«Focus sulle sinergie e crescita organica, con Cellnex aperti a collaborazioni su asset critici»
L’intervista a Diego Galli, direttore generale di Inwit. Sui limiti elettromagnetici l’azienda è favorevole a livelli intermedi rispetto a quelli europei
di Simona Rossitto
7' di lettura
(Il Sole 24 Ore Radiocor)- Sinergie industriali, investimenti anche per l’anno prossimo di 200 milioni «o forse di più», focus su crescita organica in Italia. E un appello ai comuni affinché adeguino i loro regolamenti a quelli nazionali, consentendo il roll out delle torri. A disegnare le prospettive per Inwit, prima tower company in Italia, è Diego Galli, direttore generale del gruppo, aggiungendo che la società, in alcuni casi particolari, è aperta a un confronto, al netto dei vincoli antitrust, con il concorrente Cellnex. « Su situazioni specifiche, ad esempio su alcuni asset critici, siamo aperti – spiega Galli a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e di Digit’Ed, leader nella formazione e nel supporto alla crescita del capitale umano - a collaborazioni, in alcuni casi è meglio avere un’infrastruttura e non due». Quanto allo sviluppo del 5G e all’opportunità di alzare i limiti elettromagnetici italiani, Inwit, spiega Galli, è per un livello intermedio rispetto a quelli europei. Orientamento che, spiega il dg, sembra stia prevalendo.
Le torri rappresentano un elemento fondamentale per la digitalizzazione del Paese, come si sta evolvendo il modello di business?
La torre sta diventando sempre più un nodo fondamentale della digitalizzazione: ospita gli apparati tradizionali degli operatori mobili (4G e 5G), ma anche gli apparati del Fwa che è un’alternativa alla fibra, laddove la fibra non è conveniente o possibile. La torre è un’infrastruttura condivisa, connessa, digitale e sicura, pronta ad ospitare le antenne di tutti gli operatori mobili e altri servizi innovativi, come i sensori IoT. Inoltre, è un’infrastruttura distribuita sul territorio, molto vicina all’utente finale. Sulle torri ci sono anche i gateway delle utilities e un’altra applicazione sempre più diffusa sono i metering, sensori che consentono di misurare i consumi di elettricità, gas, acqua. Anche i Das, i distributed antenna system, sui quali puntiamo molto, si collegano alle torri.
Attualmente si parla molto di una combinazione di reti nella fibra, come vedete un possibile consolidamento nel mobile?
Lato nostro, nel mercato delle torri, il consolidamento è avvenuto ed è stata una scelta lungimirante e intelligente. Ora sta a noi impegnarci per continuare a far di tutto per creare valore agli operatori. Il valore di Inwit continua a crescere, se pensiamo che nei nostri asset contiamo ormai oltre 23.500 torri, circa 200 location indoor con copertura dedicata, oltre 7.800 remote unit per coperture dedicate indoor Das (Distributed Antenna System) e 1.000 chilometri di tunnel stradali e autostradali coperte con nostri apparati. La nostra missione è puntare sulle infrastrutture condivise, è un modello di real estate che sembrerebbe vecchio, ma ha una logica di sharing economy, utilizzando al massimo gli asset e mettendoli in condivisione. Inoltre, dobbiamo garantire un ritorno sul capitale investito che è stato molto alto, dobbiamo migliorare il Roe, ma anche continuare a fornire efficienza in termini vantaggiosi.
Siete aperti a sinergie anche col vostro concorrente, Cellnex?
Ci sono vincoli regolatori, antitrust, e per noi è importante che il mercato resti competitivo. Tuttavia, su situazioni specifiche, ad esempio su alcuni asset critici, siamo aperti a collaborazioni, in alcuni casi è meglio avere un’infrastruttura e non due.Quanto in generale alle sinergie, l’ecosistema digitale è ampio. Un campo molto interessante è quello delle coperture dedicate. Abbiamo, ad esempio, coperto la nuova metropolitana di Milano, la M4, da Linate a San Babila, integralmente in 5G con Tim e Vodafone. Anche nel campo dell’energia il nostro obiettivo è continuare a efficientarne l’uso e avvicinarsi al green. Noi, ad esempio, siamo presenti nel fotovoltaico, è un’area interessante e stiamo studiando come arrivare a una scala maggiore. Nel 2022 abbiamo realizzato 100 impianti fotovoltaici e abbiamo previsto con il nostro piano di Sostenibilità di raddoppiarli nel 2023 e contiamo di accelerare ulteriormente nel 2024.
Nell’ultimo anno avete accresciuto gli investimenti del 60% arrivando a 200 milioni, questo trend proseguirà nel 2023?
Stiamo crescendo a doppia cifra e questo è possibile perché investiamo. L’anno prossimo continueremo a farlo, puntando intorno a 200 milioni di euro e forse anche di più, costruendo nuovi siti, nuove coperture anche indoor. Non puntiamo, quindi, solo sull’outdoor ma anche sul complementare indoor.L’utilizzo della connettività indoor, infatti, non si basa solo sul fisso ma anche sul mobile. Ad esempio, una persona che va in un ufficio della Pa e che deve fare transazioni o prenotare un appuntamento adopera il cellulare; per questo la connettività indoor è importante, il 5G darà maggiore velocità ma fa più fatica a entrare all’interno degli edifici. Per ovviare a tutto ciò stiamo investendo molto, soprattutto con la tecnologia Das, un sistema di antenne distribuite all’interno dell’edificio che si collega con la macro-rete degli operatori. Anche il Bul, il piano strategico banda ultra larga del Governo, ha indirizzato più risorse per queste coperture indoor.
