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Fondi chiusi, raccolta stabile ma investimenti in forte calo

Fondi chiusi, raccolta stabile ma investimenti in forte calo. L’ammontare investito in Italia è sceso del 71% a 3,189 miliardi di euro

di Monica D'Ascenzo

3' di lettura

L’inflazione, i tassi in rialzo, le ipotesi di una recessione pilotata. L’industria dei fondi chiusi è davanti a un nuovo cambio di scenario che potrebbe portare con sé anche la revisione al ribasso dei multipli, dettata dal fatto che è necessario rivedere i piani di crescita futuri. Multipli più bassi, però, non corrispondono a maggiori occasioni di investimento sul mercato, perché chi vende potrebbe decidere di aspettare momenti migliori.

È questo il quadro che è emerso venerdì 22 settembre nel corso della presentazione dei dati semestrali del mercato italiano fatta da Aifi in collaborazione con Pwc. La fotografia dei primi sei mesi del 2023 è tutt’altro che incoraggiante: l’ammontare investito è stato pari a 3,189 miliardi di euro, in calo del 71% rispetto ai 10,863 miliardi del primo semestre del 2022, che era stato fortemente influenzato da alcune operazioni di dimensioni particolarmente elevate. Nel primo semestre 2023, invece, le operazioni di ammontare superiore a 150 milioni di euro sono state solamente 3, contro le 8 registrate nello stesso periodo dell’anno precedente.

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«L’evoluzione del debt market nel primo semestre 2023 ha sicuramente frenato i large e mega deal, che avevano invece caratterizzato positivamente il primo semestre 2022» ha commentato Francesco Giordano, private equity leader di PwC Italia, che prosegue: «Visto il contesto, nei primi sei mesi dell’anno gli operatori si sono principalmente concentrati su transazioni di taglio più piccolo ed in particolare su operazioni di add-on per aumentare la massa critica delle società in portafoglio».

Nel dettaglio, il segmento del venture capital è cresciuto del 10% in numero (232), mentre è diminuito del 7% in termini di ammontare (410 milioni); il buyout ha registrato un calo del 39% per ammontare, pari a 2,215 miliardi, e del 14% per numero, pari a 75: l’expansion è stato caratterizzato, invece, da un aumento del 13% dell’ammontare, pari a 210 milioni, e del 20% del numero, con 18 operazioni. Per quanto riguarda le infrastrutture, gli investimenti sono stati 14, contro i 15 dell’anno precedente, ma l’ammontare è diminuito del 96% (263 milioni di euro), a causa dell’assenza di grandi operazioni, che avevano invece caratterizzato l’anno precedente. Infine le operazioni di turnaround sono state solamente 4 (5 nel primo semestre 2022), per un ammontare pari a 29 milioni (-70%).

Inizio d’anno poco entusiasmante anche sul fonte della raccolta: «Il primo semestre dell’anno mostra una raccolta complessiva in crescita, ma grazie solo alla presenza di alcune iniziative istituzionali nel comparto del venture capital, altrimenti avremmo avuto un calo nella disponibilità di fondi per investimenti - dichiara Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI - per questo motivo è importante che i fondi previsti per il venture capital e per la ristrutturazione non siano deviati verso il costituendo fondo per il Made in Italy. Quest’ultimo dovrebbe invece essere dotato di nuove risorse finanziare per non deprimere un mercato che si presenta debole, come mostrano i dati».

Debole anche il trend dei disinvestimenti: ne sono stati realizzati 54, un numero che segna una crescita del 10% rispetto al primo semestre del 2022, quando erano 49, ma dal lato dell’ammontare, calcolato al costo storico di acquisto, si sono registrati 996 milioni, contro i 1,483 miliardi del primo semestre del 2022 (-33%). «Manca la componente Ipo, ma Aifi sta lavorando con Borsa Italiana a novità normative che possano facilitare le quotazioni nel prossimo futuro» commenta Anna Gervasoni, direttrice generale dell’associazione.

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