Food delivery troppo inquinante: i big corrono ai ripari
Glovo utilizzerà più packaging green, Just Eat migliorerà l’efficienza energetica delle sedi e Deliveroo aumenterà i veicoli elettrici
di Maria Teresa Manuelli
4' di lettura
È allarme per il boom di emissioni causate dall’home delivery: i veicoli che si occupano delle consegne dei pacchi e del food a domicilio, infatti, sono responsabili del 3% delle emissioni globali di gas serra, ma entro il 2050, secondo quanto rivelato in un articolo dal Washington Post, l’impatto salirà al 17% (+567 per cento). Un dato preoccupante che ha portato alcune grandi città addirittura a proibire l’insediamento di dark store e dark kitchen, ovvero i negozi e le cucine non aperti al pubblico ma dedicati esclusivamente al delivery.
Lo ha appena fatto la città di Barcellona (1 milione e 700 mila abitanti), seguendo l’esempio di Amsterdam e Rotterdam, le quali avevano adottato provvedimenti molto simili già lo scorso anno. Secondo la pubblica amministrazione della città, queste attività peggiorano la qualità della vita dei cittadini creando eccessivo disturbo e inquinamento. La norma costringerà le dark store e kitchen da ora in poi a collocarsi solo nelle aree industriali della periferia urbana. Provvedimento simile è stato adottato anche a Madrid.
Eppure con la pandemia il delivery è diventato un servizio chiave per i cittadini, a cui ora non intendono rinunciare. Soprattutto per quanto riguarda il food, settore che continua a crescere sopra la media: nel nostro Paese, stando ai dati dell’Osservatorio ecommerce B2C Netcomm del Politecnico di Milano, ha visto un balzo del +17% lo scorso anno rispetto al 2021, raggiungendo un valore di 4,8 miliardi di euro.
Qual è allora la chiave per non rinunciare al servizio e preservare l’aria delle grandi metropoli? «L’ultimo miglio rappresenta un aspetto decisivo non solo per la catena di distribuzione, ma anche per il futuro della mobilità sostenibile: è necessario trovare un rimedio al traffico eccessivo e ridurre l’inquinamento, entrambi dovuti sempre più anche ai veicoli commerciali», afferma Roberto Sposini, chief mobility editor di LifeGate, che lo scorso dicembre ha lanciato il tema in un educational digital talk per individuare le soluzioni migliori da proporre per un futuro dell'ultimo miglio più green. Su questo, però, le piattaforme di delivery non sono impreparate e già da tempo hanno messo in agenda la sostenibilità ambientale, da Getir a Sezamo, a Bofrost.
Glovo, per esempio, ha dichiarato che intende diminuire le proprie emissioni di CO2 del 42% entro il 2030, mettendo le attività commerciali dei partner nelle condizioni di poter ridurre gli sprechi alimentari, eliminare gli imballaggi in plastica monouso e accedere a soluzioni logistiche a basse emissioni di CO2. Dal punto di vista della mobilità, più del 50% dei rider della flotta utilizza bici o veicoli elettrici per le consegne e per compensare le emissioni del restante 50% sono state stipulate partnership con enti dedicati. Il big delle consegne si impegna, inoltre, affinché i partner utilizzino un packaging sostenibile e, adottando un approccio zero waste, combatte lo spreco alimentare attraverso una serie di partnership con Ong locali, tra cui Banco Alimentare, con le quali distribuisce le eccedenze a livello locale.
Il Gruppo Just Eat Takeaway.com, nel 2021, ha avviato un percorso di sostenibilità con l’impegno a ridurre le emissioni di carbonio entro il 2030, attraverso una serie di azioni, che vanno dal miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici delle proprie sedi, all’impiego di mezzi elettrici per il lavoro dei propri rider dipendenti, fino all’implementazione di packaging e materiali sostenibili e al supporto ai propri ristoranti partner nell'attuazione di pratiche che siano sostenibili sia per le persone sia per l'ambiente.
«A Roma, dove abbiamo aperto il primo polo logistico nel 2022 – spiega Daniele Contini, country manager Just Eat Italia – sono 120 gli scooter elettrici a disposizione dei nostri rider. Questa scelta ci consentirà di risparmiare emissioni per circa 61mila kg/anno di CO2: di fatto, come piantare circa 4 mila alberi in città. Le consegne fatte con il nostro modello di delivery, inoltre, hanno un’intensità di emissioni fino a 9 volte inferiore rispetto alle consegne dei veicoli a petrolio».
Molti, infatti, hanno individuato la soluzione nell’elettrico. Per il report “Decarbonizzare i trasporti. Evidenze scientifiche e proposte di policy” del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, consentirebbe di ridurre del 37% le emissioni di CO2 rispetto ad un veicolo a combustione.
Deliveroo, la piattaforma leader dell’online food delivery, ha così visto aumentare nel 2021 l’utilizzo di veicoli elettrici – bici e moto – da parte dei propri rider del 210% rispetto al 2020. Nel complesso, oggi il 14% dell’intera flotta di rider sceglie di consegnare utilizzando e-bike o moto elettriche, con punte fino al 40% come a Bolzano.
Kuiri – la startup milanese di kitchen sharing – ha un approccio diverso: oltre a una flotta composta per il 70% da rider in bicicletta, grazie all’app Megamix riesce a effettuare più ordini in contemporanea da diverse insegne di ristorazione con una sola transazione e abbattere ulteriormente i livelli di CO2 accontentando più persone con un’unica consegna.
Anche Bevy, startup italiana di acqua e beverage delivery, possiede una flotta di mezzi 100% elettrici e, grazie a un sistema di algoritmi predittivi, è in grado di ottimizzare consegne e rotte, riducendo tempi di consegna ed emissioni.
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