3' di lettura
Si aprirà il 26 luglio la finestra di sei mesi per gli oltre 200mila risparmiatori che hanno diritto a chiedere il rimborso a carico del fondo da 1,5 miliardi istituito dall’ultima legge di bilancio.
La data non è ancora ufficiale, ma è scritta nelle bozze del terzo provvedimento attuativo necessario a far partire la macchina dei rimborsi. Ieri intanto l’architettura del Fir ha visto completarsi un altro tassello. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha firmato infatti il secondo decreto attuativo, che in quattro articoli istituisce la commissione tecnica dei nove membri chiamata a gestire le domande di indennizzo.
A presiederla sarà Gianfranco Servello, sostituto procuratore generale della Cassazione, il vice sarà Salvatore Messineo, già avvocato generale dello Stato, mentre gli altri sette componenti sono docenti universitari. Ai commissari spetta un compenso da 20mila euro l’anno (30mila il presidente), a cui si aggiunge un gettone di presenza da 200 euro al giorno (300 il presidente) e il rimborso delle spese per chi non risiede a Roma. Compensi e rimborsi saranno a carico del fondo.
La nomina della commissione è un passaggio essenziale per far partire davvero gli indennizzi. «Promessa mantenuta», esulta in una nota il sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa. Per il via effettivo serve appunto il terzo decreto, che comunque è atteso a stretto giro e farà partire i sei mesi per la presentazione delle domande di rimborso.
In lista d’attesa ci sono appunto oltre 200mila persone, che hanno visto azzerate le loro azioni o le obbligazioni subordinate nei crack di 11 banche. Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono le realtà più importanti nel panorama degli 11 istituti saltati, che comprende anche le quattro banche finite in risoluzione nel 2015 (Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara) e altri cinque istituti minori: Credito cooperativo padovano, Banca Brutia, Banca popolare delle province calabre, Banca di Paceco e Credito cooperativo interprovinciale Veneto.
Le domande andranno presentate attraverso il canale telematico nel portale Consap, che è stato messo online nei giorni scorsi con tutte le informazioni del caso e diventerà operativo con la firma del terzo e ultimo decreto attuativo.
Le istanze finiranno sui tavoli della commissione, ma con due modalità diverse. Per chi non supera i 35mila euro di reddito Irpef nel 2018, oppure i 100mila euro di patrimonio mobiliare, la commissione si limiterà a verificare i requisiti che aprono la strada dell’indennizzo “diretto”. Per gli altri, non più di 20mila persone secondo le stime del ministero dell’Economia, ci sarà invece un esame più approfondito, che in ogni caso è blindato dalla tipizzazione delle violazioni massive già definita con il primo decreto. Violazioni che si verificano prima di tutto quando la vendita dei titoli è avvenuta senza «l’osservanza dei presidi informativi o valutativi idonei ad assicurare la consapevolezza e l’adeguatezza dell’acquirente rispetto al profilo di rischio». Lo stesso accade nei casi di operazioni baciate, quando l’acquisto di bond e azioni è stato imposto dalla banca per concedere crediti, quando il profilo di rischio assegnato al cliente è stato alzato contestualmente o poco prima della vendita dei titoli poi azzerati, oppure è stato assegnato in modo “incongruo” rispetto all’età o alla situazione patrimoniale del cliente. Diritto automatico anche per chi ha investito in banche accusate di falso in bilancio o falso in prospetto (molte indagini sono in corso) e per chi è stato obbligato a vendere altri titoli per comprare quelli della banca.
loading...