Flessibilità, congedi ai papà e nidi: Italia fanalino di coda nella Ue
Natalità, occupazione femminile, disponibilità di posti negli asili, smartworking: nella conciliazione tra vita e lavoro il Paese resta indietro.
di Monica D'Ascenzo
5' di lettura
«Capita che la gente parli di come le mamme sono in grado di sollevare un'auto che schiaccia i propri figli. Ma il fatto che possano farlo, non significa che questo non comporti danni per la loro salute». Betsey Stevenson, economista del Università del Michigan e consulente per il governo Usa in tema di donne e famiglie, ha voluto usare questa metafora per riassumere l'anno di pandemia che ha visto le mamme in prima linea su diversi fronti e ha chiosato: «Il 2020 è stato per le mamme come sollevare un'auto che schiacciava i loro figli. Il 2021 dovrà essere l'anno dedicato a come guarire ora le donne».
Il campanello d'allarme è stato suonato da più parti, a partire dal Fondo Monetario Internazionale all'Unione Europea, solo per rimanere nell'ambito delle istituzioni internazionali. E i numeri hanno restituito concretezza a quelle preoccupazioni. A partire dal lavoro. Negli Stati Uniti si calcola ad esempio che da febbraio 2020 a settembre 2020 siano state 2,2 milioni le madri di figli under 12 che hanno perso il lavoro, con un calo del 12% (16% per le madri single), che si confronta con la flessione del 4% registrata dai padri. In Europa le donne che sono uscite dal mondo del lavoro nell'ultimo anno sono oltre 2 milioni, il 54% del totale. D'altra parte le mamme si sono trovate ad occuparsi di tre “attività” contemporaneamente: la loro professione, l'essere genitore e spesso l'essere insegnante per integrare la didattica a distanza. Come dice Stevenson, però, non è più tempo di guardarsi indietro, è tempo di capire come curare la frattura che ha allargato ulteriormente il gender gap.
L’Italia cresce con le mamme
Investire sulle mamme per investire sul futuro del Paese. Un meccanismo semplice che però in Italia resta ancora inapplicato. Eppure non mancano esempi anche molto vicini a noi di Paesi che, attraverso riforme strutturali e investimenti sulle donne, sono tornati a crescere, anche economicamente. Un modello, cui si fa riferimento da un decennio, è quello francese e basterebbe un dato a semplificarlo: in Italia il tasso di fertilità è a 1,24 figli per ogni donna (il livello più basso dal 2003) contro 1,86 della Francia e l’1,53 della media europea.
I bonus bebé e misure una tantum non hanno in alcun modo invertito il declino della natalità in Italia. Si chiede da tempo ormai un piano strutturato che possa agire su più fronti perché in Italia la maternità era uno “svantaggio” per le donne già prima del Covid.
Partiamo dall'occupazione femminile: in Italia ha solo sfiorato il 50% negli anni scorsi, per regredire ora al 47,5% (65,8% per gli uomini), quasi 20 punti percentuali in meno della media europea. Se osserviamo il divario di genere all'interno del nostro Paese, poi, emerge come la differenza di occupazione, che è di poco meno di 20 punti percentuali fra uomini e donne, aumenta a 30 punti percentuali fra mamme e papà (fra i genitori, che vivono in coppia, lavorano solo il 57,9% delle mamme, contro l’88,2% dei papà). Questo porta con sé uno svantaggio competitivo per l'economia del Paese, ma anche e soprattutto una maggiore fragilità delle famiglie, perché con un solo reddito aumenta il rischio di scivolare nello stato di povertà.
A questo si somma la differenza salariale: le donne guadagnano in media il 18% in meno degli uomini nel privato. Questo porta inevitabilmente a far sì che sia la mamma a fare un passo indietro nel momento in cui si deve scegliere fra lavoro e cura dei figli, che si tratti di un permesso o dell'uscita definitiva dal mondo del lavoro. E ce lo confermano i dati sulle dimissioni volontarie, che interessano le madri per il 73%, secondo i dati dell'Ispettorato del lavoro.
Un passo verso una maggiore parità di genere sul lavoro potrebbe venire da un congedo obbligatorio di paternità più lungo dei 10 giorni previsti per il 2021. La misura contribuirebbe in parte a sanare quello “svantaggio competitivo” che hanno le giovani entrando nel mondo del lavoro e allo stesso tempo aiuterebbe a far crescere una cultura di maggiore condivisione dei carichi familiari.
Non solo nidi
Le mamme devono poter scegliere e ad oggi non ci sono le possibilità perché possano farlo. Sulle spalle delle donne pesano 5,5 ore di lavoro di cura non retribuito al giorno, contro 1,48 ore degli uomini. Manca, innanzitutto, un welfare adeguato che possa supportare le famiglie. Un problema che non si risolve semplicemente con l'aumento di posti all'asilo nido. Questo è certamente un fronte su cui l'Italia deve migliorare arrivando a coprire almeno un terzo dei bambini come da obiettivi posti dall'Europa per il 2010 (11 anni fa!) rispetto al tasso del 25% attuale. Ma si tratta solo di un requisito base, per il quale gli stanziamenti previsti dal Pnrr per altro non sembrano totalmente adeguati.
È necessario, però, andare oltre la questione asili nido. Disegnare un sistema scolastico più a misura di famiglie vuol dire anche ripensare i calendari e gli orari, in modo che non si debba ricorrere al “welfare familiare” dei nonni o a babysitter che aumentano i costi per le famiglie. Un intento annunciato dallo stesso premier Mario Draghi, che vedremo messo in pratica almeno in parte con il Piano Scuola Estate 2021 con attività che potranno svolgersi in spazi aperti delle scuole e del territorio, teatri, cinema, musei, biblioteche, parchi e centri sportivi, con il coinvolgimento del terzo settore, di educatori ed esperti esterni. Quindi edifici scolastici e corpo insegnanti esclusi, almeno per il momento.
Il ruolo delle aziende
Se molte misure possono arrivare da una politica orientata maggiormente alla famiglia, è pur vero che in un momento di estremo cambiamento del mondo del lavoro nel post-Covid le aziende possono giocare un ruolo fondamentale per costruire una mondo del lavoro più equo e più sano per tutti. Un primo passo potrebbe essere, a seguito di una modifica della Legge sul Lavoro Agile del 2017 o un protocollo nazionale sindacati-ministero del Lavoro, l'adozione più diffusa dello smart working o di altre forme di flessibilità del lavoro. La flessibilità si sta, però, traducendo in una mescolanza continua fra vita e lavoro che nuoce ad entrambi. Proprio per questo è necessario che sia garantito il diritto alla disconnessione.
Non solo. l'organizzazione del lavoro all'interno delle aziende italiane è ancora fortemente tradizionale e rischia di avere tempi e modi che poco si conciliano con la vita dei dipendenti ma anche dei manager. Iniziare a strutturare il lavoro secondo parametri di merito e non di semplice presenza in ufficio, oltre a organizzare calendari più rispettosi degli orari di lavoro, potrà di certo evitare che le donne, e le mamme in particolar modo, siano scoraggiate dal ricoprire determinati ruoli.
La strada per poter festeggiare davvero la festa della mamma sembra ancora molto lunga, ma si può iniziare non considerando più la maternità come una penalità, ma piuttosto come una risorsa per l'intero Paese.
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