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Foreste e terreni agricoli, l’alternativa «green» per portafogli immobiliari

I vantaggi di immagine (e non solo) degli investimenti in capitale naturale

di Laura Cavestri

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2' di lettura

Gli investimenti forestali e in terreni agricoli (il cosiddetto natural capital) si stanno facendo largo nella finanza sostenibile in Usa e Nord Europa. I vantaggi strategici – in termini di compensazione della Co2 prodotta, dei carbon crediti ma anche di reputation brand di un gruppo – sono evidenti. Ma ci sono anche effettivi vantaggi pratici, come spiega Chris Lipton, head of Timberland Investments per il Gruppo Nuveen, di passaggio in Italia dove ha chiuso il suo viaggio in Europa per promuovere, tra i clienti della società, le opportunità di questa asset class che in Usa e Canada cresce da 30 anni.

«L’investimento in “capitale naturale”, quali foreste, boschi e terreni agricoli – ha detto Lipton – assicura bassi livelli di volatilità, alti livelli di rendimento rispetto al rischio dell’investimento e una bassa correlazione con altre asset class, consentendo di ridurre la componente di rischio all’interno del portafoglio d’investimento. Inoltre, proteggono l’investitore dagli effetti dell’inflazione sul valore dell’investimento. Gli alberi, infatti, crescono indipendentemente da crisi economiche e dalle condizioni dei mercati finanziari».

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Negli Usa sono una realtà da 30 anni. In Italia, una novità (quasi) assoluta, i cui rendimenti complessivi, Chris Lipton sintetizza in circa il 7 per cento annuo.

Secondo Nuveen, complessivamente, dal 1992, i terreni boschivi e agricoli hanno registrato, in media, rendimenti del 9,1% e del 10,9%, superando di gran lunga il tasso di inflazione medio annuo nello stesso periodo.

Con 9,4 miliardi di asset under management e tre milioni di acri su 600 proprietà in dieci Paesi, gestiti da Nuveen, Lipton prevede che «gli asset legati alla terra ben posizionati per partecipare ai mercati ambientali e offrire sistemi di produzione sostenibili ed efficienti dal punto di vista delle emissioni, beneficeranno della transizione verso un’economia a basse emissioni che aumenterà la domanda di alimenti, fibre tessili e legname certificati sostenibili ed efficienti dal punto di vista delle emissioni, sostenendo di rimando i prezzi di questi prodotti. Inoltre, man mano che un numero maggiore di attività economiche sarà inserito nei sistemi di tariffazione delle emissioni, ci aspettiamo che nel tempo si rafforzi la correlazione tra i prezzi del carbonio e l’economia generale».

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