Fondi premiali alle università solo per le pubblicazioni «aperte» a tutti
Entro il 2020 il cloud europeo dell’Open science sarà realtà. Il nostro paese corre ai ripari con la nuova Vqr 2015/2019 che partirà a gennaio: valutati (e premiati) esclusivamente i lavori scientifici pubblicati in «repository» aperti.
di Eugenio Bruno
3' di lettura
La scienza per essere tale deve essere aperta. L’Ue ne è così convinta che ha fissato al 2020 la road map per la nascita del cloud europeo dell’Open science. Alcuni paesi, come la Francia e il Regno Unito, si sono adeguati da tempo. L’Italia sta per farlo. Con il nuovo ciclo di valutazione della qualità della ricerca - la cosiddetta Vqr 2015-2019 - saranno valutati (ed eventualmente premiati) solo i lavori scientifici pubblicati in modalità aperta.
Il cloud europeo della ricerca
Era l’aprile 2016 quando la Commissione europea presentava la sua visione per una scienza aperta e condivisa. Ponendo al centro del progetto la nascita dell’European open science cloud (Eosc) e l’obiettivo ambizioso che lo accompagna: consentire a 1,7 milioni di ricercatori e a 70 milioni di professionisti nel campo della scienza e della tecnologia, l'accesso condiviso ai dati di ricerca della comunità scientifica europea.
Due anni dopo l’esecutivo comunitario ha anche fissato la road map entro cui l’Eosc dovrà diventare realtà. E cioè entro la fine del 2020. Alcuni paesi si sono mossi per tempo.
Ad esempio l’Hcéres - l’Agenzia di valutazione della ricerca ed educazione superiore francese - impone già oggi che qualsiasi pubblicazione originata da progetti finanziati con fondi pubblici debba essere divulgata in open access. A sua volta, il Ref inglese rende visibile elenco della produzione scientifica delle università che è oggetto di valutazione.
Anche l’Italia (sul filo di lana) si adegua
Il tema della scienza aperta e delle sue declinazioni per le università e gli enti di ricerca italiani è tornato d’attualità quest’estate. Quando è stato lanciato il progetto “Eosc-Pillar” che, per i prossimi tre anni, coordinerà le iniziative nazionali di open science in Austria, Belgio, Francia, Germania e appunto Italia. Ma il nostro paese sta per fare un altro passo avanti in questa direzione.
Il decreto ministeriale contenente le linee guida per il nuovo ciclo di Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) 2015-2019 stabilisce infatti che potranno essere valutati (e dunque premiati) solo gli atenei che consentiranno la pubblicazione in modalità open access dei lavori prodotti dai propri docenti e ricercatori.
Vinte le resistenze di rettori ed editori
Appena la notizia ha iniziato a circolare puntuali sono arrivate le perplessità di alcuni rettori o editori. I primi preoccupati dell’extra-costo che poteva derivare dall’obbligo di dotarsi di banche dati aperte. I secondi perplessi per i risvolti sul diritto d’autore delle riviste, più o meno prestigiose, che attualmente ospitano i lavori dei ricercatori.
Il decreto in arrivo prova a risolvere la questione con una doppia”clausola di salvaguardia”. Da un lato, stabilisce che i prodotti della ricerca sono liberamente e gratuitamente accessibili a tutti in almeno uno dei seguenti repertori:repository di ateneo; open subject repository (ad esempio PubMed, ArXiv); discussion papers series e siti web personali dei ricercatori. Dall’altro, dà mandato all’Anvur definire accordi specifici con gli editori sulle monografie. Che rappresentano forse la situazione più delicata.
L’incentivo per l’università
Il provvedimento è alla firma del ministro Lorenzo Fioramonti. Una volta incassato il via libera di Corte dei conti e Consiglio di Stato, il Dm sarà pronto per la Gazzetta Ufficiale. La speranza dei tecnici di viale Trastevere è che ci si riesca entro il 2019 così da consentire all’Anvur di emanare il bando per la nuova Vqr entro gennaio. E utilizzare i suoi risultati almeno per la distribuzione del Fondi di finanziamento ordinario (Ffo) 2020.
I motivi che spingeranno le università ad adeguarsi non sono pochi. Specialmente se si considera che la quota premiale del Ffo nel 2019 ha superato gli 1,7 miliardi e che i suoi 4/5 (vale a dire 1,4 miliardi) vengono notoriamente distribuiti in base alla valutazione della qualità della ricerca. Un incentivo non da poco.
Per approfondire:
● Come valutare le università? Meno algoritmi e più peso alla qualità
● Criteri di valutazione più efficaci negli atenei
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