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La Commissione europea condivide l’obiettivo di reintrodurre un presidio centrale sulla spesa dei fondi europei e nazionali per la coesione, è qualcosa che negli ultimi due o tre anni è mancato, ma non perdete di vista che l’obiettivo della politica di coesione è ridurre le disuguaglianze e fate attenzione a non introdurre un livello eccessivo di rigidità da rendere ingestibile il sistema. Dovrebbe essere questa la sostanza di ciò che dirà la commissaria Ue alle politiche regionali, Elisa Ferreira, questa sera al ministro Raffaele Fitto, in una cena che è anche il primo incontro tra i due da febbraio scorso, quando la commissaria bloccò il piano del ministro di riscrivere l’Accordo di partenariato (Adp) e di centralizzare la gestione dei fondi. Un piano, questo, a cui comunque il ministro non sembra aver rinunciato alla luce della posizione dell’Italia in Consiglio, dove chiede di anticipare di un anno la revisione di medio termine sul budget, cosa che potrebbe agevolare la modifica dell’Adp e l’accorpamento dei programmi che vorrebbe Fitto.
La preoccupazione, come è emerso negli incontri a margine della settimana europea delle regioni in corso a Bruxelles, è che gli accordi di coesione che ogni regione deve stringere con il governo centrale finiscano per rallentare di molto la spesa e l’attuazione, soprattutto nelle regioni del Sud dove più ingenti sono le risorse a disposizione e maggiori sono le difficoltà della macchina amministrativa a gestirle. Innanzitutto c’è un problema di tempi: finora è stato firmato solo l’accordo con la Liguria, entro fine anno dovrebbero essere firmati tutti quelli delle regioni del Centro Nord. Per le regioni del Sud si va al 2024. L’accordo è necessario a sbloccare l’erogazione alle regioni delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (Fsc) che servono a cofinanziare i progetti dei fondi europei (Fesr e Fse+). Senza la quota Fsc, le regioni non possono pubblicare i bandi della programmazione 2021-2027 che dunque nel Mezzogiorno rischia di restare ferma ancora per diversi mesi. Inoltre, l’accordo comprende un elenco dettagliato di progetti regionali finanziati dal Fsc, ognuno con una corposa scheda, su cui il dipartimento per la Coesione (Dpcoe) deve pronunciarsi. «Per l’elenco ligure, che comprende anche produzioni teatrali - osservano i tecnici della Commissione - è stato relativamente semplice perché è una regione piccola. Ma cosa accadrà per la Sicilia o la Campania che hanno 4 o 5 miliardi a testa dal Fsc? Il Dpcoe, che dovrà esaminare tutte le schede progetto di ogni accordo, rischia di diventare un “imbuto” pericoloso”. Nel Decreto Sud è previsto il termine N+0: significa che le risorse devono essere spese nell’anno in cui sono impegnate, senza il margine di tre anni previsto dalla programmazione europea (regola N+3). Tutto ciò - è il timore - rischia di mettere in seria difficoltà le regioni del Sud, come hanno sottolineato Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, con la prospettiva (non voluta) di trasferire alle regioni del Nord le risorse non spese nel Mezzogiorno. Ciò che presumibilmente farà la Ferreira, sarà cercare di convincere Fitto che l’obiettivo di un solido monitoraggio centrale della spesa regionale sia possibile senza stravolgere le regole attuali. Nel menù dell’incontro, infine, una buona notizia: il 2014-2020 si chiuderà senza perdita di risorse grazie alle risorse europee dirottate su Safe, il piano per aiutare le famiglie vulnerabili a pagare le bollette energetiche.
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