Flo si converte dalla plastica alla carta
Il gruppo di Fontanellato di Parma ha appena avviato nella sede storica di strada Ghiara Sabbioni il nuovo reparto dove produrrà, su due linee, solo bicchieri di carta di alta qualità. Negli ultimi cinque anni investiti 30 milioni
di Ilaria Vesentini
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Festeggia quest’anno il mezzo secolo di attività con l’impegno, suggellato da altri due milioni di euro di investimento (dopo i 30 milioni dell’ultimo quinquennio), di scrivere il futuro della stoviglieria usa e getta in chiave green: il gruppo Flo di Fontanellato di Parma, tra i più grandi player europei nella produzione di bicchieri per distributori automatici e di contenitori monouso per alimenti, ha appena avviato nella sede storica di strada Ghiara Sabbioni il nuovo reparto dove produrrà, su due linee, solo bicchieri di carta di alta qualità certificata Pefc (proveniente da foreste gestite in modo sostenibile), per il mercato italiano. Una inaugurazione che è solo l’ultimo tassello di una conversione dalla plastica ai materiali naturali e rinnovabili iniziata ben prima che la direttiva europea Sup (Single use plastic) sconvolgesse i produttori di packaging, con effetti pesanti sui conti aziendali.
«È un passaggio simbolico per Fontanellato, perché dopo cinquant’anni all’insegna della plastica inizia anche qui la produzione di stoviglieria in carta», spiega Daniele Simonazzi, amministratore delegato del gruppo fondato dal padre Antonio nel 1973 e tutt’ora in mano alla famiglia. Tipica multinazionale tascabile della via Emilia, con cinque sedi produttive e 750 dipendenti tra il quartier generale nella Bassa Parmense, la controllata ISAP-Packaging (rilevata nel 2006, con due fabbriche a Verona e Catania), la fabbrica aperta nel 2003 a Ruitz nel nord della Francia (specializzata in piatti, bicchieri e tovaglioli di carta per retail, Horeca e vending che copre il bacino del Nord Europa) e lo stabilimento in Gran Bretagna della Benders, azienda gallese rilevata nel 2012 con oltre cent’anni di know-how nella lavorazione di manufatti in carta e primo polo produttivo del gruppo oggi di bicchieri in cellulosa e tovaglioli.
Flo, nonostante gli ultimi anni difficili per la redditività – tra normative no plastic, crollo dei consumi fuori casa nei due anni di Covid, incremento vertiginoso dei costi di carta, idrocarburi e bollette - è riuscita a inanellare tra il 2021 e il 2022 due aumenti consecutivi del business superiori al 20%, arrivando a toccare i 225 milioni di euro di fatturato e, nel contempo, ha raddoppiato la quota di prodotti in cellulosa, da poco più del 20 all’attuale 40,5%: «Entro fine anno la nostra produzione di bicchieri in carta supererà i 3 miliardi di pezzi tra il nuovo reparto qui a Fontanellato, che incrementa del 10% la nostra capacità produttiva, e gli stabilimenti in Francia e Galles», precisa Simonazzi, che ha preso le redini del gruppo, affiancato dalla sorella Erika nel 2013, alla scomparsa del padre. Pochi anni prima il gruppo aveva debuttato sul mercato italiano con la prima soluzione ecologica, la linea di bicchieri biodegradabili e compostabili “Ecokay”, realizzati nella fabbrica veronese di Isap. Nel 2011 il secondo step, con il bicchiere “Hybrid” per i distributori automatici (l’Italia è il Paese leader in Europa per volumi del vending), prodotto dagli impianti di Fontanellato, in cui parte del polistirene è sostituito da sali minerali naturali riducendo così del 40% le emissioni di CO2 rispetto al tradizionale bicchiere di plastica.
Ma è nell’ultimo decennio, con la seconda generazione al timone, che Flo ha accelerato gli investimenti in R&S in chiave di economia circolare. «Abbiamo investito 30 milioni di euro negli ultimi cinque anni con l’obiettivo di diversificare la produzione e spostarci verso materiali più naturali e derivati da risorse rinnovabili – sottolinea l’ad -. Questo processo di trasformazione, iniziato nel 2012 con l’acquisizione di Benders e proseguito nel 2018 quando lo stabilimento francese di Flo Eu ha convertito tutta la produzione da plastica a carta, ci ha permesso di anticipare le decisioni della Commissione europea, che con la direttiva Sup ha imposto una drastica riduzione dei packaging in plastica». Il 2018 è stato anche l’anno di inaugurazione dei due laboratori italiani del gruppo, quello di analisi chimico-fisiche-microbiologiche di Verona e quello di ricerca applicata e test funzionali nel quartier generale parmense. Nello stesso anno viene anche presentata al mercato la prima linea al mondo di capsule per caffè 100% biobased e compostabili nell’umido: “Gea”, seguita poi dalla nuova generazione “Alpha” di palette del caffè in carta, trattata con tecnologia Qwarzo che rende la cellulosa resistente al calore e impermeabile, oltre che biodegradabile e compostabile.
Il nuovo reparto di Fontanellato è solo l'inizio di un percorso che gradualmente porterà Flo a spostare tutta la produzione dalla plastica alla carta. Una mano alla transizione green l’ha data anche il Governo italiano: a inizio 2022 Flo è stata la prima azienda a ottenere il finanziamento agevolato dall’allora Mise (6,5 milioni di euro) all’interno della misura Gid, il fondo da 400 milioni di euro dedicato alle grandi imprese in temporanea difficoltà finanziaria a seguito dell’emergenza Covid.
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