Fondi pensione, rendimenti fino al 3,1% in pandemia. Ma pochi giovani e donne
La relazione 2020 dell’Authority: risparmio previdenziale a quota 290 miliardi, 96 sono delle Casse di previdenza. Gli iscritti sono 8,4 milioni, con una crescita del 2,2%
di Marco Rogari
I punti chiave
4' di lettura
Lo scorso anno è riuscito a reggere l’impatto della crisi pandemica. Con rendimenti comunque in crescita soprattutto per i fondi pensione negoziali e per i fondi aperti che, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, hanno guadagnato il 3,1 e il 2,9%, mentre il Tfr si è rivalutato nello stesso periodo dell’1,2 per cento. Ma il nostro sistema di previdenza complementare deve fare i conti con un rallentamento della crescita, seppure contenuto, degli iscritti, che nel 2020 hanno raggiunto quota 8,4 milioni (+2,2% sul 2019), con un’adesione ancora contenuta degli under 35, che rappresentano appena il 22,7% di tutto il bacino, e delle donne, ferme a quota 38,3%.
Senza considerare, poi, le incognite legate alle ricadute sul mondo del lavoro dell’ormai prossimo superamento di molte misure emergenziali adottate dal governo, come ad esempio il blocco dei licenziamenti. Lo stesso presidente della Covip (la Commissione di vigilanza dei fondi pensione), Mario Padula, nelle sue “Considerazioni” sulla relazione annuale riguardante l’attività svolta nel 2020 dall’Authority, ha sottolineato che «il sistema ha nel suo complesso fornito una risposta positiva alla pandemia» aggiungendo però che a «questa risposta, che pure andrà nel prossimo futuro monitorata alla luce del progressivo affievolimento delle misure di contenimento delle ricadute occupazionali della pandemia, concorre tuttavia la particolare configurazione del sistema della previdenza complementare in Italia, che attualmente riguarda soprattutto i segmenti più protetti e più solidi del mercato del lavoro».
Risparmio previdenziale privato a 290 miliardi
Sotto la lente della Covip, in formato “vigilanza”, nel 2020 sono finiti 290 miliardi di risparmio previdenziale: la fetta più cospicua, 198 miliardi, è quella riconducibile ai fondi pensione, alla quale si aggiungono i 96 miliardi delle casse di previdenza. Le risorse accumulate dalle forme di previdenza complementare sono lievitate del 6,7% rispetto all’anno precedente, «un ammontare – si legge nella relazione - pari al 12% del Pil e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane».
Alla fine del 2020 risultavano attivi 372 fondi pensione: 33 “negoziali”, 42 “aperti”, 71 piani individuali pensionistici (Pip) e 226 fondi preesistenti. Come è noto, di questa gamma di Fondi non fa più parte FondInps, che è stato soppresso con il conferimento al fondo Cometa delle posizioni degli iscritti e dei flussi futuri di Tfr.
Coperto il 33% della forza lavoro, al Nord il 57% degli iscritti
Gli iscritti alla previdenza integrativa sono 8,4 milioni, in aumento del 2,2% (ma più contenuto rispetto agli anni precedenti) per un tasso di copertura del 33% sul totale della forza lavoro. In particolare sono 3,2 milioni le adesioni ai fondi negoziali, quasi 1,6 milioni ai fondi aperti e 3,3 milioni ai Pip “nuovi”. Gli iscritti ai fondi preesistenti sono poco più di 600mila. L’appeal delle pensioni complementari resta marcatamente più sentito dagli uomini (61,7%). E anche nel 2020 viene confermato il gap generazionale con la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 51,6% degli iscritti ha un’età compresa tra 35 e 54 anni, il 31% ha almeno 55 anni mentre gli under 35 si fermano al 22,7%. A livello geografico è il Nord a mostrarsi più sensibile alla previdenza complementare, con il 57% degli aderenti.
Incassati 16,5 miliardi di contributi
Lo scorso anno il flusso dei contributi ha raggiunto i 16,5 miliardi, di cui 5,5 miliardi in direzione dei fondi negoziali (+2,9%), 2,3 miliardi dei fondi aperti (+5,9%), 4,6 miliardi dei Pip (+1,6%) e 3,9 miliardi dei fondi preesistenti (+0,2%). Il contributo medio per singolo iscritto è stato di 2.740 euro ma lo scorso anno dal 27,4% degli aderenti alla previdenza complementare non è arrivata alcuna contribuzione. Complessivamente sono state erogate 8,6 milioni di prestazioni.
Rendimenti superiori alla rivalutazione del Tfr
La crisi pandemica si è fatta sentire anche sull’andamento della previdenza integrativa. Nella relazione della Covip si evidenzia che, dopo una prima fase di difficoltà, c’è stato un recupero che, alla fine, ha consentito ai fondi negoziali di garantire un rendimento medio del 3,1% e ai fondi aperti del 2,9%. Nello stesso periodo il Tfr si è rivalutato dell’1,2 per cento. Non è mancata comunque qualche nota negativa, come quella dei “nuovi” Pip di Ramo III che hanno presentato un -0,2 per cento.
Il 56,1% in obbligazioni e titoli, il 17,5% sul debito italiano
La prevalenza degli investimenti resta concentrata su obbligazioni governative e titoli di debito (il 56,1%), con una quota del 17,5% riconducibile a titoli di debito italiano. In aumento i titoli di capitale giunti a quota 19,6% mentre nel 2019 erano al 18,9 per cento.
Nessuna novità sulle Casse di previdenza
La fotografia scattata dalla Covip riguarda l’attività 2019 delle Casse di previdenza ed è perfettamente in linea con l’andamento già noto. Alla fine del 2019, il risparmio previdenziale ammontava, a valori di mercato, a 96 miliardi con un aumento di 9 miliardi (+10,3%) sul 2018. Nella relazione si ricorda che tra il 2011 e il 2019 le attività delle Casse sono cresciute complessivamente di 40,3 miliardi di euro, pari al 72,3 per cento.
L’uscita dalla crisi e la richiesta di un fisco più appetibile
Sull’andamento delle adesioni alle forme “integrative” la relazione della Covip mette in mostra, come negli ultimi anni, ci sia stato «un quadro variegato». L’Authority di vigilanza sui fondi pensione fa notare come le differenze riscontrate nella partecipazione al sistema, ad esempio tra uomini e donne, tra persone in età matura e giovani, tra aree del nord e del sud del Paese, in larga misura non siano variabili indipendenti ma strettamente legate al differente livello di inclusione nel mercato del lavoro.
E a questo proposito lancia un chiaro allarme: «Nell’attuale contesto di maggiore difficoltà economica e sociale, vi è il rischio che si possano perdere di vista i traguardi di lungo termine, come quelli previdenziali». Per questo motivo l’Authority considera «importante» che vengano adottate «il prima possibile» «tutte le iniziative utili per un nuovo e più consistente impulso delle adesioni, al fine di superare i fenomeni di esclusione previdenziale». Non solo: il presidente Padula, ricordando l’impegno della Covip a livello Ue e sul fronte nazionale per favorire l'introduzione dei Pepp (PanEuropean personal pension) ha sottolineato che «nella prospettiva di una migliore integrazione della previdenza del nostro Paese nel quadro europeo andrebbe valutato un intervento di riassetto della fiscalità dei fondi pensione».
loading...