Food industry monitor: crescita dell’alimentare a rischio se non cala l’inflazione
Secondo il report annuale dell’Università di Pollenzo e Ceresio Investors: trend del fatturato sopra a quello del Pil, ma gli indici redditività già in calo potrebbero peggiorare in caso di altri shock
di Emiliano Sgambato
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Prospettive ancora positive per l’industria del food, nonostante l’inflazione che frena il carrello della spesa degli italiani: anche se gli indici di redditività sono in calo, il settore continua a fare meglio del Pil, anche grazie al buono stato di salute dei consumi fuori casa e al trend delle esportazioni, che crescono ancora nonostante i risultati storici macinati negli ultimi anni. Sono le previsioni sul comparto alimentare che emergono dal Food industry monitor a cura dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Ceresio Investors.
Dopo il +12% nel 2022, quest’anno per l’industria alimentare italiana si prospetta infatti «una crescita nei fatturati dell’8,4%, mentre l’incremento dell’export si attesterà sul +10%» (dopo il + 16% e il +12% registrati negli anni precedenti). L’aumento dei costi, riversato solo in parte sui prezzi finali, ha eroso i margini, che però – almeno nel 2022 e secondo il report che analizza i dati di un campione di 850 aziende, attive in 15 comparti per un fatturato aggregato di circa 70 miliardi – restano in terreno ampiamente positivo.
In particolare l’indice Ros (Return on sales) passa dal 5,8% del 2021 al 4%. Scende dall’8 al 6,5% anche la redditività del capitale (Roic) «per effetto dell’aumento del capitale investito in scorte di materie prime e semilavorati». Per il 2023 «si prevede una ripresa del Roic con valori vicino alla media del periodo, mentre continuerà la pressione sui margini commerciali».
A preoccupare un po’ di più è forse la crescita dell’indebitamento, vista la progressione dei tassi di interesse bancari. Se il caro prezzi ha indubbiamente già colpito, a preoccupare gli analisti sono eventuali scenari futuri in cui questo non diminuisse.
«Il tema inflazione resta centrale per capire come evolverà la seconda metà del 2023 e il 2024, in quanto un’erosione significativa del potere d’acquisto delle famiglie comporterebbe un ridimensionamento della crescita», ha commentato il professor Carmine Garzia, responsabile scientifico dell’Osservatorio. Se permanessero gli scenari macroeconomici attuali, comunque, la crescita del settore dovrebbe proseguire e per il 2024 si stima un +5,7%. Tra i comparti con performance «a due cifre» nel 2023 il report segnala «farine, surgelati, latte, distillati, salumi e vino». Sopra la media del settore anche pasta e birra. Sotto la media invece conserve, caffè, acqua, olio e dolci.
«Le aziende del comparto si caratterizzano per un certo dinamismo e rapidità di esecuzione – ha commentato Alessandro Santini, head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors – ma sono ancora troppo piccole per fare leva sui volumi di acquisito e per realizzare economie di scala che permetterebbero di ridurre i costi operativi. Incentivare le aggregazioni e spingere la crescita attraverso fusioni e acquisizioni porterebbe ad avere aziende più solide e competitive anche sui mercati internazionali».
Il Food industry monitor quest’anno ha indagato anche un campione di 3.367 start up (che si rivelano spesso non fondate da giovanissimi: il 44% dei fondatori è nato tra il 1965 e il 1979). Di queste le aziende indipendenti (83% del campione) sono prevalentemente di piccole dimensioni, con un fatturato medio di un milione di euro, contro gli oltre 4 milioni delle aziende con investitore industriale (15% del campione) e i 2 milioni di quelle supportate da investitore finanziario (2% del totale).
La performance di crescita delle start up (Cagr 2015-2022) è stata pari al 24% tra il 2015 e il 2022), ma con redditività commerciale molto inferiore alla media generale del food. Nei dieci anni analizzati le aziende del campione hanno depositato 316 brevetti (quasi il 60% però provengono dalla start up industriali).
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