«Formazione strategica per restare competitivi, occorre lavorare sul mismatch»
Parla il presidente del fondo For.Te., Paolo Arena. Il sottosegretario Durigon: «in arrivo il decreto sulla certificazione delle competenze»
di Simona Rossitto
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L’occupazione che tiene ma con aree molto critiche come quelle che riguardano donne e giovani; un mondo in profonda trasformazione tra gli eventi economici e geopolitici e l’innovazione tecnologica; un mismatch di competenze che rischia di fermare il Paese. Sono le tematiche emerse nella prima giornata del secondo Forum sulla formazione continua, organizzato dal Fondo For.te., in collaborazione con 24 Eventi. Un evento patrocinato dal Parlamento europeo che cade nel contesto nell’Anno europeo dedicato alle competenze.
«Abbiamo voluto intitolare questo secondo forum ‘Dare forma al futuro’ perché la formazione è un elemento strategico per cercare di essere più resilienti e anticipare le attività future e i cambiamenti dei prossimi anni», afferma Paolo Arena, presidente del Fondo For.Te.. E per pensare alla formazione continua, prosegue, «bisogna cambiare il paradigma di come viene vista la formazione. Secondo alcuni è ancora una perdita tempo» ma «è l’ unico metodo per affrontare il futuro».
Tripoli (Unioncamere): il mismatch potrebbe arrivare al 45% delle assunzioni
Tanti i problemi che rappresentano oggi nuove sfide: il mercato, spiega Arena, che corre «alla velocità della luce per quanto riguarda le nuove tecnologie digitali»; il «grande problema dell’invecchiamento della popolazione», senza dimenticare «le polveriere di guerra che stanno interessando anche il mondo occidentale. Tutti eventi che stanno cambiando la nostra vita». Il mondo del lavoro è, di conseguenza, colpito da grandissime trasforamazioni e bisogna capire, aggiunge il presidente, «quali sono le soluzioni che dobbiamo fornire per la problematica del mismatch», ovvero il divario tra la domanda e l’offerta di lavoro. «C’è quindi una parola d’ordine oggi nei moderni mercati del lavoro: formazione! È cruciale adeguare le competenze dei lavoratori per rimanere competitivi, con una formazione mirata, personalizzata e che ben s iconiuga con le “tecnologie abilitanti”», evidenzia il presidente.
Alle radici delle problematiche odierne, tra cui il mismatch, c'è il fatto che l’offerta formativa, riflette Maurizio Del Conte, professore ordinario di diritto del lavoro all’università Bocconi, «non è strutturata in modo coerente al fabbisogno. Dipende da tante ragioni: in Italia manca un sistema di raccordo tra scuola, orientamento alla formazione, e formazione erogata». Nel 2023 «la difficoltà di incontro domanda offerta di lavoro – ha affermato Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere - potrebbe arrivare al 45% delle assunzioni previste dalle imprese». Il fenomeno «non riguarda solo l’Italia, ma da noi è cresciuto molto rapidamente, riguarda gran parte dei settori economici e si spiega in gran parte con la carenza vera e propria di candidati». Questo fenomeno, ha spiegato, «è fortemente connesso con la richiesta di competenze digitali e legate alla green economy: per quasi 2 profili professionali su 3 ricercati dalle imprese è richiesto il possesso di competenze digitali di base, mentre competenze informatiche avanzate sono ricercate per circa la metà delle figure da assumere. Le competenze collegate alla green economy sono ancora più richieste, quasi al pari delle competenze trasversali, e sono ricercate per circa 4 candidati all’assunzione su 5».
Durigon: la formazione va certificata, decreto in costruzione
Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro, si è soffermato in particolare sulla necessità che le competenze in Italia siano certificate: il decreto sulla certificazione delle competenze «è in costruzione, possiamo collaborare e trovare soluzioni adeguate per noi». Quanto alle risorse per la formazione, queste ci sono, «nel Pnrr le abbiamo messe» e ora occorre «mettere al centro gli operatori che hanno la possibilità di poterli investire bene». Riguardo a donne e Neet, che rappresentano le aree deboli in un contesto di crescit dell'occupazione, occorre fare di tutto per risolvere queste problematiche
Nonostante il mercato del lavoro resista ci sono donne inattive al 43%
Guardando ai dati, la fotografia che emerge, in effetti, è in chiaroscuro: nonostante un’economia in affanno, infatti, il mercato del lavoro sta resistendo. Ad agosto l’occupazione ha continuato a salire sul mese (dopo una frenata a luglio), la disoccupazione è scesa al 7,3%, con -0,2 punti rispetto a luglio (ai minimi da 14 anni), e l’occupazione è salita al 61,5%, con un +0,1% sul mese precedente, facendo rilevare una variazione positiva pari a 523mila unità nel confronto con il 2022. Tuttavia, come suddetto, la partecipazione femminile nel mondo del lavoro è scarsa: il 43% delle donne è inattivo, e dalla difficoltà della popolazione giovane di inserirsi nei contesti lavorativi. Nel 2022 i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, sono quasi un quinto della popolazione giovanile tra i 15 e 29 anni (circa 1,7 milioni di ragazzi). Un tasso di 7 punti superiore a quello della media europea.
Riguardo al problema dei giovani e, in particolare di quei giovani che per ragioni di censo non riescono ad avere accesso al mondo dell’istruzione come vorrebbero, Marco Morganti, senior advisor for impact- gruppo Intesa San Paolo, ha sottolineato, nel corso del forum, come stia «diminuendo il numero dei ragazzi del Sud che vanno all’università. Per contrastare un fenomeno come questo, ovvero la riduzione dell’accesso all’istruzione superiore, uno strumento può essere il credito. Accesso al credito che diventa accesso ad alcuni diritti che sono diritti costituzionali, come l'istruzione». La parola chiave per superare questo impasse diventa, dunque, «passare dal merito di credito al diritto al credito».
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