Foodora, ai rider la retribuzione dei dipendenti
di Matteo Prioschi
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I ciclofattorini hanno il diritto a essere pagati sulla base della retribuzione prevista per il contratto collettivo di lavoro della logistica trasporto merci. Con la sentenza 26/2019, la Corte d’appello di Torino, sezione lavoro, ieri ha accolto parzialmente le richieste dei rider che hanno prestato servizio per Foodora consegnando pasti a domicilio.
In primo grado il giudice ha respinto tutte le richieste dei lavoratori, in particolare negando l’esistenza di un rapporto subordinato perché non sono obbligati a effettuare le consegne.
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La Corte d’appello ha preso una decisione diversa, riconoscendo ai ciclofattorini maggiori diritti sul fronte economico. La Corte, si legge nella sentenza, le cui motivazioni devono essere depositate, «accerta e dichiara ex articolo 2 del Dlgs 81/2015 il diritto degli appellanti a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione alla attività lavorativa da loro effettivamente prestata in favore dell’appellata sulla base della retribuzione, diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del V livello Ccnl logistica trasporto merci, dedotto quanto percepito».
Tuttavia non c’è riqualificazione del rapporto di lavoro. Come spiega l’avvocato Paolo Tosi, che ha difeso Foodora, «è stata ritenuta applicabile la norma contenuta nell’articolo 2, primo comma, del Dlgs 81/2015 secondo cui anche a rapporti non subordinati si applica la disciplina del lavoro subordinato se ricorrono determinate condizioni. Il giudice di primo grado aveva ritenuto che tali condizioni non sussistessero. Noi siamo sorpresi e siamo convinti che la sentenza di primo grado fosse adeguatamente motivata. Leggeremo nelle motivazioni come il collegio torinese ha ritenuto di pervenire a questa applicazione».
Secondo il Dlgs 81/2015 “l’equiparazione” scatta a fronte di rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni «esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». È probabilmente la prima volta che questa previsione normativa trova applicazione da parte della giurisprudenza.
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Soddisfazione per la decisione è stata espressa dagli avvocati dei lavoratori. «La sentenza dimostra che non eravamo dei pazzi quando affermavamo che queste persone avevano dei diritti - ha commentato Silvia Druetta, uno dei legali degli ex fattorini -. È la conferma che i diritti esistono».
Decisione considerata un’ottima notizia dalla Filt-Cgil perché «valorizza la nostra scelta di aver inquadrato per la prima volta in un contratto nazionale la figura del rider». Il riferimento è all’accordo del 18 luglio scorso sottoscritto tra Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti Confetra, Fedit, Assologistica, Federspedi, Confartigianato trasporti secondo cui all’attività di consegna delle merci che non richiedono la patente B o superiore si applicano tutte le copertura assicurative e previdenziali (a cui la sentenza della Corte d’appello di ieri non pare fare riferimento) previste dalla legge e dal Ccnl logistica.
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