Dal vostro punto di vista come sta procedendo il Pnrr?
Abbastanza bene, il programma è partito da poco, nell’autunno del 2022, e metterlo a terra ha rappresentato per noi un forte impegno. Prevediamo di essere in linea con gli obiettivi a fine anno. Nonostante ciò, ci saremmo aspettati più supporto da parte degli enti locali. Fare il roll out dei siti ha sempre significato dover affrontare la sfida della permessistica. Ad esempio, per fare una nuova torre, ci vogliono 10 mesi: la realizzazione fisica della torre richiede due mesi mentre tutto il processo di ricerca della posizione del terreno dove costruirla e l’ottenimento dei permessi ne richiede otto. A livello centrale ci sono stati buoni miglioramenti, ad esempio il meccanismo del silenzio-assenso è passato da 90 a 60 giorni. Ma quello che è migliorato a livello nazionale, non è migliorato a livello locale. Nell’ambito del Pnrr, Inwit deve coprire in 5G 1.385 aree in digital divide e ogni comune interessato ha le sue richieste, i suoi processi, e quindi c’è un investimento di tempi e risorse che si potrebbe semplificare se si applicassero le norme centrali in maniera coerente, se ci fossero maggiore conoscenza e spirito di accoglienza verso le nuove infrastrutture.
A che punto siete sulla realizzazione dei siti 5G per il Pnrr?
Il programma è su base triennale e prevede una partenza graduale. Abbiamo già coperto diverse decine di aree bianche, la prima milestone è stata al 30 giugno e siamo sostanzialmente in linea con gli obiettivi. Questo è un anno di partenza e riscaldamento, nei prossimi due anni dobbiamo realizzare un numero molto elevato di siti. La velocità della permissistica e dell’identificazione del terreno è importante. Ci sono regolamenti comunali che non sono stati adeguati al codice delle comunicazioni elettroniche. Molti comuni hanno regolamenti che prevedono la possibilità di installare le infrastrutture mobili solo in aree delimitate, come ad esempio vicino al centro sportivo, al cimitero, e comunque fuori dal centro abitato. Sarebbe, quindi, importante l’aggiornamento di questi regolamenti a esigenze di copertura prescritte dal Pnrr. E’ un appello che facciamo ai comuni. D’altronde stiamo lavorando con Uncem, l’associazione dei comuni montani con la quale abbiamo siglato un ottimo protocollo di intesa. Abbiamo anche firmato un accordo con Anci, Infratel, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli operatori aggiudicatari delle gare del Pnrr 5G e Italia 1 giga, al fine di favorire il dialogo con le amministrazioni locali. E con le autorità centrali stiamo cercando di capire quale sia lo strumento migliore per fare in modo che le norme vigenti siano comprese e quindi applicate. Occorre lavorare sulla mentalità e sulla cultura affinché si apprezzi il valore dell’infrastruttura che porta connettività. Non è un vezzo individuare la giusta location per le torri, ma vanno coperte le aree bianche attualmente in digital divide.
Avete sempre sostenuto che servono limiti elettromagnetici più bassi per sviluppare al meglio il 5G, ci sono novità su questo fronte?
I limiti italiani sono i più bassi in Europa; facendo i giusti calcoli, sono più bassi in media di circa 100 volte in termini di potenza; per questo motivo a volte le torri esistenti non si possono sfruttare al meglio. Talvolta per fare l’upgrade dal 4 al 5G non c’è lo spazio elettromagnetico disponibile, altre volte manca lo spazio per ospitare un altro cliente. Allora bisogna fare altre torri. Ci sembra di capire che ci sia un orientamento verso un approccio di adeguamento dei limiti a d un livello intermedio rispetto a quelli europei. A noi pare che questa opzione sia molto ragionevole e razionale. Su questo fronte abbiamo fatto varie ricerche: nonostante qualche resistenza, l’attenzione degli italiani alla digitalizzazione e al valore delle infrastrutture è aumentata. Il 91% è consapevole del valore delle infrastrutture, l’88% dice che la connettività è un diritto importante. Quasi 6 italiani su 10 sono favorevoli all’adeguamento dei limiti.
Parlando dei conti, Inwit ha una flessibilità tale da poter decidere a fine piano tra remunerazione dei soci e acquisizioni, qual è la tendenza ad oggi?
Il nostro approccio è orientato verso la crescita organica che in Italia è ancora la priorità. E’ importante per noi creare sinergie industriali, l’obiettivo ora è continuare a crescere, investire nel core business e utilizzare le risorse per poterlo fare.
Guardate, eventualmente, a piccole acquisizioni in Europa?
Il contesto è ancora un po’ difficile per le acquisizioni, considerando il livello dei tassi molto alto; continuiamo a monitorare, ma noi siamo più interessati a opportunità di sviluppo industriale. Eravamo focalizzati sulla crescita organica prima, lo siamo ancora di più adesso. Detto ciò, poter creare sinergie industriali è il nostro lavoro.
Sul fronte occupazionale, avete pianificato assunzioni?
Puntiamo a incrementare gli investimenti organici, dare maggiori dividendi come previsto nel piano, avere un approccio al debito più prudente e ancora disponibilità per investire. E’ un bel momento per l’azienda, che sta investendo e crescendo, anche sulle persone: abbiamo un forte impegno a creare un modello di business moderno, articolato, da tutti i punti di vista, sia in termini di contributo all’agenda climatica sia alla digitalizzazione, ma anche sul fronte della formazione del capitale umano. Nel 2022 contavamo 250 dipendenti, adesso siamo 300 e pensiamo di continuare con questo ritmo l’anno prossimo. Inoltre, abbiamo un indotto di 2 mila persone.
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