Formazione tecnica più forte se legata a imprese e territori
La fondazione Agnelli rileva che in Italia gli Its Academy rappresentano appena l’1,1% del totale dell’istruzione terziaria, a fronte del 40% tedesco, del 29% francese e del 27% spagnolo
di Claudio Tucci
3' di lettura
La presenza attiva delle imprese nella governance e nella progettazione della didattica, e la sinergia con i territori. Un orientamento, ben strutturato, nelle scuole verso l’offerta terziaria professionalizzante (in Italia, gli Its Academy); e una collaborazione con l’università, per favorire le “passerelle” ma anche, e forse soprattutto, per intercettare gli abbandoni al primo anno, che in alcuni casi toccano il 20% nei percorsi Stem.
Sono questi gli “ingredienti giusti” per far decollare, anche da noi, la seconda gamba, professionalizzante e più vicina al mondo del lavoro, dell’istruzione terziaria. Che, come evidenzia una ricerca della Fondazione Agnelli («Gli Its Academy: una scommessa vincente?»), curata dal professor Matteo Turri, presentata ieri all’università di Milano, è realtà consolidata in Europa. In Germania, patria del duale, l’offerta terziaria professionalizzante rappresenta il 40% dell’istruzione terziaria, in Svizzera il 45%, in Francia il 29%, e addirittura in Spagna, in pochi anni, ha raggiunto il 27%. E in Italia? Con circa 150 Fondazioni e 25mila iscritti (più o meno quanti ne ha un ateneo di medie dimensioni, ndr) gli Its Academy rappresentano appena l’1,1% del totale dell’istruzione terziaria. Ogni Its ha in media 180 studenti, con un forte divario territoriale: 230 al Nord, 170 al Centro e 125 nel Mezzogiorno. E poi non tutte le Fondazioni Its hanno le stesse performance.
I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti. L’Italia ha un tasso di disoccupazione giovanile tra i peggiori a livello internazionale, il primato dei “Neet”, un abbandono scolastico in crescita. A cui si aggiunge un mismatch alle stelle (interessa ormai un’assunzione su due, si sale al 60/70% per i profili tecnico-scientifici) che lascia per strada, ogni anno, oltre 140mila posti ad alta professionalizzazione, come è emerso ieri in un convegno al Senato, «Innovazione e Formazione continua: le basi per un Made in Italy competitivo e sostenibile».
Eppure, nonostante realtà di nicchia, gli Its Academy hanno una potenzialità enorme: hanno un tasso di occupazione medio, certificato dai monitoraggi Indire, che sfiora il 90%, con punte del 100% in molte aree del Paese, e una coerenza del 100% tra impiego svolto e percorso formativo svolto dallo studente. E proprio per questo il Pnrr ha stanziato un “boost” di 1,5 miliardi con l’obiettivo almeno di raddoppiare il numero di iscritti (con le riforme poi degli Its Academy e della filiera dell’istruzione tecnica e professionale, il modello 4+2, si è aperta la strada una nuova stagione di rilancio, con al centro le aziende).
Bisogna ora proseguire il cammino, a cominciare da un forte orientamento a partire dalle scuole secondarie. «Oggi gli Its Academy appaiono come monadi, senza legami organici con il resto del sistema di istruzione - ha sottolineato Andrea Gavosto, direttore di Fondazione Agnelli -. Questo comporta che pochi studenti delle superiori siano a conoscenza degli Its come possibili alternative agli studi universitari e che, inevitabilmente il loro sviluppo proceda a passo lento». Occorre poi trovare forme di collaborazione con le università, a cominciare da un riconoscimento più flessibile dei crediti conseguiti negli Its. Un esempio virtuoso accade con l’università di Cassino e Lazio meridionale che fa parte dell’Its Meccatronico del Lazio: anche quest’anno i migliori diplomati dell’Its, già assunti, hanno la possibilità di continuare, con un ampio riconoscimento dei crediti, all’università arrivando a prendere la laurea triennale; ed un accordo simile è già pronto con il Campus Biomedico (anch’esso socio della Fondazione). È necessario anche orientare verso gli Its Academy il “drop-out” universitario: secondo i dati Indire già oggi il 4% di chi ha una laurea si iscrive a un Its (per accelerare l’ingresso al lavoro).
La strada è comunque tracciata: «Industria e mondo del lavoro sono tornati centrali nella formazione dei giovani - ha chiosato Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano -. Occorre monitorare l’attuazione e fare bene. Come sistema industriale stiamo già pensando al post Pnrr per stabilizzare il numero crescente di studenti che ci aspettiamo arrivino con le riforme appena messe in campo».
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