Fmi: debito globale record a 164mila miliardi, mercati più vulnerabili
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Due rapporti per lanciare l’allarme sul debito globale e sulla stabilità finanziaria, anche di breve termine. Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato oggi i due attesi report che indicano le prospettive per la finanza pubblica e per gli investitori.
Cominciamo dall'allarme debito: nel mondo ha raggiunto «i massimi storici, essendo arrivato al picco record di 164mila miliardi di dollari nel 2016, equivalente al 225% del Pil mondiale». Nel suo Fiscal Monitor, il rapporto pubblicato oggi nell'ambito degli Spring Meetings in corso a Washington, l'istituto guidato da Christine Lagarde spiega che «attualmente il mondo è più indebitato del 12% del Pil rispetto al picco precedente raggiunto nel 2009, con la Cina che fa da capofila».
Più rischi per la stabilità finanziaria
«I rischi di breve termine alla stabilità finanziaria - sostiene l’Fmi - sono cresciuti e i rischi nel medio termine continuano a essere elevati. Le vulnerabilità finanziarie, che si sono accumulate durante anni di tassi e volatilità estremamente bassi, potrebbero rendere accidentata la strada andando avanti e potrebbero mettere a rischio la crescita». Nel suo Global Financial Stability Report (Gfsr), l'istituto aggiunge che nelle economie avanzate, «lo slancio forte della crescita e lo stabilizzarsi dell'inflazione hanno fatto venire meno una sfida chiave per le banche centrali: mantenere accomodante la politica monetaria e allo stesso tempo fare i conti con le vulnerabilità finanziare di medio termine».
I ribassi febbraio in Borsa sono un monito
Il Fondo sottolinea però che anche una ripresa dell'inflazione porta con sé rischi in quanto potrebbe spingere le banche centrali a stringere la cinghia più rapidamente del previsto. Ciò renderebbe più stringenti le condizioni finanziarie con conseguenze anche sui prezzi degli asset più rischiosi. «Per minimizzare questi rischi, le banche centrali dovrebbero continuare a normalizzare gradualmente la loro politica monetaria e a comunicare le loro decisioni in modo chiaro per sostenere la ripresa dell'economia». Agli investitori il Fondo manda a dire di non essere troppo rilassati dopo il sell-off osservato a inizio febbraio perche' un rialzo dei tassi e una maggiore volatilità non sono da escludere.
La mina cinese sul debito
Tornando all’indebitamento, la Cina ha contribuito da sola al 43% del rialzo registrato dal 2007, ha fatto notare Vitor Gaspar, direttore del dipartimento degli Affari fiscali del Fondo. Nelle economie avanzate - dove la politica fiscale dovrebbe essere «leggermente espansiva» nel 2018 e nel 2019 - il debito è in media al 105% del Pil, «un livello che non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale».
Il dato è visto scendere al 100% circa nel 2023. Solo nel 2017, ha calcolato l'Fmi, oltre un terzo delle economie avanzate aveva un debito superiore all'85% del Pil, «un numero di Paesi tre volte superiore rispetto al 2000». Nei mercati emergenti e in quelli a reddito medio, il debito è in media vicino al 50% del Pil, un valore visto l'ultima volta durante la crisi del debito degli anni '80 del secolo scorso.
Troppi Paesi indebitati
«Un quinto di questi Paesi lo scorso anno aveva un debito sopra il 70% del Pil, un livello simile a quello di inizio anni 2000 sulla scia della crisi asiatica», ha sottolineato l'Fmi. L'istituto ha spiegato che queste dinamiche del debito si spiegano in tutti i Paesi con ampi deficit primari, «che hanno raggiunto un record nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo». Tutto ciò è fonte di preoccupazione per l'Fmi, perché «i Paesi con un debito pubblico elevato sono vulnerabili a un'improvvisa stretta delle condizioni finanziarie globali, cosa che potrebbe alterare l'accesso ai mercati e mettere a repentaglio l'attività economica». Deficit e debiti alti, inoltre, «aumentano la profondità e la durata di una recessione perché i governi non sono in grado di avere a disposizione lo spazio fiscale necessario per sostenere la crescita».
Gli Usa nel 2023 avranno un debito più alto dell’Italia
Per questo urge la creazione di quello spazio fiscale ora, anche alla luce del fatto che il debito nel settore privato è a livelli record e continua a crescere. Il grado di aggiustamento fiscale necessario varia da Paese a Paese, ha detto il Fondo. Nel caso degli Stati Uniti, per esempio, l'Fmi sostiene che la politica fiscale debba essere ricalibrata per garantire che il rapporto debito/Pil scenda nel medio termine. In Usa - il cui outlook fiscale sta guidando quello delle economie avanzate - sono stati adottati stimoli fiscali mentre l'economia è vicina alla piena occupazione, cosa che dovrebbe tenere il deficit sopra i mille miliardi di dollari, o oltre il 5% del Pil, dal 2018 al 2023. Il debito/Pil Usa è visto passare al 107,8% del 2017 al 116,9% nel 2023 (superiore persino al 116,6% dell’Italia).
In Italia debito in graduale discesa...
E a proposito di Italia, il Fondo ha migliorato le sue stime sul rapporto tra il debito e il Pil in Italia tra il 2018 e il 2022. Come già anticipato nel World Economic Outlook pubblicato ieri, dopo avere chiuso il 2017 al al 131,5%, il ratio visto scendere al 129,7% nel 2018 per poi portarsi al 127,5% nel 2019 e al 116,6% nel 2023 (l'anno a cui si fermano i calcoli del Fondo). A ottobre (quando le previsioni arrivavano al 2022), l'Fmi aveva previsto un debito/Pil al 131,4% nel 2018 dopo il 133% del 2017 e al 128,8% nel 2019. Nel 2017, tra le economie avanzate ad avere fatto peggio dell'Italia secondo il Fondo è stato ancora una volta il Giappone con un debito/Pil al 236,4% seguito di nuovo dalla Grecia (181,9%). A fare leggermente meglio del nostro Paese c'e' stato nuovamente il Portogallo (125,6%). Queta fotografia restera' tale, secondo l'Fmi, per tutto il periodo considerato e al termine del quale il ratio ellenico e' visto al 165,1%.
... ma pareggio di bilancio rinviato di un anno
L’Fmi ha invece posticipato di un anno il raggiungimento del pareggio di bilancio in Italia. Tuttavia, il nostro Paese sarà l'unico a vantare un pareggio tra le principali economie dell'Eurozona, fatta eccezione della Germania che continuerà a vantare un avanzo. Il rapporto deficit/Pil nell'anno in corso dovrebbe attestarsi all'1,6% e non piu' all'1,3% calcolato in autunno dopo un -1,6% visto nel 2017 (dato ritoccato da un -2,2%). Nel 2019 il dato e' atteso allo 0,9% e non piu' allo 0,3%. Dal Fiscal Monitor odierno si apprende che il pareggio e' stato posticipato di un anno al 2021 rispetto alle previsioni dell'ottobre 2017, quando l'Fmi prevedeva il raggiungimento di un pareggio già dal 2020.
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