DIGITAL #Z

Formazione, ecco come parlare ai più giovani

Lavoro

di Davide Dal Maso

2' di lettura

Una delle sfide più grandi che dovremo affrontare nei prossimi 10 anni? Sicuramente una di queste sarà preparare e formare la generazione Z perché si affacci al mondo del lavoro in maniera qualificata e i ragazzi possano entrare dalla porta principale nelle piccole e medie imprese manifatturiere, industriali e artigiane. Ecco alcuni consigli su come attrarre un giovane alle prese con la scelta del percorso scolastico o lavorativo.

1. Raccontare storie e testimonianze. L’instabilità spaventa i giovani della GenZ, una generazione cresciuta in piena crisi 2008 e che ha vissuto in modo estremamente penalizzante questo periodo di pandemia. Sono spaventati sempre di più dal vortice di stage continui che molti coetanei stanno affrontando e che non li permette di costruire delle basi per il futuro.

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Siete un azienda che non richiede una formazione specialistica di alto livello, come l’università, per la mansione per cui state ricercando personale? Allora è necessario comunicare nei vostri canali digitali degli esempi di chi ha iniziato da poco e sin da subito ha avuto delle gratificazioni, a livello economico e non solo.

2. Raccontare che sono lavori tecnologicamente avanzati. Nella maggior parte delle aziende non si lavora più come 40 anni fa, ora ci sono stampanti 3d, macchine a laser avanzate e tecnologie di ultima generazione. Finché non si racconta bene questo aspetto, l’idea è quella di lavorare a vita in un posto dove il lavoro è faticoso, senza possibilità di crescita e totalmente manuale. Questo tipo di racconto attirerà sempre meno giovani. Delle domande trainanti a cui dovete cercare di dare risposta sono: «Cosa divento dopo i primi 12-24 mesi? Se sono bravo, quanto sarò pagato? Che responsabilità avrò?»

3. Più orientamento e più comunicazione... fatta bene!

Per riuscire a migliorare la percezione di scuole professionali o degli Its bisogna scardinare la vecchia comunicazione. È necessario cambiare registro e modi con cui promuovere questo tipo di percorsi di formazione, così da abbattere definitivamente il falso mito che scegliere un percorso professionalizzante sia una scelta peggiore rispetto ad andare al liceo e poi all’università. Non lo è, ognuno di noi è diverso. Per un giovane non c’è di peggio che accorgersi dopo dieci anni di studio, tra scuola superiore e università, che non c’è lavoro nel settore su cui aveva riposto le proprie aspettative, che c’è una competizione spietata al ribasso e che la tendenza prevalente è essere spinti a fare un lavoro momentaneo molto distante da ciò che si è studiato. E non c’è appellativo “dottore” che tenga quando il giovane si accorge di essere stato spinto nella direzione sbagliata.

Investire nell’orientamento, nella formazione e nella attrattività di un territorio non può più essere un’attività collaterale, ma è una priorità.

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