Fiumi in secca, per l’Italia cresce il rischio desertificazione
L’equilibrio idrico messo sotto pressione dalle inefficienze e dagli sprechi: in mezzo secolo persi in Italia 5 miliardi di metri cubi d’acqua
di Elena Comelli
4' di lettura
Tra grande caldo e violenti temporali è arrivata l’estate in un’Italia sempre più segnata da un clima tropicale. Dall’inizio dell’anno si è abbattuta sulla penisola più di una bufera al giorno tra bombe d’acqua, trombe, d’aria, tempeste di fulmini e violente grandinate. Lasciando, come conseguenza, sempre più danni nelle città e nelle campagne.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati dell’European Severe Weather Database, divulgati in occasione del solstizio d’estate, insieme all’allerta della protezione civile per il maltempo al Nord. Nel 2021 si sono contati finora ben 195 eventi climatici estremi e la tropicalizzazione del clima ha fatto perdere, secondo Coldiretti, «oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra cali della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne con allagamenti, frane e smottamenti».
Eppure sull’Italia non piove abbastanza. Le lingue di sabbia sempre più ampie e le barche che faticano a galleggiare sono lì a dimostrare lo stato preoccupante del Po, il cui livello è del 30% più basso della media stagionale, come segnala l’Autorità di bacino distrettuale.
Siccità europea
Già in marzo gli agricoltori piemontesi, emiliani, veneti e lombardi sono stati costretti alle irrigazioni di soccorso e, malgrado le piogge di aprile, l’impatto sul settore rischia di essere anche quest’anno devastante. «L’andamento non stupisce, se raffrontato a quanto accaduto negli anni più recenti, ma si scosta drasticamente dal passato, a dimostrazione del mutamento dei fenomeni, della loro tempistica e delle loro ripercussioni», rileva l’Autorità guidata da Meuccio Berselli.
La crisi del clima, tra eventi estremi e siccità, non è dunque un pericolo lontano, ma è già tra noi. In base a una ricerca condotta sugli anelli degli alberi da Ulf Buntgen, dell’Università di Cambridge, le recenti ondate di siccità in Europa sono state le peggiori dal tempo dei romani.
Una tendenza che rischia di mandare in crisi l’equilibrio idrico del continente. Negli ultimi 14 anni, l’assenza di precipitazioni è stato solo uno dei problemi: «L’aumento delle temperature di aprile ha portato all’evaporazione dell’umidità immagazzinata nel suolo. Di conseguenza, in primavera c’era già una marcata mancanza di umidità nei suoli dell’Europa centrale, specialmente in Germania.
L’agricoltura ne fa le spese
Questo deficit non può essere compensato in estate ed è all’origine della scarsa produttività dei suoli e del bassissimo livello dei fiumi. In altre parole: la siccità estiva è preprogrammata ad aprile», spiega Rohini Kumar, idrologo presso il Centro Helmholtz per la ricerca ambientale di Lipsia e autore di un nuovo studio sulla siccità in Europa pubblicato su Nature Climate.
In particolare nel Sud Europa il fenomeno si ripete ormai con regolarità, a conferma del fatto che in Italia mancano 5 miliardi di metri cubi di acqua rispetto a 50 anni fa, come rilevato dall’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio. L’agricoltura, che consuma oltre il 50% delle risorse idriche disponibili, è il settore più colpito.
L’anno più drammatico, fra gli ultimi, è stato il 2017, con un danno calcolato di almeno 2 miliardi di euro: la siccità ha tagliato i raccolti delle principali produzioni, dai pomodori alla frutta, dal riso al mais, dai vigneti fino al fieno per gli animali. Ma i coltivatori non sono gli unici a soffrirne.
I costi per l’economia
In base ai dati raccolti dall’Osservatorio Climate Finance del Politecnico di Milano, la crisi del clima comporta costi notevoli per tutto il sistema economico: un grado in più di temperatura nello scorso decennio ha determinato una riduzione media di fatturato del 5,8% per le imprese italiane.
E la situazione è destinata a peggiorare. «La gestione delle conseguenze del cambiamento climatico e le strategie di mitigazione rappresentano la maggiore sfida che le economie mondiali dovranno affrontare nel corso nei prossimi anni», spiega Roberto Bianchini, direttore dell’Osservatorio.
Oggi viviamo in un Paese più caldo di circa 1,7°C rispetto all’inizio degli anni ’80, contro una media globale di +0,7°C, e fra 30 anni, se non verrà mitigato, questo trend potrebbe costare all’Italia l’8% del Pil – ovvero poco meno del -8,9% provocato dalla pandemia nel 2020 – ogni anno.
L’Agenzia europea per l’ambiente prevede che l’impatto della siccità sull’agricoltura si farà sentire sempre di più, con il rischio di desertificazione di vaste aree, dalla Spagna alla Grecia, passando per l’Italia, entro la fine di questo secolo. Già nel 2040 lo stress idrico dell’Italia - cioè il rapporto tra frabbisogno di acqua e approvvigionamento idrico - rientrerà nella fascia critica “alta”, la quarta su cinque.
Unica soluzione: utilizzare con saggezza le risorse idriche che abbiamo, senza sprecarle. Un’indicazione che per ora non è presa abbastanza sul serio da nessuno, in primis dagli acquedotti, che perdono il 42% dell’oro blu immesso in rete.
Ma nemmeno dalle famiglie: «Il consumo medio delle famiglie italiane è molto alto, pari a 220 litri al giorno per abitante», si legge nel rapporto Acqua nelle nostre mani, a cura di Finish. Un dato esagerato, se consideriamo che la media europea è di 165 litri.
L’agricoltura non è da meno nella classifica degli spreconi. Il rapporto tra superficie irrigabile e irrigata, secondo Eurostat, in Italia è superiore persino a quello della Spagna, che ha una superficie agricola superiore e soffre di maggiore siccità. Il sistema agricolo italiano, inoltre, «negli anni ha aumentato la sua intensità di irrigazione», spiega Finish. Una tendenza che rischia di diventare un circolo vizioso, man mano che la siccità aumenta.
loading...