Fisco, per la riforma possibile obiettivo di 11 miliardi
Alla riforma del Fisco potrebbero andare fino a 11 miliardi tra fondi nuovi e risorse già stanziate. Ammortizzatori e welfare candidati a 6 miliardi, ma resta l'incognita pensioni
di Marco Rogari e Gianni Trovati
I punti chiave
3' di lettura
La riforma fiscale prova a prenotare quasi la metà dei 22 miliardi offerti alla legge di bilancio dall’effetto-crescita. In lista premono poi gli interventi per estendere gli ammortizzatori sociali e il welfare dopo la fase emergenziale, i nuovi fondi per il rafforzamento del sistema sanitario e gli incentivi agli investimenti privati.
Fissata nella Nota di aggiornamento al Def approvata mercoledì 29 settembre la cornice della manovra, ora il governo deve passare ai numeri. Finora il lavorio, intenso, si è sviluppato solo sul piano tecnico: perché il confronto politico fra le agende, molto diverse, dei partiti che compongono la maggioranza entrerà nel vivo solo la prossima settimana, una volta archiviato il primo turno delle amministrative in oltre 1.300 Comuni.
Su tutto l’impianto pesa una grossa incognita: legata alle pensioni, che con il 31 dicembre vedono tramontare Quota 100 prospettando uno scalone che ha bisogno di fondi per essere smussato.
Priorità agli interventi per la crescita
Il criterio con cui saranno selezionate le priorità è stato chiarito in modo esplicito dal premier Mario Draghi: sì alle misure che alimentino una crescita «equa, sostenibile e duratura», no agli interventi che non rispondono a questo requisito.
La chiave pro-crescita, nelle intenzioni espresse da Governo e Parlamento, sarà il centro della riforma fiscale. Che la prossima settimana partirà ufficialmente con il passaggio in Consiglio dei ministri della legge delega. Ma che, sul piano dell’attuazione, potrebbe essere anticipata in modo sostanzioso dalla manovra. Proprio grazie agli spazi prodotti dall’effetto-Pil al 6 per cento. Un aiuto che rende meno urgente la caccia ai fondi attraverso il riordino delle tax expenditures, compito che infatti sarà affidato alla delega come spiega il Rapporto sul tema allegato alla Nadef.
Gli spazi di manovra dell’effetto-Pil
La Nadef indica chiaramente la priorità assegnata dal governo al taglio al cuneo fiscale quando parla di «prima fase della riforma dell’Irpef» (pagina 54). Fin qui la casella della riforma aveva a disposizione per il prossimo anno solo 2,3 miliardi, quelli del fondo creato dalla manovra 2020 e non ipotecati dalla messa a regime dell’assegno unico.
Una cifra, questa, del tutto insufficiente per intervenire in maniera sensibile sull’Irpef, e in particolare sul carico riservato ai redditi medi dal salto di aliquota del 38 per cento. Proprio per questo le prime attenzioni del governo si erano concentrate sull’ipotesi di cancellare il contributo Cuaf (Cassa unica assegni famigliari), che costa 2 miliardi ed è a carico dei datori.
Il margine aperto dall’effetto-Pil potrebbe però aggiungere le risorse necessarie per partire subito con l’Irpef e stimate finora in almeno 7-9 miliardi. In un gioco in cui potrebbero rientrare anche i 4,357 miliardi del fondo, per ora «potenziale», alimentato dai risultati della lotta all’evasione.
Risorse necessarie per gli ammortizzatori sociali
L’ossigeno della crescita è vitale anche per mettere mano davvero alla riforma degli ammortizzatori sociali, fin qui discussa solo tra ministero del Lavoro e sindacati ma senza certezze sulle risorse. A questo capitolo, che comprenderebbe fra gli altri interventi anche il rifinanziamento della Naspi, potrebbero finire secondo i primi calcoli almeno 5 miliardi, a cui si aggiungerebbero i fondi liberati dal cashback (fino a 3 miliardi se il meccanismo fosse accantonato definitivamente).
L'uscita dalla crisi, che nello scenario della Nadef non contempla nuove restrizioni all’economia, richiede però un rafforzamento dei fondi alla sanità, anche per l'acquisto delle ulteriori tornate di vaccini. Mentre il pubblico impiego si attende dalla legge di bilancio il finanziamento alla riforma degli ordinamenti professionali, promesso dal Patto di Palazzo Chigi e al centro delle trattative con i sindacati, oltre ai fondi di partenza per i contratti 2022-24.
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