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Fitch, tutti i rischi sui mercati dopo la bocciatura del debito Usa

Gli investitori sono più nervosi, come spesso accade in agosto quando, per un motivo o per l’altro, la volatilità tende ad accelerare

di Vito Lops

3' di lettura

Vedere il Nasdaq perdere oltre il 2% in una sola seduta e il fratello maggiore S&P 500 in rosso di oltre un punto percentuale fa notizia. Perché non accadeva da 47 giorni. Il ribasso dei mercati azionari statunitensi, colpiti dal downgrade di Fitch al debito Usa da “AAA” ad “AA+”, ha trascinato anche gli indici europei con l’Eurostoxx 50 in calo dell’1,61% il Ftse Mib di Piazza Affari tornato sotto i 29mila a fronte di un -1,3%. Una rondine non fa primavera e per ora le vendite delle ultime 24 ore possono essere derubricate a prese di beneficio dopo i recenti forti rialzi che hanno portato molti indici e singoli titoli sui massimi di tutti i tempi, a fronte di un aumento della capitalizzazione delle Borse globali di 10mila miliardi di dollari nei primi sette mesi dell’anno.

Ciò non toglie che il sentiment estremamente ottimistico da ieri potrebbe essersi un po’ indebolito. Perché le vendite dell’azionario sono state accompagnate da altrettante vendite sulla parte lunga della curva del debito negli Usa con i tassi a 10 anni in rialzo fino al 4,1% (il massimo di questo ciclo economico è fissato per ora al 4,33% toccato il 21 ottobre 2022) e il 30 anni al 4,2% (ad appena 22 punti base di distanza dal rispettivo picco). Gli investitori sanno che se il mercato obbligazionario dovesse aggiornare un nuovo minimo (ragionando in termini di prezzi che si muovono in direzione opposta rispetto ai rendimenti) si rimescolerebbe completamente quell’equilibrio intermarket che vede, in un classico ciclo, il mercato dei bond anticipare i minimi, seguito a ruota da azioni e materie prime. Pertanto se nelle prossime sedute le vendite sui bond dovessero proseguire portando il rendimento del decennale oltre il 4,35% il timore nascosto degli operatori è che potrebbero innescarsi turbolenze anche sull’azionario che attualmente ha segnato un minimo, lato S&P 500, a 3.500 a fine 2022.

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Se però analizziamo la notizia che ha alimentato la correzione, il downgrade di Fitch, non sembra avere la portata per gettare gli investitori nel panico. «Ora gli Stati Uniti non sono più nella fascia massima di rating, ma questo non dovrebbe avere un impatto troppo rilevante sull'ammissibilità dei titoli di Stato in determinati portafogli, dal momento che ormai la maggior parte degli investitori è più flessibile rispetto a un criterio strettamente AAA - spiega Martina Daga, junior macro economist, AcomeA Sgr -. Infatti, la Germania rimane l'unico Paese tra le economie maggiori ad avere un rating AAA. Anche guardando alla regolamentazione bancaria, considerando che le banche commerciali sono grandi acquirenti di Treasuries, utilizzandoli come attività liquide regolamentari (Hqla), il quadro normativo di Basilea prevede requisiti patrimoniali pari allo 0% per i titoli di Stato con rating compreso tra AAA e AA- per il suo approccio standardizzato: il declassamento ad AA+ non fa alcuna differenza».

Gli investitori però si sono innervositi, come spesso accade nel mese di agosto quando, per un motivo o per l’altro, la volatilità tende stagionalmente ad accelerare. Il Vix (costo delle opzioni per assicurarsi da ribassi azionari) è balzato del 15% a 16 punti, uscendo da un torpore che lo aveva recentemente portato a toccare i minimi degli ultimi cinque anni. Il dollaro è stato acquistato. Sembrerebbe un paradosso considerato che è la moneta emessa dallo Stato che ha subito un downgrade, ma così non è finché il biglietto verde sarà considerato la valuta di ultima istanza globale e, di conseguenza, anche bene rifugio durante le fasi di turbolenza. È probabile che il downgrade di Fitch abbia però riacceso una delle preoccupazioni di fondo che in queste settimane il mercato, preso da un sentiment super rialzista, ha accantonato: il timore che le recenti decisioni della Banca centrale del Giappone - che a sorpresa la scorsa settimana ha alzato la banda di controllo dei tassi a 10 anni dallo 0,5% all’1% - possano a cascata impattare sui Paesi più esposti, in quanto grandi venditori di bond a residenti nipponici. Usa, Francia, Germania e Australia sono in prima fila. «Gli investitori nipponici, dopo la decisione della BoJ hanno ora molta più convenienza a rivolgersi ai titoli di Stato domestici in luogo dei Treasury - sottolinea Antonio Cesarano, chief global strategist, Intermonte -. Apparentemente il tasso decennale Usa è molto superiore a quello nipponico (attualmente circa 4,10% contro 0,62%), ma la realtà è diversa: un investitore nipponico che acquisti Treasury decennali coprendosi dal rischio cambio, percepisce addirittura un tasso finale (ossia comprensivo del costo della copertura dal valutario) negativo di circa l’1,5%».

Tutto ciò, dopo cinque mesi di rialzo filato e “compiacente”, potrebbe riportare la volatilità sul mercato. Decisiva sarà la trimestrale di oggi di Apple. Potrebbero essere i conti della regina del merchato a indicare la rotta estiva.

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