Tra profit e non profit

Focus su partnership e continuità degli enti

di Valentina Melis

(AdobeStock)

1' di lettura

«Con la riforma, il Terzo settore può solo crescere: sul fronte della trasparenza, dell’accountability, della professionalizzazione di chi ci lavora». È il punto di vista di Monica De Paoli, notaia, cofondatrice dello studio Milano Notai, specializzzata nella normativa del non profit da oltre 20 anni. Un periodo di crescita costante del settore, sia per il numero di istituzioni (359mila ), sia per il numero di dipendenti (quasi 900mila).

«La riforma - spiega la notaia De Paoli - ha disciplinato nuove forme di collaborazione tra gli enti del Terzo settore e la Pubblica amministrazione. Soprattutto nei campi del welfare e dell’assistenza alle persone, è sempre più evidente la necessità di una collaborazione tra il pubblico e il privato sociale. Anche il mondo delle imprese si sta orientando sempre più verso la corporate social responsibility, o verso modelli come le società benefit, in un’ottica di maggiore sostenibilità sociale della propria azione. Insomma, si prospettano collaborazioni anche tra profit e non profit che esulano dagli schemi classici».

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Secondo Davide Bertolli, commercialista e partner dello studio Bertolli e associati, l’incertezza sul quadro fiscale della riforma «induce i professionisti a consigliare soprattutto alle Onlus di rinviare fino all’ultimo l’iscrizione al nuovo Registro unico. Non c’è dubbio - comunque - che l’iscrizione al Registro possa essere l’occasione per molti piccoli enti di fare massa critica e di provare ad aggregarsi, per crescere. Per le fondazioni, enti con un’età media molto elevata, poi,il cambiamento dello statuto può essere un momento chiave per pensare al futuro, integrare o modificare l’attività svolta, in modo da garantire la continuità dell’organizzazione.

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