Fondi europei ad alto impatto sociale: l'attivazione del dialogo sociale come fattore abilitante
di Anna Teselli *
3' di lettura
Per risolvere il principale e annoso problema del nostro Paese nell’efficientamento della spesa dei Fondi europei, ma soprattutto nella messa a terra di progetti che rispondano effettivamente ai bisogni di territori e di cittadini, uno degli elementi chiave è un vero coinvolgimento del partenariato economico e sociale, al di là degli adempimenti formali e rituali a cui fino a oggi si è spesso ridotta la partecipazione in sede di Comitato di Sorveglianza. È sotto gli occhi di tutti che le disuguaglianze economiche, sociali, di infrastrutturazione materiale e immateriale invece di diminuire sono aumentate nel tempo, nonostante le non poche risorse messe a disposizione negli anni passati dalle politiche di coesione promosse dalla Commissione Europea attraverso i Fondi strutturali di investimento. Il nostro Sud, insieme alle aree interne, ad alcune zone costiere e alle periferie delle grandi città di tutto il nostro Paese, restano tra le aree dell’Europa con più fattori di arretratezza. Anche per la scelta operata dai vari governi che si sono succeduti di non utilizzare in modo aggiuntivo le risorse dei Fondi strutturali per la coesione, ma in modo sostitutivo, di fatto decurtando ampie parti del Paese di investimenti ordinari.
Rilanciare la crescita sostenibile e inclusiva
Il dialogo sociale e il ruolo del partenariato economico sociale per l’attuazione di politiche di coesione capaci di ridurre divari territoriali e disuguaglianze devono essere concretamente rafforzati, specialmente ora nell’epoca delle grandi transizioni digitale e verde, in un momento storico, cioè, in cui è centrale rilanciare la crescita sostenibile, sociale e inclusiva del nostro Paese attraverso un utilizzo efficace dei Fondi europei straordinari (Next Generation EU, a partire dal PNRR) e ordinari (cicli di programmazione dei Fondi Strutturali), in complementarietà con il Fondo nazionale di Sviluppo e Coesione e le altre risorse nazionali.
I nuovi elementi previsti nell’Accordo di Partenariato 2021-2027, tra cui il diritto di voto, Tavoli tecnici tematici e settoriali a cadenza regolare, coinvolgimento prima della pubblicazione degli Avvisi, contribuiscono a individuare un nuovo metodo di lavoro che andrà attuato in collaborazione con le amministrazioni pubbliche responsabili dei Programmi nazionali e regionali in partenza con il nuovo ciclo programmatorio. Gli investimenti necessari per costruire un nuovo modello di sviluppo ad alto impatto sociale, economico e ambientale sono necessariamente correlati alla capacità di sviluppare una programmazione integrata basata su un metodo multi stakeholders; il rischio altrimenti è di non generare processi che modificano realmente le condizioni di vita e di lavoro delle persone nei territori.
Il caso di Garanzia Giovani
In tal senso è emblematico il caso della Garanzia Giovani finanziata nel ciclo programmatorio 2014-2020, un programma che dagli ultimi dati di attuazione rischia di avere un disimpegno di risorse pari quasi al 30% dello stanziamento iniziale, in un Paese che detiene il primato in negativo in Europa per numero e per trend storico di NEET. Le cause sono molteplici: tra queste l’aver coinvolto positivamente il partenariato economico e sociale in alcune fasi cruciali di riprogrammazione, ma l’averlo escluso in quelle di attuazione e monitoraggio. Ad esempio, le misure sperimentali individuate per raggiungere e sensibilizzare i giovani più vulnerabili, non sono state attuate in nessun territorio. Oppure non è stato avviato il Fondo per la creazione di strumenti di finanziamento di investimenti ad impatto sociale (Fondo Social Impact Investments), che avrebbe dovuto sostenere la realizzazione nelle Regioni meno avanzate di centri di
formazione di eccellenza, fondamentali oggi per l’attuazione del Programma Garanzia per l’Occupabilità finanziato dal PNRR.
Il necessario cambio di passo
Per il nuovo ciclo programmatorio 2021-2027, in cui è prevista una concentrazione tematica del FSE+ sulla disoccupazione giovanile pari almeno al 12,5% del totale delle risorse del Fondo, occorre un decisivo cambio di passo nell’attuazione degli interventi di politiche attive rivolte ai giovani e di contrasto all’insuccesso formativo a partire dal Programma Nazionale Giovani donne e lavoro 2021-2027, anche attraverso un adeguato coinvolgimento del partenariato economico e sociale nelle fasi attuative. Non ci saranno politiche ad alto impatto sociale soprattutto nelle aree più fragili del Paese, fuori da un paradigma che rilanci un diverso modello di sviluppo basato su un sistema di occupazione di qualità e di inclusione rivolto alle nuove generazioni, dei cui fabbisogni possono farsi portavoce i numerosi e vari soggetti che compongono il partenariato a livello nazionale e locale.
* Responsabile Politiche di Coesione e Sud – CGIL nazionale
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