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Formule snelle, ma pesano i ritardi per gli impianti

(Tech Hendra - stock.adobe.com)

2' di lettura

I contratti Ppa di lungo termine si stanno ormai affermando come uno strumento abilitante per il mercato che così può andare oltre gli incentivi pubblici. Un supporto in questo senso arriva dall’avanzata dei corporate Ppa, cioè quei contratti in cui lo scambio avviene tra produttore di energia o sviluppatore di impianti fotovoltaici e un’azienda consumatrice – e le imprese energivore sono la controparte perfetta – , senza implicare un’intermediazione del grossista. In Europa contano per 26 GW dei 45 siglati in totale come Ppa, e in Italia rappresentano circa un quarto dei 2 GW totali di Ppa (dati Cerved). «In Italia stiamo assistendo a una grande accelerazione di questi contratti. Spesso vengono sottoscritti dall’investitore ancora prima di aver realizzato l’impianto, quindi il contratto prevede tutto il processo di realizzazione: dal planning all’ottenimento dei permessi», commenta l’avvocato Gianandrea Rizzieri, partner di Gitti and Partners ed esperto di energia verde.

Ci sono varie tipologie di contratto. In quelli on-site si ha la fornitura fisica diretta di energia ed è necessaria la vicinanza fra produttore e consumatore, con l’impianto di produzione in prossimità del suo sito industriale. In questo caso non si pagano gli oneri di trasferimento. Nei contratti off-site, l’energia proviene da un impianto del produttore anche non adiacente al consumatore, non c’è fornitura fisica diretta e si utilizza la rete pubblica. gli Sleeved Ppa sono una sottocategoria degli off-site, dove un intermediario fa da interfaccia tra produttore e consumatore e si occupa di tutti i servizi, come la vendita del surplus di energia o la commercializzazione dei certificati verdi. Oltre ai Ppa fisici, che comportano la fornitura di energia, esistono anche quelli virtuali – i più diffusi – che sono un’operazione di tipo finanziario. Il compratore continua ad appoggiarsi alla rete elettrica per i propri consumi, “compensandoli” con certificati che dimostrano che l’energia acquistata proviene da fonti rinnovabili.

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Se certamente i ritardi negli iter autorizzativi degli impianti hanno un peso sul contesto generale e, a catena, anche sulla capacità rinnovabile del Paese, la stipula di un Ppa, che è un contratto fra privati, non ha di per sé tempistiche lunghe.

«Il nostro legislatore sta cercando di promuovere questo tipo di contratti, creando una piattaforma per i Ppa che però è ancora a uno stadio embrionale», continua Rizzieri, che pone l’accento su un altro strumento che sarebbe capace di agevolarne la diffusione. «Si fa fatica a trovare strumenti finanziari adeguati per l’edging, ovvero una copertura bancaria che possa mettere chi acquista al riparo dalle fluttuazioni troppo drastiche del costo dell’energia. Sarebbe invece opportuno averne quando si fanno contratti a lungo termine, ed è un supporto che potrebbe anche spingere ad allungare la durata del contratto tipo in Italia, che è di 5-10 anni, per arrivare ai 15-35 anni, che è invece la prassi in Europa e nel mondo».

Rizzieri sottolinea che i Ppa non sono ancora molto diffusi fra le piccole e medie imprese, ma potrebbero esserlo se queste si associassero in consorzi. In questo contesto, uno strumento finanziario come l’edging sarebbe ancora più utile.

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