Fotografia, perché non va premiato l’artista che si avvale dell’aiuto dell’AI?
Al Sony World Photografy premiata per la prima volta una foto creata con l'intelligenza artificiale. Ma l’autore rifiuta il premio
di Luca Tremolada
3' di lettura
Fotografia in bianco e nero, titolo: “PSEUDOMNESIA | The Electrician”. Autore: Boris Eldagsen. Categoria: “Open – Creative”. Ritira il premio? Nessuno. Quella andata in onda la settimana scorsa ai Sony World Photografy non è stato una burla ma una provocazione costruttiva. Che di certo non sarà l’ultima e nemmeno la prima. L’artista tedesco non si è presentato a ritirare il premio. Motivo? La fotografia non è stata effettivamente scattata da lui con una macchina fotografica, ma generata con Stable Diffusion, un sistema di intelligenza artificiale generativa in grado di crea immagini a partire da un comando scritto. Dice di averlo fatto per generare una discussione. Uno scherzo quindi. Gli organizzatori del premio che ci sono caduti con tutti e due i piedi hanno confidato alla Bbc News che li Eldagsen li avrebbe ingannati aveva fuorviati sulla portata dell’intelligenza artificiale che sarebbe stata coinvolta.In una dichiarazione condivisa sul suo sito web, Eldagsen ha ammesso di essere stato una “scimmia sfacciata”, ringraziando i giudici per “aver selezionato la mia immagine e aver reso questo un momento storico”, chiedendosi se qualcuno di loro “sapesse o sospettasse che si trattasse di AI- generato”. La questione non semplice da ricostruire. L’annuncio è avvenuto il 14 marzo e poche settimane dopo Eldagsen ha annunciato la sua intenzione di rifiutare il premio. Gli organizzatori prima hanno pubblicato la foto vincitrice sul sito, poi hanno detto che sapevamo dell’uso dell’Ai e poi di fronte al rifiuto dell’artista hanno ritirato il premio. Al di là della ricostruzione dei fatti quello che è accaduto all’evento Sony era già accaduto.
In agosto prima che il fenomeno ChatGpt cambiasse le carte in tavola, a un concorso artistico in Colorado ha vinto un non-artista. E come era lecito attendersi, è successo il finimondo: proteste da parte degli addetti ai lavori, battutine di qualche pittore e qualche alzata di sopracciglio da parte di critici d’arte.
L’autore dell’opera denominata “Théâtre D'opéra Spatial” che ha vinto il primo premio al Colorado State Fair si chiama Jason Allen, non è un artista ma il presidente di Incarnate Games, azienda che crea giochi da tavolo. Per vincere il premio ha usato Midjourney, una software di intelligenza text-to-images concorrente di Stable Diffusione. Quella di Jason Allen non è stata una burla nei confronti dei giurati: la firma del quadro recitava: “Jason Allen via Midjourney”, proprio per rendere noto l'intervento della IA nella creazione dell'opera. In quel caso il premio fu ritirato ma il gesto sollevò proteste e scatenò un dibattito che continua ad alimentarsi. E continuerà fino a quando non faremo pace con l’ingresso di questi strumenti all’interno delle nostre attività. Non sono calcolatrici o pennelli, su questo siamo tutti d’accordo ma sono qualcosa che potenzia la nostra creatività. Scrivere un prompt è più semplice di usare una tecnica di pittura? Sicuramente sì. C’è il rischio che lo stile di Vincent van Gogh possa diventare un filtro? È già accaduto. Dico di più, è possibile che il talento o il timbro di un artista emergente venga fagocitato e riprodotto dagli algoritmi sterilizzando così sul nascere la sua carriera? Nessuno può escluderlo. La resa però non è senza condizioni. Dobbiamo arrenderci al fatto che siamo di fronte a una nuova generazione di artisti. Che le aziende utilizzeranno questi strumenti per mettere a terra alcune idee. Dobbiamo accettare che i tempi della produzione cambieranno. Tuttavia, va garantita agli artisti il diritto di ricevere un compenso se i loro lavori sono stati utilizzati per allenare un software di intelligenza artificiale generativa. E al tempo stesso va reso esplicitato l’uso dell’Ai in un’opera. Dobbiamo sapere come è nata un’opera, quale è il suo Dna, con quali strumenti è stata realizzata. Non per arrivare a premi separati. Ma solo perché i meriti vanno condivisi. La creatività à unica. Punto.
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