percorsi di carriera

Formare e trattenere i talenti in azienda? Serve un manager ad hoc

di Gianni Rusconi

(monamis - Fotolia)

3' di lettura

Uno stipendio alto può non bastare. Se attrarre i lavoratori più talentuosi è molto difficile, riuscire a trattenerli in azienda lo è ancora di più. Puntare solo sull’aspetto economico, di certo molto importante, non sempre risulta sufficiente, ed è per questo motivo che diventa assolutamente indispensabile avere una politica di gestione e promozione dei talenti ben definita e strutturata. Che punti all’offerta di percorsi di carriera e di crescita ben definiti e su altre tipologie di benefit non monetari, come per esempio la formazione continua, il welfare o il work-life balance, e che tenga contro di un ambiente lavorativo soggetto all’azione di diverse variabili, dalla mobilità (soprattutto dei soggetti più giovani) alla diversificazione delle esperienze professionali fino alla componente (sempre più strategica) della formazione.

«L’aspetto più importante – spiega al Sole24ore.com Francesca Contardi, Managing Director di EasyHunters, società di ricerca & selezione specializzata in servizi di recruitment digitali – è quello fidelizzare i propri dipendenti, proprio come si fa con i clienti. La leva dello stipendio può non bastare, in quanto ci potrebbe essere sempre un concorrente che può o vuole pagare di più, ed ecco perché le aziende stanno maggiormente investendo tempo e risorse per comprendere i desideri e le richieste dei propri dipendenti e per provare a soddisfarli. Partendo da un presupposto che non dobbiamo dimenticare: i talenti non hanno età, possono essere neolaureati o manager con diversi anni di carriera alle spalle, e sono diversi da azienda ad azienda».

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Per intercettare sul mercato i talenti e portarli all’interno della propria organizzazione non ci sono ricette magiche se non quella di valutare, in sede di recruitment, quanti più possibili candidati. Ma, come giustamente osserva Contardi, se di laureati in giurisprudenza ce ne sono tantissimi, molte meno sono le figure che hanno competenze ed esperienze sopra la media in fatto di nuove tecnologie. E quando queste si individuano non è nell'offrire loro ponti d’oro (soprattutto se parliamo della generazione millennials, le cui aspirazioni vanno oltre un buono stipendio) che si risolve il problema.

«Spesso occorre crescere i talenti in casa – conferma infatti la manager di EasyHunters – e per farlo bene servono strumenti e figure professionali idonee». Una delle figure più interessanti in questo senso è il Leadership & Learning Manager, e cioè il professionista che, sulla base dei bisogni dell’azienda, si occupa di ideare e realizzare il piano di formazione di ciascun dipendente e i corsi necessari per stare al passo con i tempi, di elaborare i percorsi di carriera e di svolgere i colloqui di assessment per lo sviluppo interno dei profili ad alto potenziale e dei leader. Le retribuzioni per questi professionisti, fanno sapere da Easy Hunters, sono interessanti: si va dai 25mila ai 35mila euro annui per chi ha meno di cinque anni di esperienze e tra i 38/40mila e i 50/58mila euro per chi vanta a curriculum tra i cinque e i 10 anni di professionalità pregressa. Di norma sono laureati in psicologia, provengono da una formazione umanistica, hanno conseguito master in risorse umane e hanno esperienze in materia di coaching.

«Questa tipologia di manager, seppur nuova, è ormai diffusa su scala internazionale – dice ancora Contardi – e nasce sulla spinta delle grandi tech company americane. Il suo compito principale è in buona sostanza quello di far stare bene le persone in azienda e l’impatto della sua attività può essere molto rilevante, perché cercare le persone giuste costa e perdere quelle che sono già in organico, soprattutto se di talento, costa ancora di più». In Italia non abbiamo una grande tradizione di Leadership & Learning Manager e negli organici aziendali li troviamo di fatto solo nelle medie imprese con oltre 300 dipendenti e nelle multinazionali.

Prenderà il posto dell'Hr manager? No, almeno per il momento. «Lo affianca diventandone la seconda linea e si focalizza sull’ascolto dei fabbisogni dei lavoratori, talenti in primis. In futuro, all’aumentare delle funzioni che ricadranno sotto la sua responsabilità, potrebbe anche sostituire nell’organigramma la figura che tradizionalmente gestisce le risorse umane», conclude Contardi.

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