di base fino a 2,1 punti percentuali, mentre quelle a statuto speciale e le province autonome fino a 0,5 punti. Ma c'è di più: le regioni possono anche adottare una pluralità di aliquote crescenti applicate ai medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l'Irpef e possono disporre detrazioni di imposta e misure di sostegno economico diretto (se non sono impegnate in piani di rientro dal deficit sanitario). È in questi dettagli che il diavolo nasconde la sua coda: il Veneto, per esempio, ha scelto di adottare dal 2011 un'aliquota unica (in effetti, una flat tax) pari all'aliquota di base: 1,23 per cento. Non è da solo: anche Valle d'Aosta, Sicilia, Sardegna e le province autonome di Trento e Bolzano hanno deciso di applicare l'aliquota unica e di non maggiorarla. Inoltre, il Veneto prevede soltanto un'agevolazione per i soggetti disabili e per i contribuenti con un familiare disabile a carico sotto un certo reddito.
... e in Emilia
Diverso l'assetto fiscale dell'Emilia-Romagna che ha scelto di mantenere la struttura progressiva a scaglioni prevista per l'Irpef e di applicare aliquote crescenti: da 1,33 per cento per i redditi sotto i 15 mila euro (quindi 0,10 punti sopra l'aliquota di base) a 2,33 per cento per quelli sopra i 75mila, per finanziare interventi addizionali nel campo socio-sanitario.
Pietro Senaldi non è il primo a sostenere che in Veneto non ci sia l'addizionale all'Irpef. Lo stesso governatore Luca Zaia ha più volte rivendicato per il Veneto il primato di regione “tax-free”. Ma gli slogan per loro natura non raccontano mai tutta la verità: anche in Veneto si paga un'addizionale all'Irpef dell'1,23 per cento, che contribuisce al finanziamento della sanità; è vero che la regione non ha aumentato l'aliquota di base, pur avendone facoltà, ma non l'ha neppure ridotta né tantomeno azzerata.
La sanità in Veneto è migliore?
L'addizionale regionale all'Irpef è una delle fonti di finanziamento del fabbisogno sanitario, ma solo per la parte di gettito determinata dall'applicazione dell'aliquota di base. Questo significa che le manovre fiscali eventualmente attivate nelle singole regioni (come le aliquote crescenti per scaglioni di reddito in Emilia-Romagna) non influenzano i Livelli essenziali di assistenza (Lea), ossia le prestazioni sanitarie di base valutate dal ministero della Salute. Tenendo questo a mente, cosa si può dire della sanità in Veneto e in Emilia-Romagna?
Le classifiche vanno di gran moda in periodo di elezioni. Per valutare la situazione sanitaria delle regioni italiane si utilizza la griglia Lea. Che prende in considerazione 33 indicatori e ogni indicatore viene pesato dando luogo a un punteggio finale, che va da un minimo di -25 a un massimo di 225. Sotto la lente va un po' di tutto: dalla copertura vaccinale all'adesione agli screening, dal tasso di ospedalizzazione al numero di posti letto, dal numero dei parti cesarei ai tempi di reazione tra la chiamata al 118 e l'arrivo dell'ambulanza.
La classifica Lea 2018 è stata divulgata proprio recentemente. La vetta della classifica è in effetti del Veneto (con 222 punti su 225), ma sul podio al secondo posto si piazza nientemeno che l'Emilia-Romagna, che tallona il Veneto a distanza di un solo punto (221). È vero dunque che il Veneto assicura meglio di tutti in Italia i Livelli essenziali di assistenza, ma un unico punto di distacco va interpretato cum grano salis. A ben vedere, le due regioni avevano ottenuto lo stesso punteggio nella classifica del 2017 (218 punti, al secondo posto dopo il Piemonte), ma il ministero della Salute aveva rilevato per il Veneto una criticità nell'area delle vaccinazioni, che registrava uno scostamento rispetto al valore di riferimento. A ogni modo, parliamo delle prime due regioni in graduatoria e in entrambe la sanità è in termini comparativi eccellente.
Il verdetto
In campagna elettorale, si sa, vincono le frasi semplici: affermare che «i veneti non pagano l'addizionale all'Irpef» è semplice; spiegare che anche in Veneto, come nel resto d'Italia, si applica l'aliquota di base ma non è prevista maggiorazione (né riduzione) è meno suggestivo. Allo stesso modo, è più efficace dire che «la sanità in Veneto è migliore che in Emilia-Romagna», invece di osservare che le due regioni in base alla griglia Lea sono sostanzialmente alla pari e che un solo punto di distanza non è indice di migliore o peggiore qualità. Ma tant'è. La dichiarazione sulla sanità si merita un PARZIALMENTE FALSO, mentre quella sull'addizionale all'Irpef un FALSO.
Per approfondire
Voto in Emilia-Romagna: guida alle elezioni
Bonaccini-Borgonzoni: scintille sulla sanità
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