Foresight 2020: un cantiere-Italia per ripensare case, ponti e spazi lavoro post-Covid
All’evento – organizzato online da Lombardini 22 – 10 professionisti (dal real estate all’industria, dalla sanità al turismo), per intercettare soluzioni sulla qualità di vita, lavoro e tempo libero dopo la pandemia
di Laura Cavestri
4' di lettura
«Sono sindaco da 3 anni e ogni 6 mesi ho affrontato un’emergenza». Come spiega Marco Bucci, sindaco di Genova – partendo dal crollo del ponte Morandi – per affrontare le emergenze bisogna avere una visione complessiva del problema e poi agire con piani operativi veloci e con tecniche di project management. Da un lato, per affrontare i problemi pratici (dalle vittime alle macerie a reperire case per gli sfollati e aprire strade alternative per non paralizzare la città). Poi, bisogna gestire la ricostruzione in allineamento tra tutte le pubbliche amministrazioni e ricostruire utilizzando le migliori pratiche del project management. Per poter decidere e metterci la faccia».
Parte con la testimonianza di Marco Bucci, sindaco di Genova – città piegata prima dalla caduta del Ponte Morandi e poi, proprio in queste ore, da un cluster di covid aggressivo proprio nel capoluogo ligure – il Foresight 2020, l’iniziativa dello studio di architettura. ingegneria e design, Lombardini 22, che è una piattaforma di scambio continuo, in progress, tra attori di discipline diverse. Con l’obiettivo di disegnare traiettorie e nuove mappe sul futuro della città e del nostro ambiente costruito. L’ambizione è quella di dare forma, attraverso il coinvolgimento di 10 speaker, a possibili mappe di riferimento per interpretare la complessità del presente al di fuori di solchi già tracciati.
Gli spazi del lavoro
Il maggiore impatto della pandemia si è però avuto sull’organizzazione del lavoro.«Generali ha 17mila dipendenti ed Eni 21mila – spiega Dario Di Vico, editorialista del Corriere della Sera che ha studiato come le grandi imprese italiane stanno gestendo la nuova organizzazione del lavoro –. Aziende che stanno già ragionando sul post-vaccino, su come riorganizzare il lavoro in maniera strutturale. Eni punta a 65% in ufficio e 35% in smart working. Per Generali lo smart working riguarderà il 100% ma a rotazione (con 2 giorni di presenza in ufficio). Tutto ciò apre domande. Le aziende faranno una grande operazione di risparmio sui costi fissi ma con il lavoro da remoto sarà anche più facile intercettare le “zone grigie”, il lavoro ridondante che magari non serve più. Cosa succederà agli spazi liberati? Entrambi lo traducono con apertura all’esterno (clientela, start-up). Ma il tema dei costi rischia di spostarsi sulle famiglie. Strutturare il lavoro da casa oltre l’emergenza significa aver bisogno di una stanza in più o di spazi coworking. Ma chi li paga? Chi investe su questo? I lavoratori? L’impresa? Come si selezionerà il management e le capacità di leadership se l’ufficio è a casa?».
Attenzione, che però l’interazione è crescita e innovazione – fa notare Salvatore Majorana, direttore di Kilometro Rosso –. Fare trasferimento tecnologico è soprattutto fare confronto, interazione anche fisica, che lo smart working non può esaurire. Gli spazi vanno ripensati ma la dimensione su cui crea cultura e valore non può prescindere dalla continuità ed è questo che sta consentendo a robotica e intelligenza artificiale di essere oggi al servizio della eco-sostenibilità anche nelle costruzioni».
«L’immobiliare vale il 19% del Pil italiano – ha sottolineato Valeria Falcone (Barings Real Estate) –. La clientela oggi è molto esigente e già molto avanti. L’attenzione non è più solo alla sostenibilità eco e ambientale ma si guarda all’edificio anche come spazio social, innovativo e capace di tutelare la “salute”. Oggi le imprese vogliono investire in uffici complessivamente capaci di rispondere al benessere complessivo, di chi ci lavora e dell’ambiente. La classe energetica non basta più a vendere o affittare uno spazio. E gli spazi non in grado di rispondere a quest esigenze sarà espulso dal mercato. Già questa tendenza si vede».
Cantiere-Italia
«Quando si parla di infrastrutture, idrogeno o Italia come terminale del gas, spesso dimentichiamo altre priorità, come intervenire sul dissesto idrogeologico, sulle rinnovabili e su unedilizia di qualità accessibile per tutti – ha detto Monica Frassoni, presidente della European Alliance to Save Energy (EU-ASE)– . L’Italia disperde ancora oggi il 40% delle risorse idriche. Il 40% delle emissione viene dal settore edilizio e il 70-80% del nostro patrimonio edilizio non è efficiente. Il super bonus è una grande opportunità di cui l’Italia è apripista in Europa. Non concentriamoci però solo sulle case per ricchi. L’Italia deve diventare un enorme cantiere nei prossimi anni. Ma questo è il modo corretto di scommettere sul nostro futuro. Oggi ci sono 3,5 milioni di italiani (il 13% della forza lavoro) occupati nella green economy. Ma nel dibattito italiano c’è ancora una forte disconnessione tra green economy e priorità che sembrano contraddittorie».
La dimensione dei più giovani
«Meno oggetti e più esperienze da condividere. Connettere persone, culture e storie. Quanto oggi nella costruzione di uno spazio abitativo è importante avere una community e dei servizi? Quello che vale per i viaggi oggi, in tempi di covid, può valere per la casa – spiega Paolo De Nadai, fondatore ScuolaZoo & WeRoad –. La chiave del successo di WeRoad è la community dei viaggiatori, l’ossessione per far vivere un’esperienza utente. No alle catene, sì alle guide e ai compagni di viaggio preparati. Altrettanto si può fare sulle community based building, cioè edifici dedicati al coliving e a un target giovane (studenti e/o lavoratori) che puntano soprattutto ai servizi: non solo le pulizie o la spesa online, ma soprattutto a offerte di community per il tempo libero ( il cineforum, le cene a tema, i weekend, i viaggi). Il vicino di casa non deve essere più quello con cui litigare alle assemblee di condominio ma deve diventare il tuo compagno di esperienze».
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